Della Controversia, ovvero la libertà della conoscenza
Nella mia pratica di gestione di ricerca in un Dottorato internazionale, il Phd Planetary Collegium M-node, ho iniziato a pensare che in uno stato civile la legge non può imporre che l'Accademia risolva in un certo modo, ad esclusione di altri, il problema del rapporto e della tensione tra la tradizione culturale e il farsi del quotidiano. Tuttavia il processo cui le grandi forze della tradizione vanno subordinando i loro scopi a ciò che si illudono di assumere come semplice mezzo – ovvero al crescente potenziamento della tecnica, che diventa il loro autentico scopo supremo – è insieme il processo in cui il tipo di Accademia che presenta la tecnica come semplice mezzo per la promozione dei valori della tradizione è destinato a lasciare il passo al tipo di Accademia che invece rispecchia in sé la progressiva subordinazione dei valori e degli scopi tradizionali all'incremento indefinito della potenza dell'apparato scientifico-tecnologico.
Noi non possiamo sapere nulla sul mondo, né sul macrocosmo né sul microcosmo, su noi stessi, senza fare ricorso alla razionalità scientifico-tecnologica: essa è l'organo del sapere moderno. Come tale è la fonte di legittimità delle asserzioni che noi pretendiamo essere vere in merito a qualsiasi cosa (nel senso del pragma: di ciò su cui verte il discorso). La scienza nasce con una funzione normativa: solo ciò che si fonda su di essa è vero. Ciò che gli uomini moderni possono legittimamente ritenere vero è in qualche modo solo ciò che si fonda su un sapere scientifico. Questo sapere divide, separa, interrompe le configurazioni e le relazioni con le cose, gli spazi vuoti e i conflitti tra esse. Le nuove tecnologie nascono come combinazioni di tecnologie precedenti, questo spiega perché le culture cosiddette primitive non potevano inventare le tecnologie moderne: non possedevano gli ingredienti e le conoscenze necessarie per elaborarle.
L'intero complesso di tecnologie incrementa se stesso, crescendo in numero e complessità. Possiamo affermare che la tecnologia crea se stessa da se stessa in una evoluzione combinatoria (Arthur, 2009). Ma porre la verità come unica è un limite alla conoscenza. Antonio Caronia, forse uno dei più brillanti pensatori italiani dell'ultimo novecento, dichiarava l'elogio della dialettica del conflitto sostenendo che il conflitto crea l'esperienza reale di una multidimensionalità che è la ricchezza della vita che attraverso sé stessa impara a risolvere i conflitti. La tecnica con la sua madre incestuosa la scienza, sembra essere oggi un pensiero unico, il nuovo pensiero unico. Era questo il vero messaggio di Lyotard ne La condizione postmoderna: le grandi narrazioni politiche e religiose sono crollate, e ciò che è restato è monistico, una unica fonte: la scienza e la tecnica.
Oggi lo studente deve rioccupare la posizione del conflitto. E qui appare quella che oggi a me sembra una delle più centrate ortoprassi contemporanee; quella di Bruno Latour, il quale sostituisce la parola con Controversia. Latour insegna un corso che si intitola 'Cartografia delle controversie' e in questa sua pratica ha messo a punto un modello interessantissimo che dovrebbe essere inserito in tutti i programmi di ricerca ed educativi.
In onore e ricordo di Antonio Caronia utilizzo il termine a lui caro, allontandomi, dal moderatismo latouriano, ed ecco qui:
cari studenti e ricercatori, 1. Evitate i conflitti tiepidi (i buoni conflitti sono sempre caldi). 2. Evitate i conflitti troppo asimmetrici (perché un conflitto possa dispiegarsi compiutamente è necessario che la distribuzione delle forze sia relativamente equilibrata). 3. Evitate i conflitti chiusi (una volta concordata una soluzione i conflitti perdono perdono valore). 4. Evitate i conflitti sconfinati (non hanno senso). 5. Evitate i conflitti occulti (questioni confidenziali, top secret, massoniche scivolano verso le teorie del complotto). Ma utilizzate il conflitto come strumento di conoscenza.