Una scoperta / Giuseppe Scapinelli, designer italo-brasiliano
Quando, nel 2016, in una prestigiosa asta di design parigina, ho incontrato per la prima volta le creazioni di Giuseppe Scapinelli (1911-1982), ne sono rimasta folgorata e ho subito cominciato a ricercare notizie su di lui, ma, al di là di quelle scarne contenute nel catalogo di quella vente aux enchères – che lo dicevano architetto italiano emigrato in Brasile, dove aveva fatto fortuna – nessuno ne sapeva nulla. Sono dovuti passare alcuni anni, prima che mi capitasse di incappare nuovamente in lui: stavolta, la notizia giungeva da Reggio Emilia, la città che gli aveva dato i natali, dove suo nipote Alessandro, anch'egli architetto, recentemente rientrato in patria, aveva organizzato la presentazione di una monografia dedicata a suo zio: Sergio Campos, Giuseppe Scapinelli 1950: o Designer da Emoção, ArteMobilia, São Paulo, 2015. Ed eccomi a muover subito mari e monti per riuscire a procurarmi un contatto con quel nipote: dovevo avere il libro! Mi urgeva leggere, conoscere, capire come fosse possibile che un designer che aveva vissuto e lavorato oltreoceano, lontano miglia e miglia dall'Italia, e quindi dal dibattito artistico sul passaggio dalle cosiddette Arti Applicate al Design, potesse aver realizzato oggetti che da quel clima parevano esser stati generati, così prossimi ai coevi creati da Guglielmo Ulrich, da Gio Ponti, da Ico Parisi e persino da Carlo Mollino. Inoltre, pur rivelando essi un’identità progettuale precipua e ben distinguibile, raffinata ed elegante, in alcuni casi, mostravano anche una rudezza imprevista, di stupefacente attualità, direi quasi brutalista, che supposi subito poter esser figlia di un meticciato linguistico che il loro progettista doveva aver acquisito in loco.
Finalmente quel libro l'ho ricevuto, e direttamente dalle mani del suo autore, uno dei maggiori conoscitori del design brasiliano, che ringrazio. La mia dimestichezza con il design di quella terra è invece piuttosto modesta, anche se è stata generata in remoto, durante la mia adolescenza. La devo ad alcuni amici di mio padre, falegnami, emigrati in Brasile, anch’essi in cerca di fortuna, i fratelli Ghisalberti. Di origine bergamasca, a São Paulo hanno fondato la fabbrica di mobili Italma, divenuta subito famosa anche per merito degli eccellenti designer di cui si è avvalsa, primo fra tutti Jean Gillon. Quand’ero ragazza, un giorno, a Genova, arrivò addirittura un container carico di loro arredi ed oggetti, da allora entrati a far parte della nostra casa di famiglia e della mia vita, che mi hanno indotta ad amare quei legni, così diversi dalle essenze europee: Caviuna, Coccobolo, Jacaranda, Jatobà, Pau Brazil, Pau Violetto, tanto per citarne qualcuno. D'altra parte il nome stesso di Brasile, derivato dal portoghese brazil = rosso brace, fu attribuito al Paese proprio in virtù del colore rosso predominante nei suoi legni, detti anche tintorii perché venivano usati per tingere. È stato forse grazie a questa memoria, oltre che per la le loro forme che sapevano di modernità ma anche di tradizioni remote e sconosciute, che gli arredi di Scapinelli hanno destato la mia attenzione, sollecitando, insieme al desiderio di conoscenza, anche il mio habitus divulgativo, che qui vesto per far uscire dall'ombra l'opera di un maestro del design, brasiliano sì, ma orgogliosamente di origini italiane.
Sesto dei tredici figli del notaio Paolo Scapinelli, conte di Leguinio, Giuseppe nasce a Reggio Emilia nel 1911 e nel 1941 si laurea in Architettura a Firenze. Durante la Seconda guerra mondiale è costretto ad abbandonare il bel palazzo avito; mentre i suoi famigliari sfollano a Gattatico, trovando rifugio in una casa colonica, dove rimangono fino al termine del conflitto, Giuseppe preferisce barricarsi in un negozio di mobili, dove studia i vari stili degli arredi divenendo talmente esperto in materia da iniziare, nell’immediato dopoguerra, un commercio molto redditizio che lo porterà in giro per l'Europa, soprattutto a Parigi. Sarà grazie a questo suo remunerativo lavoro che la famiglia potrà godere di un rinnovato benessere economico. Stimato nell’ambiente intellettuale reggiano, partecipa a tutte le iniziative culturali della sua città, che gli risulterà, però, via via sempre più stretta, portandolo a voler ampliare i propri orizzonti.
Come molti italiani d'allora, comincerà ad accarezzare il sogno americano e così, nel 1948, seguendo il suo spirito di avventura, si imbarcherà su una nave, la cui prima tappa sarà il Brasile, dal quale Scapinelli rimarrà talmente affascinato da non lasciarlo mai più. Si stabilirà a São Paulo, dove grazie all’aiuto degli eredi un altro emigrato italiano, il conte Francesco Matarazzo imprenditori molto influenti, si vedrà spalancare le porte delle case delle persone più ragguardevoli della città, di cui curerà gli arredamenti. Il suo innato gusto e la sua competenza gli permetteranno di diventare in soli due anni uno degli architetti d’interni più ricercati del suo tempo. Visto il successo, nel 1950 fonderà addirittura una fabbrica di mobili, la Fábrica de Móveis Giesse, chiamandovi a lavorare abili falegnami di origine italiana e spagnola, in cui realizzerà gli arredi da lui progettati nell'Atelier Margutta, situato nella prestigiosa Rua Augusta, il suo studio specializzato in arredamento d'interni e nella creazione di pezzi di design. Questi ultimi saranno poi venduti nel negozio Le Rideau, da lui appositamente aperto per soddisfare la richiesta di una clientela in continua crescita.
Per tutti gli anni cinquanta, l'Atelier Margutta sarà anche il punto di ritrovo degli artisti europei trasferitisi in Brasile, e anche di quelli in visita al paese, che si incontravano lì per discutere di arte, di architettura e di design e, a volte, persino per collaborare con Scapinelli.
Queste fiorenti attività cesseranno di esistere nella seconda metà degli anni sessanta, quando nuove esigenze di mercato richiederanno mobili non più eseguiti in legno, ma in plastica, in vetro e in ferro, prodotti più rapidamente e a costi più contenuti, ovviamente a discapito della qualità. Sarà allora che Giuseppe Scapinelli, abbandonato il design, riprenderà a dedicarsi alla sua antica passione per la pittura e per la ceramica. Costruitasi dunque una casa-studio a Bertioga, sul litorale di São Paulo, vi trascorrerà il resto della vita dipingendo e modellando
Il motivo del successo dei pezzi progettati da questo maestro del design, si deve, ora come allora, alla loro assoluta originalità, alla loro raffinata eleganza, capace di coniugare modernità e classicità, modernità nella ricerca formale e nella creatività, classicità nelle proporzioni fra le parti. Sulle pagine della rivista Casa e Jardim, con la quale il nostro ha collaborato a lungo, è stato brillantemente definito: "un classico che sembra moderno, o – se preferite – un moderno che non dimentica di esser classico".
Indubbiamente Scapinelli ha portato con sé in Brasile un sostanzioso background, un bagaglio di conoscenze che si era diligentemente costruito al tempo della sua formazione ed è anche certo che egli si sia tenuto costantemente informato sugli esiti del dibattito artistico in corso nella sua patria d'origine, soprattutto in merito al nascente design. A tale proposito, va inoltre ricordato che nel 1947 a São Paulo erano già approdati Lina Bo Bardi e suo marito Pietro Maria, due intellettuali impegnati nel promuovere e nel diffondere la cultura artistica anche dalle pagine della rivista Habitat, da loro fondata nel 1950 e che l'ambiente culturale paulista era comunque piuttosto vivace e stimolante.
Nel disegno dei suoi mobili, all'ortogonalità razionalista allora imperante, Scapinelli ha sempre prediletto l'impiego delle linee sinuose, morbide, biomorfe, più che non geometriche, che qualcuno dei suoi estimatori ha definito sensuali e suscitatrici di emozioni. Certo è che la sua profonda conoscenza e il suo culto per i meravigliosi legni amazzonici, la sua ossessione per i dettagli e il suo amore per il "fatto bene" hanno contribuito, insieme all'assoluta unicità delle loro forme, a rendere le sue creazioni dei must entrati a buon diritto nella storia del design.
Dopo la sua morte, sulle opere di Giuseppe Scapinelli è sceso un oblio durato quasi trent'anni, fino a quando alcune di esse non sono state presentate nella mostra: Os Modernos Brasileiros, allestita nel 2009 presso il Museu Oscar Niemeyer (la parte su di lui è stata curata da Sergio Campos) e, nel 2014, nella rassegna I mobili al tempo dei pionieri, realizzata nella Casa de Vidro di Lina Bo Bardi a São Paulo, con i suoi pezzi di design accanto a quelli della mitica padrona di casa, cui si sono poi aggiunte le esposizioni organizzate in gallerie private pauliste (ArteMobilia) e nelle aste di design anche europee, nessuna di queste, purtroppo, in Italia.
Oggi la sua fama è in crescita esponenziale e i suoi pezzi contesi dai collezionisti a cifre ragguardevoli, oltre ad essere costantemente prese a modello dai giovani designer brasiliani.
Ci si augura che a questo primo articolo a lui dedicato nel nostro paese ne facciano seguito molti altri e che l'opera di Giuseppe Scapinelli, "emigrato" di grande talento, sia conosciuta come merita e soprattutto studiata nelle scuole di design.