Prescrizione Eternit: questa storia non può finire così

Era stato definito il processo del secolo per l'enorme quantità di vittime (duemiladuecento morti, ottocento malati) e perché per la prima volta era previsto il dolo in una causa di morti sul lavoro. L'accusa nei confronti dell'imputato, "disastro doloso e inosservanza delle norme in materia di sicurezza", giustificava l'enorme interesse da parte dei media di tutto il mondo. Un processo, quello contro la multinazionale svizzera Eternit che si è concluso con un nulla di fatto. Che cosa questo voglia dire ben lo racconta qui di seguito Michele Michelino, portavoce del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio di Sesto San Giovanni, e protagonista, insieme agli altri membri del Comitato, del mio romanzo La fabbrica del panico.

 

L'11 ottobre 2013 abbiamo presentato il romanzo a Casale. E mai come in quella occasione l'emozione è stata enorme. Era come se nel comune dell'alessandrino ci fosse stata una guerra. L'Eternit si era portata via tutto, tranne il desiderio di ribellarsi.


Se a distanza di quasi trent'anni dalla chiusura della fabbrica resta il dolore e il ricordo delle persone alle quali l'Eternit ha cambiato per sempre il destino, la vicenda dell'amianto a Casale Monferrato è anche la storia di lavoratori e famiglie che si sono battuti per il riconoscimento dei diritti, delle ragioni di tante vittime innocenti. È la storia di persone che hanno voluto reagire all'immane tragedia.


Perché, come dice Romana Blasotti Pavesi, 85 anni, simbolo della lotta all'amianto, e che a causa dell'amianto ha perso il marito Mario, la sorella Libera, il nipote Giorgio, la cugina Anna e la figlia Maria Rosa, "È a tutte le vittime che penso. Questa storia non può finire così".

 

 

Eternit: annullata per prescrizione la condanna al responsabile dei morti per amianto. Uccidere per il profitto è un diritto del padrone

 

La Corte di Cassazione, accogliendo la tesi del procuratore generale Francesco Iacoviello, ha annullato la condanna a 18 anni di reclusione del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, padrone e amministratore delegato della fabbrica Eternit, e uno degli uomini più ricchi del mondo, che si è arricchito sulle pelle di decine di migliaia di operai, lavoratori e cittadini nel mondo.


La ‘giustizia’ ha stabilito che, pur avendo provocato la morte di migliaia di lavoratori e cittadini, essendo passato troppo tempo, il reato è prescritto.
Così il responsabile della morte di centinaia di lavoratori nei cinque stabilimenti dell’Eternit italiana (Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli e Siracusa) e di migliaia di cittadini rimane impunito e se la cava senza neanche aver chiesto scusa. Nel fare propria la tesi del procuratore generale della Cassazione, che aveva chiesto l’annullamento della sentenza d’appello per prescrizione affermando che «un giudice tra diritto e giustizia deve scegliere il diritto», il tribunale ha “graziato” il signor Schmidheiny, il quale non dovrà nemmeno risarcire le vittime.


Nel paese delle stragi impunite, la “giustizia” lascia impunito il colpevole di un reato accertato. Intanto la strage dell’amianto continua e continuerà ad uccidere ogni giorno, a mietere vittime a Casale Monferrato, Broni, Taranto, Sesto San Giovanni, come in tanti altri luoghi.


Per anni il padrone dell’Eternit Schmidheiny, insieme a industriali e manager senza scrupoli, pur di risparmiare pochi centesimi e aumentare i profitti, non ha esitato a far lavorare gli operai senza adeguate misure di sicurezza, non rispettando le misure minime di prevenzione e protezione individuali e collettive necessarie nelle lavorazione della fibra d'amianto.


Insieme ai lavoratori, migliaia di cittadini sono morti per mesotelioma, tumori polmonari, asbestosi e altre patologie dell’amianto, uomini e donne “colpevoli” di aver respirato la fibra killer senza nessuna protezione.


Una società civile non può accettare che industriali come Stephan Schmidheiny rimangano impuniti e continuino ad arricchirsi sfruttando, avvelenando e inquinando il territorio, i lavoratori e i cittadini.


Le proteste inscenate in ogni parte d’Italia contro questa sentenza ritenuta ingiusta dalle vittime e dai loro familiari mettono all’ordine del giorno il problema della lotta contro la prescrizione. La sicurezza nelle fabbriche, nei territori e in tutti i luoghi di lavoro, obiettivo che perseguono con la mobilitazione e lotte le associazioni e i comitati da anni finora inascoltati, va fatta rispettare con sanzioni adeguate che servano a scoraggiare chi non la rispetta.


Questo sistema economico, politico, giudiziario basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, concede l’impunità e la licenza di uccidere a chi ha soldi per comprarsela. Lo Stato italiano è stato complice di questa mattanza operaia e nello stesso tempo responsabile diretto in veste di padrone delle industrie di stato come la Breda, l’Alfa Romeo, l’Italsider e tante altre. Per le vittime al danno si aggiunge la beffa. Da anni i comitati e le associazioni si battono contro la prescrizione e ora sull’onda dell’indignazione generale anche il presidente del consiglio Renzi, unitamente a quelli di Camera e Senato, si è espresso, a parole, contro una legge ingiusta che attraverso la prescrizione tutela e protegge i carnefici e penalizza le vittime. Le parole non costano nulla, noi in ogni caso non dimentichiamo che i governi che si sono avvicendati in Italia sono responsabili di avere coperto molte stragi fasciste e di stato e nei fatti continuano a mantenere il segreto su queste stragi.

 

Michele Michelino - Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Mail:  cip.mi@tiscali.it                                                               
Web:  http://comitatodifesasalutessg.jimdo.com

 

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