Un dialogo tra P (proibizionista) e AP (anti-proibizionista) / Legalizzare gli spinelli?

19 Dicembre 2017

Chi, come me, è nel fiore della sua terza età, sa che ogni tanto in Italia, così come avvengono periodicamente alluvioni e terremoti, si discute se depenalizzare o meno, e come, le droghe leggere, o anche quelle pesanti. Sono ormai circa cinquant’anni che il dibattito riaffiora, per lo più con gli stessi argomenti da una parte e dall’altra. Ognuno resta della propria idea e in pratica non se ne fa nulla.

 

Proverò quindi a riassumere qui per i giovani gli argomenti decennali di entrambi gli schieramenti dando loro la forma di un dialogo tra P (proibizionista) e AP (anti-proibizionista).

 

AP – È ormai evidente che i prodotti della canapa indiana (marijuana, hashish) non sono più dannosi di alcool e tabacco. Perché allora considerare i primi “droghe” e i secondi no? Se non proibiamo alcool e tabacco – anche se ne sconsigliamo l’uso – perché proibire i prodotti della cannabis?

P – Perché le indagini dimostrano che chi diventa un tossicomane di droghe pesanti – oppiacei, cocaina, ecc. – comincia quasi sempre dalla cannabis. Come scrisse un vignettista “una canna è la via migliore verso il buco”…

 

AP – Ma è come dire che uno che diventa alcolizzato cronico comincia sempre da un bicchierino di vino. Mica proibiamo il bicchierino di vino per questo? Chi è destinato a diventare tossico comincia dalla cannabis semplicemente perché è la sostanza più comune e diffusa, non perché lo spinello abbia di per sé il potere di avviare alle droghe pesanti. Difatti, solo una piccola parte di chi prova uno spinello poi passa alle droghe dure, per fortuna.

P – In ogni caso è bene che lo stato dia un segnale, specialmente ai giovani, di evitare sostanze che fanno male. È come se il tabacco fosse proibito da sempre e noi, proprio ora, lo legalizzassimo: daremmo a tutti il segnale che il tabacco è innocuo. Mentre sappiamo che non lo è, e che dà dipendenza. Invece di mettere fuori legge alcool e tabacco, legalizziamo la cannabis: andiamo nel senso opposto a quel che la salute pubblica esige.

AP – Ma mettendo il consumo fuori legge diamo spazio al mercato illegale, alla mafia e alla camorra. Proprio come avvenne in America con il proibizionismo degli anni ’30, che creò il gangsterismo, Al Capone, che si nutrivano dell’isteria anti-alcolica. Legalizzando a certe condizioni l’uso della cannabis, sottraiamo alla criminalità organizzata la gallina dalle uova d’oro.

 

P – Le vostre proposte mirano solo a colpire la criminalità organizzata, ma non siete preoccupati dalla salute pubblica. Comunque non riuscireste nemmeno a debellare il mercato nero illegale. Una legalizzazione dovrebbe comunque escludere certe fasce, ad esempio i malati e i bambini. È proprio a queste persone che la mafia allora rivolgerebbe la promozione delle sostanze. Come del resto già fa: è noto che essa offre droga proprio ai giovanissimi per farne poi dei consumatori fedeli.

AP – Ma perché le mafie dovrebbero investire sui bambini, che non hanno soldi o ne hanno ben pochi? Quanto ai malati, non vedo perché degli adulti dovrebbero cedere alla tentazione della cannabis solo perché sono malati. Dopo tutto sono adulti e hanno il diritto di fare le loro scelte. Non vedo perché dovremmo proibire loro l’uso di certe sostanze, come non proibiamo loro legalmente l’alcool, anche se sono cirrotici.

P – Ma perché non combattere gli spacciatori con le classiche misure di polizia? Perché autorizzare tutti, anche i giovani, a usare sostanze che, secondo tutte le ricerche, producono danni alla salute?

AP – Ma è ormai evidente che i prodotti della canapa indiana non sono più dannosi di alcool e tabacco….

E il ciclo ricomincia.

 

Ci tengo a dire che chi firma questo articolo simpatizza per gli anti-proibizionisti, vorrebbe una legislazione come quella dei Paesi Bassi, paese esemplare in questo come in tante altre cose. Tra l’altro, proprio nei Paesi Bassi si registra una diminuzione del consumo delle droghe, anche di quelle leggere. Tengo a dire che il sottoscritto non fuma, né tabacco né canapa indiana. Ma quel che pensa il firmatario non ha qui importanza. Vorrei attrarre piuttosto l’attenzione sull’inanità del dibattito. Come sistematicamente in politica, gli argomenti più o meno razionali non servono a nulla, lo si verifica ogni giorno. La filosofia del dialogo proposta da famosi pensatori è un’ingenuità: la gente non dialoga, ognuno ribadisce le proprie convinzioni. E costruisce argomenti “razionali” per puntellarle. Solo di rado le persone cambiano idea sulla base di argomentazioni.  

 

 

Chi è per la legalizzazione (di solito è di sinistra) e chi è contro di essa (di solito è di destra) segue due modelli distinti e opposti non solo per quel che riguarda i cosiddetti stupefacenti, ma per molte altre cose.  C’è da scommettere che chi osteggia qualsiasi forma di legalizzazione delle droghe sarà anche contro la legalizzazione dell’aborto, contro le unioni civili (matrimonio tra gay e lesbiche), contro il divorzio facile, contro l’eguaglianza completa dei diritti tra donne e uomini, contro il testamento biologico, ecc. L’AP, chi è per controllare legalmente l’uso di certe sostanze, avrà su tutte queste questioni delle opinioni opposte. In altre parole, a parte casi inclassificabili, le nostre opinioni politiche fanno “sistema”. Di solito chiamiamo questi sistemi di pensiero “sinistra” e “destra”, anche se ne esistono altri in verità. La questione “Perché si è indulgenti con chi consuma tabacco? Perché si è severi contro chi consuma cannabis?” è un corollario quindi di una questione più ampia “Che cosa costituisce una mentalità di sinistra? Che cosa costituisce una mentalità di destra?”

 

Uno dei criteri più interessanti per distinguere “la pancia di sinistra” e “la pancia di destra” è stato proposto dal linguista e filosofo americano George Lakoff (in particolare in Moral Politics). Lakoff giunge alla conclusione che i liberals e i conservatives americani (ma la cosa si applica in ampia misura anche agli europei) seguono in realtà due diversi modelli familiari, ovvero due criteri diversi di “buon genitore”. I conservatori o Republicans hanno come modello The strict Father, il padre severo; la sinistra progressista o Democrat ha come modello The Nurturing Parent, il genitore che si prende cura. Tutte le scelte politiche, da quella estera a quella interna, fino a scelte di costume – essere pro o contro l’aborto, essere pro o contro la legalizzazione delle sostanze proibite – sono corollari, inferenze, di questi principi moral-familiari di fondo. 

 

Si prenda una ragazza molto giovane che resta incinta e vuole abortire. Il liberal che si vuole mamma-che-si-prende-cura dirà “Questa povera ragazza non è pronta per essere madre. Una maternità le farebbe mancare i suoi obiettivi di auto-realizzazione e di libertà. Bisogna allora aiutarla ad abortire, avrà un figlio quando si sentirà pronta.” Il conservative che si vuole strct father dirà invece “Questa puttanella dovrà imparare che non può andare in giro a sc…. Che si prenda la responsabilità di quello che ha fatto, che metta al mondo un bambino anche se non le piace, così capirà che cosa significa essere promiscua.” Si applica alla polis un certo modulo di domus, di politica casalinga, per dir così. 

La questione giuridica e politica della legalizzazione o meno degli spinelli vede confrontarsi, anche qui, i due modelli genitoriali. L’anti-proibizionista dirà “I giovani cercano di fare esperienza della vita, e l’uso di certe droghe leggere è parte di questo percorso di esperienza. Anche se la canapa indiana fa male, è un diritto di ciascuno cercare il piacere, meglio convincerlo a smettere con un dialogo, anziché proibirgli di farsi le canne con lo spauracchio del carabiniere. Per non lasciarlo preda degli spacciatori, bisogna aiutarlo a soddisfare questo vizio sperando che lo superi.” Il proibizionista reagisce invece diversamente: “Questo ragazzaccio, questa farabutta, anziché pensare a studiare e a metter su famiglia se ne va nelle discoteche a ubriacarsi e a drogarsi. Perché dovremmo essere indulgenti nei confronti di questi comportamenti dissoluti? Meglio proibire drasticamente le droghe”. Certo, nelle interminabili polemiche ogni parte cita legislazioni straniere, esibisce statistiche e grafici, cita ricerche internazionali pubblicate su riviste scientifiche in inglese, ma poi, quando si tratta di concludere, sono i due tipi di tropismi familistici a decidere. I ragionamenti politico-scientifici sono fumo, ciascuno si lascia guidare dai propri modelli morali e familiari. In psicoanalisi si direbbe che chi è di destra, e quindi proibizionista, tende a incarnare un’istanza super-egoica: tende a dar corpo alla funzione di un genitore severo, giudicante, punitivo. Chi è di sinistra, e quindi anti-proibizionista, tende a svolgere la funzione della madre anaclitica, ovvero della “madre a cui appoggiarsi”. Lo psicoanalista Franco Fornari aveva detto, in modo forse un po’ troppo drastico, che il socialismo è materno e il capitalismo è paterno; ma, dopo tutto, aveva visto giusto. So che i lettori di Doppiozero, e chi qui firma, simpatizzano per il modello della madre anaclitica, della madre-che-si-prende-cura-dei-figli, ma bisogna ammettere che questo modello ha anche i suoi limiti.

In ogni caso, assistiamo ormai da un secolo al declino del super-egoico padre severo, il quale ci appare ormai come un ridicolo fantoccio senza vera autorevolezza. Eppure il modello padre severo resiste nei ceti sociali più poveri, meno colti e più provinciali, come è noto. La legalizzazione del consumo di certe droghe è quindi una delle ultime barriere di resistenza di questo modello domestico-politico contro l’avanzare della madre anaclitica che si prende cura. Quindi giungeremo prima o poi a una legislazione più permissiva sulle droghe – a meno che la direzione dell’Occidente non cambi completamente rotta, cosa da non escludersi, mai.

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