Speciale
Expo e dintorni: Expo che fa?
Su questo muro tornai due volte perché volevo fotografarlo senza automobili parcheggiate davanti, come lo avevo notato la prima volta che lo vidi una domenica nel tardo pomeriggio; quando ero su un autobus che mi portava verso il quartiere periferico degli Olmi. Non conoscendo la zona non sapevo le dinamiche che regolano l’andirivieni di chi sceglie quello spazio per parcheggiarvi. In settimana ritrovai lo spazio pieno di auto, così aspettando che andassero via, invano quel giorno, ho potuto capire che è usato da chi va in una banca poco più avanti o in uno studio di commercialisti dalla parte opposta della strada. Decisi di ritornarvi il venerdì, nel tardo pomeriggio a chiusura uffici. Però l’ultimo dei dottori commercialisti fece un po’ di straordinari. Poi finalmente andò via con l’auto lasciandomi il campo libero per fotografare.
ph. Antonino Costa
Nell’attesa di quegli appostamenti avevo percorso in su e in giù questo vialone della periferia. Per un lungo tratto non c’è nulla, insomma è il posto ideale per scrivere a caratteri cubitali un messaggio: «Expo fa male» dice. Male a cosa? male a chi? O fa male il suo lavoro? È complesso tirare le somme di questa impresa che ci accompagnerà ancora a cancelli chiusi e a metal detector disattivati. Comunque la vita sulla Terra continuerà, anche se Expo non riuscirà a portare a termine il suo intento più grande, quello di nutrire il nostro pianeta.
A me per esempio è capitato il 31 agosto di rompermi un osso e nei giorni seguenti sono dovuto andare all’INPS. Lì campeggiava, nonostante fossimo ormai a settembre, un cartello di una convenzione tra il nostro istituto di previdenza sociale e l’evento.