Speciale Librerie | Un nuovo manifesto di Ventotene

5 Febbraio 2013

Una “ciabatta sul mare”, così Camilla Ravera ribattezzò Ventotene, una striscia di terra in mezzo al Tirreno, l’isola dove insieme a tanti altri intellettuali antifascisti era stata costretta al confino dal regime.

 

A volte, ripensando alla mia esperienza di libraio indipendente, non posso non soffermarmi sui paradossi della storia: per trovare un posto, non solo un luogo dell’anima ma anche uno spazio terribilmente fisico dove poter fare il mio mestiere, e soprattutto dove poterlo fare con assoluta libertà, sono dovuto tornare nella terra dei nonni, miei e di mia moglie, proprio in quell’isola nella quale non più tardi di sessant’anni fa si veniva confinati, privati della libertà e ridotti ai margini della grande storia del Novecento.

 

In questa terra, che nel frattempo è diventata una splendida area marina protetta, un po’ di tempo fa mi sono domandato se anch’io che di professione vendo libri non potessi trovare una piccola oasi, al riparo dai meccanismi del mercato editoriale che troppo spesso premiano solo chi ha le spalle più grosse. L’idea era semplice: un’isola, Ventotene, uno scoglio lontano e forse sconosciuto, certamente non ancora contaminato da chi pensa ai libri in termini di mero fatturato. Un luogo ideale dove, anche se solo per pochi mesi l’anno, chi invece ama i libri e la lettura può ancora sentirsi totalmente a casa. E l’Ultima Spiaggia – così si chiama la libreria e la piccola casa editrice che è nata per valorizzare la ricca storia locale – si è rivelata tale, un approdo e un rifugio prezioso tanto per me quanto, almeno me lo auguro, per i turisti che passano ed entrano.

 

 

Certo, questa è la mia esperienza, un’esperienza irripetibile, legata a filo doppio con un luogo e con la mia storia personale. Ma sarebbe realizzabile altrove? Io credo di sì. Anzi, più passano gli anni, più mi convinco che una scelta come quella che ho voluto (e dovuto) fare io, in scala maggiore – l’apertura di piccole librerie indipendenti ben radicate sul territorio – si potrebbe rivelare invece come una delle possibili risposte da mettere in campo in questo periodo buio di crisi per l’editoria e più in generale per la diffusione della cultura in Italia. Mancano i fondi, è vero, e nel paese oggi sono altre le priorità. Eppure ogni volta i dati sulla lettura e sulla vendita di libri in Italia parlano di intere aree geografiche del tutto dimenticate dal sistema distributivo, semplicemente senza librerie. Mercati minori che forse non interessano le grandi catene, ma che invece possono rappresentare importanti occasioni per realtà indipendenti che puntino proprio sul legame e la riscoperta dell’identità di un territorio. Più piccoli, ma non per questo inesistenti. Le piccole librerie spesso riescono a svolgere proprio sul territorio un ruolo di presidio culturale che nel tempo si rivela un valore unico, e che andrebbe difeso e coltivato con maggiore lungimiranza.

 

Io ci ho riprovato l’anno scorso, mettendomi di nuovo in gioco e coinvolgendo un gruppo di giovani librai con cui condividevo parecchi anni di lavoro insieme in una libreria di catena. Con una formula simile a quella di Ventotene abbiamo aperto una piccola libreria a Camogli, in Liguria. Località di mare, forte stagionalità, ma stessa volontà di essere presente e lavorare in rete con le scuole e gli enti locali per valorizzare il patrimonio culturale di uno degli angoli più belli d’Italia.

 

Del resto, la cultura potrebbe (e dovrebbe) essere un fenomenale generatore economico, proprio in un paese come l’Italia, ricco di storia e di bellezza spesso trascurata. Ma forse oltre ai soldi manca anche la volontà. Nel nostro settore gli esempi da seguire non mancano, basta andare oltre confine, oltre le Alpi: nemmeno a farlo apposta, come negli anni del regime (sarà un caso?), quando la repressione era totale e ci si rifugiava in Francia per sviluppare ed esercitare appieno la libertà. Oggi è ancora da questo paese che si possono trarre indicazioni sulla strada da percorrere. Lì, infatti, alcuni dei più importanti editori si sono associati e hanno creato la fondazione ADELC (Association pour la défense de la librairie de création) con lo scopo di finanziare la nascita e la diffusione di librerie indipendenti. Librerie che poi possano avviarsi e rimanere davvero indipendenti, assicurando un rapporto privilegiato con quell’editoria “di creazione” che ha più difficoltà a entrare sul mercato.

 

Senza contare che la legge francese sul prezzo del libro è un provvedimento che mette al centro la tutela della “bibliodiversità”; nulla a che vedere con la corrispondente legge italiana, una legge da tanto tempo attesa, la legge Levi finalmente entrata in vigore l’anno scorso e subito ribattezzata “legge anti-Amazon”, vista la tempestività con cui è stata approvata, proprio in seguito alle spregiudicate politiche commerciali del noto sito di e-commerce. In buona sostanza: i piccoli librai indipendenti, che, schiacciati da spese di gestione insostenibili e da margini sempre più assottigliati, tendono rapidamente a scomparire, non vengono di fatto tutelati; al contrario, le grandi catene tengono lontano un pericoloso concorrente, mentre per il resto le cose sono lasciate ipocritamente come erano prima.

 

Potrà sembrare presuntuoso da parte mia, ma in questo periodo d’incertezza mi piace pensare che su questi temi proprio nella piccola Ventotene si potrebbero riunire e confrontare le diverse esperienze europee, per cercare politiche comuni nella tutela e nella promozione di quella che, a mio parere, resta una risorsa fondamentale per un continente che voglia avere una stampa e un’editoria davvero democratica: i librai indipendenti con i loro spazi liberi. Un nuovo manifesto di Ventotene? Di certo una nuova speranza per tutti noi che viviamo e soprattutto amiamo i libri e la libertà.

 

L’articolo è apparso su alfaLibro, supplemento speciale di alfabeta2, maggio 2012.

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