L’Aquila. La neve al centro

14 Febbraio 2012

La neve attutisce il rumore, qui non ce n’è bisogno, è superficiale, nel suo intento, è sterile. Inoltrandoti, i rumori pian piano si allontanano comunque, il vociare, la vita e il suo scorrere, le sirene sono sempre più deboli, il motore della camionetta che scalda i militari, fioca la musica all’interno dei bar vuoti. Resta solo il ciaf bianco dei passi. Dentro, nei vicoli, io, la neve, le macerie e più nulla, la città e solo quella. L’Aquila.

 

Niente altro. Non c’è nessuno.

 

 

I teli di plastica legati alle transenne attorno ai palazzi si dimenano al vento, sbattono cupi sulle maglie di ferro. Teli messi lì a coprire. Lavori in corso, i nomi delle imprese. Coprire la vergogna, coprire il dolore. Il lavoro di ricostruzione non c’è. Quei teli non coprono il tempo. Sembrano anni, non sapresti dire quanti.

 

 

Due cani randagi mi seguono. I cani sono gli unici che non hanno mai abbandonato il centro storico. Godono di rispetto ora. Nessuno si permetterebbe di scacciarli. Loro hanno avuto il coraggio di restare. Sono tutta la vita che puoi trovare. Altra non ne trovi.

 

Pare che sia tutto al suo posto. Ogni cosa è al suo posto ma fuori posto. Pare, non ne sono sicuro. I ricordi si sono affievoliti. Come in una casa dove non entri da tempo. Non ricordo tutti i ricordi che avevo. Le pareti ormai sono inanimate. È talmente freddo, ogni cosa è fredda. Nessuno ha mai vissuto qui, diresti. Tutta la vita che c’è siamo io e questi due cani. Non c’è altra traccia, la neve è democratica.

 

 

Le porte sono sbarrate con catene e lucchetti. A fianco il muro della casa è sventrato. Le transenne ostruiscono l’accesso ai vicoli pericolosi. Basta scostarli. Le impalcature e i puntellamenti di metallo o legno danno l’impressione che sorreggano l’intera città. Ma il legno è ormai fragile e il metallo non più manutenuto. I cartelli d’impresa descrivono scenari puntuali. È che i soldi sono immaginari, i tempi dilatati. Qui non ha mai vissuto nessuno, mi ripeto.

 

 

Mi infilo in una via. Sono nel quartiere di San Domenico. Poi una traversa sulla destra, si apre un piccolo slargo. Un lavabo all’aperto e una scala a pioli. Nient’altro, tutto il resto è ricoperto di neve. Sto qualche minuto appoggiato al lavabo. Non scorre alcun pensiero. Il silenzio interrotto dai passi dei cani. Mi sollevo. Apro la patta dei pantaloni. Urino sulla neve che si scioglie.

 

Sono sulla via del ritorno. Non è cambiato nulla, penso. Eppure ci sono tornato ancora una volta. Non è cambiato nulla. Ogni volta che torni in centro, non succede niente. Puoi portarci solo un po’ di calore. Eppure ci torni ogni volta.

 

Fotografie di Andrea Mancini.

Video di Francesco Paolucci

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