Il corvo mangia i ricchi: Poe secondo Flanagan
La strage (diffusasi tra il 1999 e il 2017 negli Stati Uniti) procurata dalle facili prescrizioni di ossicodone e fentanyl (derivati dell’oppio) ha ossessionato recentemente autori e produttori di film e serie tv: dopo due serie tv (Dopesick Prime 2021 e PainKiller Netflix 2023), e un film (Pain Hustlers Netflix 2023), ora è la volta della nuova uscita della affidabile ditta horror di Mike Flanagan, The Fall of the House of Usher (Netflix 2023), tratta capillarmente da gran parte dell’opera di Edgar Allan Poe. Flanagan identifica nella contemporaneità la rovinosa caduta della famiglia Usher con la rovinosa caduta della famiglia Sackler, proprietaria della Purdue Pharma che principalmente causò la “crisi degli oppiacei” negli USA, e in più omaggia (o cita?) la serie HBO Succession (2018-2023) raccontando la feroce e anaffettiva guerra fratricida tra i vari rampolli del tycoon al capolinea. Ultimo omaggio (o citazione?) del nuovo Flanagan è la coppia di chirurghe pazzoidi di Dead Ringers (là gemelle cronenberghiane, qua amanti).
Cosa c’è alla base di tutte queste storie? L’avidità, che è orribile, e quindi ti caccia in un horror.
Maledizioni, villone, famiglie, mezzenotti
Se leggiamo la filmografia di Flanagan vediamo che non gli interessa particolarmente l’essere “originale”; le sue serie tv si intitolano: The Haunting of Hill House (Netflix 2018-2020), Midnight Mass (Netflix 2021), The Midnight Club (Netflix 2022). Ovvero, gli piace proprio rimestare tra i “topoi” del genere horror; siamo sempre lì: non andare a vivere in una vecchia casona isolata, non andarci con la tua famiglia e con i tuoi figli minorenni, non andare in un villaggio sperduto in mezzo ai boschi, taglia la corda al primo segnale paranormale invece di insistere fino a che non sprizza sangue... Niente da fare: negli horror tutti si ficcano nei guai in un repertorio abbastanza ripetitivo di situazioni. Perché?
Perché a questo genere narrativo non interessa affatto evitare i “luoghi comuni”, li cerca proprio! Il tratto ossessivo, minimalista, anche masochista di chi gusta una storia horror sta proprio nel repertorio standard delle situazioni funeste, funebri, maniacali, inspiegabili, nella abituale sfida con la morte e l’aldilà, con Satana e con i cadaveri redivivi. Sino a che tutti grondano sangue, sino a che il corpo viene orribilmente consegnato alla Morte.
I marcatori del Flanagan touch
Poe è uno dei miei scrittori preferiti: come poeta, come narratore. E l’horror è uno dei miei generi preferiti: questo Flanagan quindi lo aspettavo al varco, perché il coraggio di affrontare uno dei più formidabili racconti di Poe rischiava grosso. Cosa ho trovato, più che inedito, efficace?
La compagnia di attori che recita nella raffica di serie tv recenti di questo autore è praticamente sempre la stessa! Proprio come una vecchia compagnia di giro teatrale! Sono “suoi”, sanno perfettamente come recitare, sono sempre gli stessi, così Flanagan inserisce nella macrostoria un altro “topos”, ovvero “a rieccola!”, “a rieccolo!”, linkando lo spettatore a tutta la sua filmografia: Kate Siegel, Crystal Balint, Henry Thomas, Carla Gugino, Samantha Sloyan, Katie Parker, Michael Trucco, Rahul Kohli, Alex Essoe, Bruce Greenwood, Zach Gilford, Lulu Wilson, Elizabeth Reaser, T’Nia Miller, Vicoria Pedretti, Annabeth Gish, Oliver Jackson-Cohen, Robert Longstreet, Kyliegh Curran, Matt Biedel, Carl Lumbly, Ruth Codd, Sauriyan Sapkota, Igby Rigney, Aya Furukawa. I magnifici 25. Gira e rigira, ci sono quasi sempre tutti.
La cornice narrativa è il dialogo finale tra Auguste Dupin (il detective preferito di Poe, interpretato da Carl Lumbly) e Roderick Usher (un magistrale Bruce Greenwood): tutti gli otto episodi e tutti i flashback sono incastonati in questo dialogo, settato nella avita catapecchiona abbandonata dove il tycoon si rifugia al suo tramonto con la tremenda sorella Madeline (Mary McDonnell); qui non è l’amico di Usher a narrare, ma Roderick stesso; tiene per otto ore Dupin e noi sul filo della rivelazione, che non arriva mai.
L’espediente di affibbiare a Roderick una vera rara malattia neurovegetativa, la CADASIL (acronimo di Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy Subcortical) permette con le allucinazioni del malato di scioccare con orrende macabre apparizioni; l’ereditarietà della sindrome collima con la “maledizione”. Ma il colpo d’ala è quando capiamo che la grande artefice della strage degli Usher, Verna/Il corvo (una fenomenale Carla Gugino) non la vede solo lui! La vedono tutti, ci cascano tutti, e quando la perfida Madeline cerca di acchiapparla le resta tra le mani soltanto uno sbuffo di malefico fumo nero!
Tutti i personaggi di Flanagan hanno il nome di un personaggio di Poe, ogni episodio ha un esplicito omaggio a un celebre racconto o una celebre poesia di Poe (La maschera della morte rossa, Il gatto nero, Il cuore rivelatore, Lo scarabeo d’oro, Il pozzo e il pendolo, Il corvo, Annabel Lee, The City in the Sea, Il barile di Amontillado… Ai due poemi è concesso un ruolo enorme: quando Bruce Greenwood li recita, lentamente, in deliquio oppiaceo (lui imbottisce la mogliettina tossica con il marchio di famiglia, il “Ligodone”, che sarebbe uno pseudo-OxiContyn), ogni fan di Poe non può non cadere in estasi, riascoltando l’essenza di tutto l’horror: l’amore non ce la fa a sconfiggere la morte, ma è tutto ciò che ti resta nei secondi prima di morire…
It was many and many a year ago
in a kingdom by the sea
that a maiden there lived whom you may know
by the name of Annabel Lee
and this maiden she lived with no other thought
than to love and be loved by me.
(molti e molti anni fa
in un regno sul mare
viveva una fanciulla
che potreste chiamare Annabel Lee
e questa fanciulla viveva con nessun altro pensiero
che amare me ed essere amata da me
Trad. di Daniele Martino)