Speciale

La felicità può attendere

25 Giugno 2012

Un fatto interessante che mi ritorna di quando ero nell’editoria, cioè prima che ne fossi messo fuori e avessi tutto questo tempo libero a disposizione, cioè prima di queste tre settimane di attesa passate a fissare lo schermo vuoto di una finestra, il fatto interessante che mi ritorna sono le feste organizzate dalle case editrici.

 

Durante le feste organizzate dalle case editrici ci sono sempre quegli scrittori col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”; gli altri, intanto, osservano sempre quegli scrittori col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”.

 

E ci sono anche quelli che fanno cose matte, che si dicono: “guarda come so’ matto, io”; e quelli, generalmente, sono redattori di una casa editrice, e sono terrorizzati perché già sanno che probabilmente qualcuno di loro dovrà lavorare su quel romanzo di uno di quegli scrittori lì, quelli col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”, mentre gli altri, intanto, osservano sempre quegli stessi scrittori col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”.

 

E, infine, c’è l’editore, attorniato da una frotta di editor junior della sua casa editrice (i senior sono al banco, ubriachi dopo nemmeno mezz’ora), che guarda anche lui quegli scrittori con fare annoiato che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”; e prosegue, e guarda anche gli altri che, intanto, osservano sempre quegli stessi scrittori col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”; e infine butta un’occhiata veloce ma generosa anche a quelli che fanno cose matte, che si dicono: “guarda come so’ matto, io”; e quelli sono i redattori della sua casa editrice, e sono terrorizzati perché già sanno che probabilmente qualcuno di loro dovrà lavorare su quel romanzo di uno di quegli scrittori lì, quelli col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”, e può accadere che quell’editore si riveda da giovane, quando pensava di poter diventare uno scrittore, e andava alle feste apposta, e si annoiava, o si sforzava di farlo, perché ci teneva a essere riconosciuto come uno di quegli scrittori col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”; mentre gli altri, intanto, lo avrebbero guardato, proprio lui, tra quegli scrittori col fare annoiato, che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”.

 

E ricorda che c’erano anche quelli che fanno cose matte, quelli che si dicono: “guarda come so’ matto, io”; e quelli erano redattori di una casa editrice, terrorizzati perché già sapevano che probabilmente qualcuno di loro avrebbe dovuto lavorare su quel romanzo di uno di quegli scrittori lì, quelli col fare annoiato – forse proprio lui! – che dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”.

 

E, infine, ricorda bene, c’era anche l’editore, attorniato da una frotta di editor junior della sua casa editrice (i senior al banco, ubriachi dopo nemmeno mezz’ora), il quale guardava anche verso di lui, lo scrittore, la giovane promessa, proprio in mezzo a quegli scrittori che con fare annoiato dentro la testa si dicono: “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...”; ed è nell’attimo esatto in cui la sua ricognizione finisce che l’editore ricorda che la giovane promessa, cioè lui medesimo, esattamente in quella occasione precisa che ora gli è appena tornata in mente come un’immagine duplicata, come una scena sdoppiata davanti agli occhi, proprio allora, ricorda, aveva deciso che sì, avrebbe fatto l’editore, e mai lo scrittore, e che soprattutto non avrebbe mai permesso alla sua casa editrice di organizzare una festa.

 

Soltanto che, adesso che è lì, capisce di avere sbagliato tutto, che non è riuscito nel suo intento di non organizzare mai una festa della sua casa editrice, ma soprattutto realizza che in fondo fare lo scrittore sarebbe stato meglio, gli avrebbe di sicuro concesso una vita diversa, delle feste diverse, dove con fare annoiato avrebbe potuto dirsi “poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo, che ero a una festa organizzata da una casa editrice e mi dicevo dentro la testa: poi lo scriverò, in un mio romanzo...” e non sentire, invece, il bisogno di ricordare, di rivedersi da giovane promessa e futuro editore.

 

Non ci sarebbe stato bisogno di fare nulla, soltanto annoiarsi, o fare finta di esserlo. Ecco. E niente di più. Delle feste bellissime – mi ritorna, mentre guardo fuori dallo schermo di questa finestra sul nulla, e mi dico “prima o poi lo scriverò in un mio racconto che mentre guardavo fuori dallo schermo di una finestra sul nulla, mi dicevo prima o poi lo scriverò…” – quelle organizzate dalle case editrici.

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