Come prendere il male: Evil e Disclaimer
In Evil, Kristen Bouchard è una psicologa forense ed esperta alpinista (la interpreta Katja Herbers, vispissima); ha un marito che sta spesso lontano dalla famiglia perché accompagna gruppi di alpinisti su massici montuosi in giro per il mondo; con la moglie erano partner di alpinismo, ma ora devono guadagnare tutti e due perché devono pagare il mutuo di una casa assurda, nel Queens (New York), sopra il cui tetto incombe un viadotto sul quale passano incessantemente treni commerciali. Hanno quattro deliziose, vivacissime figlie, vere eredi delle Piccole donne di Louise May Alcott, parlano sempre tutte insieme eccitatissime come le nipotine di Paperina Emy, Ely e Evy, e si muovono per casa come un tornado di energia, lamentele e gioia intelligente.
In Disclaimer Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett) è una tosta documentarista-giornalista inglese (la serie si apre con un galà in cui riceve un prestigioso premio, una specie di Pulitzer); suo marito è ricco di famiglia, e amministra una galassia di fondazioni; abitano in una splendida casa fuori Londra, e hanno appena deciso di buttar fuori il figlio unico un po’ bamboccione, che a 25 anni se ne stava ancora tutto il giorno nella sua cameretta a fumare erba e a scrollare lo smartphone.
Sono due donne, intelligenti, belle, bravissime nel loro lavoro. Che cosa hanno in comune? Mariti adoranti, che si rivelano poi due perfetti incapaci e maternità complicate (Kristen è una madre frenetica, rocambolesca e meravigliosa; Catherine è una madre anaffettiva, distratta, scocciata). Entrambe verranno attaccate dal Male.
Per quattro stagioni, dal 2019 al 2024, Evil è stata una serie TV perfetta, ideata da Robert King e Michelle King, prodotta da King Size Productions e CBS, visibile in Italia su Paramount+, e affidata a una girandola di registi e sceneggiatori, con un cast perfetto, senza star cinematografiche. Apparentemente conclusa senza ambiguo cliffhanger.
Disclaimer - Una vita perfetta è una miniserie opinabilissima (ha ricevuto stroncature spassose sul “Guardian”, all’anteprima di Venezia 2024 ha suscitato delizia tra i colleghi delle riviste pop-femminili e imbarazzo tra i critici cinematografici) in sette episodi, tratta da un thriller morbosetto di Renée Knight (tradotto in italiano da Piemme), prodotta da AppleTV, ed è il primo giocattolo televisivo del pluripremiato Alfonso Cuarón.
Non c’è protagonista senza antagonista, e non c’è tensione senza villain. In Evil ad attaccare Kristen/Herbers è il viscido Leland Townsend, psicologo forense anche lui, interpretato da un mefistofelico, odioso, camaleontico Michael Emerson. Dapprima sembra solo un collega livido di invidia che cerca di soffiare a Kristen la consulenza per il procuratore, invece presto capiamo che la sua malvagità è endemica e strategica, che capeggia una coorte di sessanta malvagi al servizio del Male, ovvero del signor Demonio in persona, che a un certo punto si manifesterà con zoccoli, corna e orribile olezzo.
Come sempre non si tratta di bazzecole, ma di impossessarsi dell’umanità e distruggerla in una catastrofe fiammeggiante: un’Apocalisse che spappoli il Bene, qui scudato dalla Chiesa Cattolica Romana, che ha bisogno di Kristen e dei suoi due partner per valutare quale delle decine di richieste di esorcismo debba avere la priorità, una volta accertatane la natura di possessione demonica. I demoni abitano ovunque, ma li vede soltanto chi ha lo shining: ad esempio l’irresistibile suor Andrea (Andrea Martin), che li stana e insegue e maciulla a colpi di scopa e di pala. I demoni abitano i nostri incubi, e i primi episodi della prima stagione fanno davvero una paura boia, perché ci rendiamo conto dei facili varchi che questa legione di cattivi trova nella nostra psiche e nella nostra ombra scura.
Evil tiene magistralmente la trama, ogni episodio è un caso da indagare, ma la sfida mortale tra Kristen e Leland si diffonde come un cancro tentacolare nella nonna, in una figlia, infine nel marito di Kristen, a propria volta accesa da un’attrazione “scandalosa” (e reciproca) per il sacerdote David (Mike Colter). Kristen, dapprima un po’ candida, diventa via via una combattente feroce, senza mai prendere la scorciatoia delle fede cristiana, ma comprendendola ed accettandola con intensa empatia. Chi può arginare il Male? La fede cristiana, indubbiamente, il combattimento pragmatico dei prelati vaticani, che si muovono nei loro clergyman come men in black per stanare i mutanti malvagi. Ma anche la razionalità, il metodo scientifico, e soprattutto, definitivamente, la bellezza dell’amore, sia quello sensuale e intellettuale tra un uomo e una donna, sia quello vero e sincero tra una madre e le sue bambine.
In Disclaimer il villain è l’insegnante in pensione Stephen Brigstocke. Anche in Inghilterra – apprendiamo – gli insegnanti sono socialmente sfigati, piuttosto poverelli, vivono in casettine a schiera in periferia, con micropraticello; vanno in pensione tardi, sbeffeggiati dagli allievi e trattati con un po’ di schifo dai giovani e aggressivi genitori; odiano i mocciosi ogni anno un po’ di più. Personaggio molto interessante, Brigstocke è portato a vette diaboliche da Kevin Kline. Sua moglie (Leslie Manville), impazzita di dolore dopo l’annegamento del figlio nel mare di Forte dei Marmi, si è murata viva nella stanza del figlio morto e si è lasciata divorare dal cancro, pur di scrivere un “romanzo” con il quale incolpare di quell’assurda e tragica morte l’allora neomamma Catherine. La storia appare un po’ ridicola, evidentemente. In che modo un’avventura estiva di molti anni prima, di cui nessuno ha mai sospettato niente, dovrebbe rovinare la carriera a una londinese upper-class come Catherine? Eppure, la vendetta del prof. pensionato e vedovo è lenta, strategica e implacabile; mentre il perbenismo esagerato e irrealistico che la sommerge porterà anche Catherine a una sfida mortale con l’uomo.
In Disclaimer più che incubi ci sono notti insonni e degrado quotidiano: Cuarón ha fotografato sette ore in modo straordinario, affidandosi a Emmanuel Lubezki e Bruno Delbonnel. Le sequenze sensuali al Forte sono veramente eccitanti, come ormai rarissimamente accade, al cinema o in TV; lo scorrere lento del tempo nelle sordide stanzucce del vedovo Stephen, le carrellate sulla sporcizia, sulle stoviglie incrostate, sul disordine squallido che tutto pervade, sono magistrali. Au contraire, geniale e spassosa è la parte del gattino grigio nella villetta chic di Catherine: Cuarón ha lasciato che il felino spadroneggiasse sul set – come del resto fa ogni felino in ogni casa – nella più totale garrula indifferenza ficcanaso. Così, mentre Catherine e il marito (un Sacha Baron Cohen sorprendentemente piatto) si lanciano addosso accuse e controaccuse, il gatto coltiva una scattante indifferenza a tutto quanto accade: salta sui letti, sui tavoli, diventa un comico antagonista sottotraccia.
Se Evil procede con un crescendo di turpitudini sataniche e reattiva combattività di Kristen e figlie, tra spaventi e risate, Disclaimer rischia di essere un trattato di misoginia reazionaria che Catherine comincia a combattere efficacemente solo dopo essersi lasciata rovinare dalla vendetta di Brigstocke. Senza libertà non c’è successo, per qualsiasi azione. Occorrono riposizionamento, tenacia, autocritica; e si può vincere soltanto rivendicando il proprio diritto a stanare l’ipocrisia, il perbenismo, la retorica famigliare, la pervasiva stupidità dei gruppi umani.