Zone grigie: Say Nothing e Ghosts of Beirut

16 Gennaio 2025

Patrick Radden Keefe è un giornalista americano. Scrive per il “New Yorker”. Sa come raccontare un’inchiesta come se fosse un romanzo: un giorno, nel 2013, legge un necrologio; è morta a 63 anni Dolours Price, ex combattente del Provisional Irish Republican Army (IRA) nei decenni dei “Troubles”, il conflitto civile armato che insanguinò l’Irlanda del Nord da inizio anni Settanta a fine anni Novanta; giovanissima, con la sorellina Marian – micidiale tiratrice –, entra a far parte di una nuova fazione radicale che a Belfast ha deciso di riaprire le ostilità contro gli odiati “Brits” che occupano quel pezzo della loro repubblicana Irlanda considerandola Regno Unito; Dolours non è particolarmente cattolica, ma comincia presto a conoscere i violenti protestanti dell’Ulster, pestata a sangue con i suoi compagni durante una marcia pacifica da Belfast a Derry.

Dolours nella mischia

Keefe parte da quel ritaglio di giornale, e comincia a scavare in quei decenni. Say Nothing viene pubblicato nel 2021 (Non dire niente. Mondadori 2023). Dolours fu la prima terrorista (per gli inglesi), partigiana combattente (per i cattolici nordirlandesi) a infrangere con il suo femminismo e la sua cultura politica il maschilismo tradizionale nell’IRA; stanca di lucidare proiettili arrugginiti, cucinare per cugini latitanti, fare da portalettere, decise di forzare la mano alla testa d’uovo, il comandante Gerry Adams, inventandosi spassose e rocambolesche rapine a mano armata per “autofinanziare” la sua cellula. FX ha coinvolto Keefe nella produzione (novembre 2024) di una delle più avvincenti serie politiche degli ultimi decenni, e questa scena delle sorelline travestite da suore che fanno il loro esordio sul campo di battaglia è una delle più avvincenti; sembrano due ancelle di Margareth Atwood che finalmente tirano fuori gli attributi e si fanno valere! I nove episodi ricostruiscono il lato esplosivo (letteralmente) e il lato oscuro (rapimenti, esecuzioni, stragi) della lotta armata, seguendo intimamente i protagonisti in una zona grigia che si fa sempre più vasta e angosciosa con il loro crescere anagrafico; Dolours da adrenalinica spregiudicata coraggiosa si fa anno dopo anno sempre più angosciata dalla consapevolezza, rosicata dai ricordi e dai rimorsi, bisognosa di confessione. I nove episodi sono scritti da Joshua Zetumer, Clare Barron, Kirsten Sheridan e diretti da Michael Lennox, Mary Nighy, Anthony Byrne, Alice Seabright; molte donne anche a firmare Say Nothing, come è ormai quasi abituale in gran parte della produzione seriale americana. Il cast accoppia due interpreti per personaggio, uno per la giovinezza terroristica/partigiana e uno per l’età matura del pensionamento rimuginante: Lola Petticrew/Maxine Peake per Dolours, Hazel Doupe/Helen Behan per Marian, Josh Finan/Michael Colgan per Gerry Adams, che la fece sempre franca se non per brevi periodi di carcere, che negò tutta la vita ufficialmente di aver mai fatto parte dell’IRA, e che negli anni Novanta, resuscitato il partito Sinn Féin, traghettò l’IRA al disarmo e agli accordi del Venerdì Santo del 10 aprile 1998 con Tony Blair, benedetti dal presidente americano Bill Clinton.

j

La atroce zona grigia

Keefe ha ascoltato le registrazioni del “Belfast Project” blindate al Boston College che lo scrittore e giornalista irlandese Ed Moloney aveva curato con tutti i responsabili sopravvissuti e disponibili del rapimento (29 novembre 1972; del commando faceva parte Dolours Price) e dell’esecuzione di una vedova di Belfast, Jean McConville, sospetta spia dei Brits, madre di dieci figli; nel 1999, dopo gli accordi del Venerdì Santo, l’IRA ammise 8 rapimenti ed esecuzioni di cittadini che aveva ritenuto spie britanniche o traditori; si impegnò a fare il possibile per ritrovare le salme dei “Disappeared”; i nastri dovevano essere secretati sino alla morte di tutti gli intervistati; in una delle scene strazianti di Say Nothing durante uno scontro a fuoco nel suo block (i Divis Flats nella West Belfast) esce dal suo appartamento e pone un cuscino sotto la testa di un giovane soldato britannico gravemente ferito, scusandosi per non poter fare di più. Il 26 agosto del 2003 una tempesta si portò via parte della Shelling Hill Beach nella Penisola di Cooley, nella Repubblica di Irlanda poco oltre il confine con l’Irlanda del Nord; il giorno dopo un cane stanò i resti di Jean McConville.

Da che parte stare?

Ovviamente empatizziamo con le sorelle Price, empatizziamo anche con tanti combattenti dell’IRA, vedendo Say Nothing. Non empatizziamo con l’abilità prima militare e poi politica di Gerry Adams, pronto a piroettare dalle stragi a un seggio parlamentare; empatizziamo con una spia che è poco più che un ragazzo incosciente, ci fa pena un militante che fa ammazzare un altro militante perché vuole tutta per sé sua moglie, con cui ha un affair, e di cui è follemente innamorato; Dolours li accompagna in auto in una delle sue missioni tremende; mente dicendo loro che li porta a un campo di addestramento oltre il confine… piange mentre li vede comprendere che in realtà vanno a un tribunale dell’IRA per essere giustiziati all’alba con un colpo alla nuca davanti alla loro fossa in cima a una stupenda scogliera… Non empatizziamo per i militari britannici che li interrogano e pestano a sangue, empatizziamo per gli innocenti civili inglesi smembrati dalle autobombe dell’IRA.

j
Foto Rob Youngson/FX.

E se il partigiano è di Hezbollah?

Del 2023 è Ghosts of Beirut, produzione Showtime ora su Paramount+, cui ha contribuito come produttore esecutivo e sceneggiatore Lior Raz, l’autore della formidabile serie Fauda, che racconta in modi per niente propagandistici la vita di una squadra del Mossad infognata contro Hamas. La quinta stagione di Fauda è ferma dopo la strage di Hamas del 7 ottobre 2023, e durante la vendetta israeliana che sta distruggendo Gaza, Hamas, e i palestinesi di Gaza. E dopo che Matan Mair – assistente alla produzione di Fauda –, richiamato dall’IDF (Israel Defence Forces), è morto in combattimento a Gaza. Lior Waitzman, tecnico del suono, era tra i trucidati da Hamas il 7 ottobre.

Ghosts of Beirut è il racconto israelo-americano della caccia ventennale di CIA e Mossad a Imad Mughniyeh e della sua finale esecuzione con autobomba a Damasco il 12 febbraio 2008. Giovane sciita libanese, si radicalizza durante l’invasione israeliana del Libano del 1982; entra in Al Fatah, l’organizzazione armata dell’OLP, dirigendo i servizi di sicurezza personali di Yasser Arafat, con cui entra in disaccordo quando il leader palestinese si schiera con l’Iraq sunnita; Mughniyeh si avvicina al regime degli ayatollah iraniani, al potere dalla Rivoluzione del 1979. Negli anni ha rapporti sempre più stretti con Qasem Suleimani, generale delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, capo di Nīrū-ye Qods, l’organizzazione attiva nella diffusione dei gruppi armati sciiti nel Medio Oriente; Suleimani è stato ucciso il 3 gennaio 2020 a Baghdad da un attacco mirato ordinato dall’allora presidente USA Trump. Mughniyeh, fondatore con Nassan Nasrallah (ucciso dai bombardamenti IDF su Beirut sud il 28 settembre 2024) di Hezbollah, nel macabro pallottoliere dei terroristi islamisti (partigiani anti-imperialisti anti-americani e anti-israeliani), prima di Bin Laden e dell’attacco alle Twin Towers di NYC dell’11 settembre 2001 fu l’inafferrabile e micidiale responsabile dell’uccisione di centinaia e centinaia di americani, francesi, israeliani a Tiro, Beirut, Buenos Aires, Khobar (Arabia Saudita); rapì decine di funzionari americani e israeliani, a volte liberandoli in scambi di prigionieri, a volte torturandoli e uccidendoli; dirottò un voto TWA nel 1985, uccidendo un militare USA.

Nella serie tv, che si trattiene nei toni propagandistici, lo vediamo giocare a pallone con i bambini per le strade miserabili del Libano e della Siria; lo vediamo (giovane interpretato da Amir Khoury, adulto da un superbo Hisham Suliman) innamorarsi perdutamente di una splendida donna indipendente di Damasco (ritroviamo nella sua parte l’attrice franco-marocchina Zineb Triki) e fare i primi errori della sua carriera di Primula Rossa; indugiando nell’appartamento di Wafa si farà trovare da CIA e Mossad, e verrà fatto fuori.

Proviamo empatia per questo combattente sciita libanese? Forse quando lo vediamo crescere con i suoi due fratelli in una scalcagnata carrozzeria nel misero sud di Beirut; quando il suo Paese è bombardato, invaso e devastato dall’esercito israeliano. Poi i suoi occhi si fanno di ghiaccio, la sua simpatia giovanile diventa disciplina di ferro, la sua determinazione a uccidere e morire ci fa paura, anche perché io che lo sto guardando sono un suo nemico: un occidentale servo degli americani e amico degli israeliani; un non musulmano che però capisce le due ragioni di molti conflitti, in particolari le ragioni delle vittime di ogni imperialismo fuori dalle proprie mura: inglesi in Irlanda, americani in mezzo mondo… Una volta entrati nella zona grigia, nella guerra, chi ha ragione e chi ha torto? Chi è buono e chi è cattivo? La giovane agente della CIA e il giovane agente del Mossad, che spendono la loro vita lontano dai loro affetti per difendere la loro bandiera e preparano un’autobomba che uccida solo Mughniyeh, e non i bambini dell’asilo sotto il condominio di Wafa? I dignitosi soldati che chiedono ai compagni nella sala operativa di non esultare ad operazione riuscita? Ma chi uccide nella sua patria un terrorista (o partigiano?) è un partigiano? O è un terrorista? Dolours Price era una partigiana mentre uccideva soldati britannici a Belfast ma era una terrorista mentre faceva saltare un’autobomba a Londra?

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO

Bollo blu Dona (Mobile)