Un mare di oggetti 8. La cedrata

26 Agosto 2023

Navigo per sete, c’è scritto su alcune navi della Marina Militare italiana, in grado di trasportare fino a un milione e duecentomila litri di acqua per rifornire le isole minori.

La sete è una delle sensazioni fisiche che caratterizzano l'estate, soprattutto una torrida come quella di quest'anno. E allora, cosa c’è di più dissetante di una bibita fresca? Tra quelle in commercio, due le possiamo vantare come nostro prodotto nazionale, il chinotto e la cedrata, che rappresentano due eccellenze del nostro territorio.

La cedrata è quella che si fregia dell’origine più antica e della storia più interessante. 

Tutto ha inizio probabilmente nel XIII secolo, sulle rive del Garda, ad opera dei frati francescani che avevano edificato il loro primo convento a Gargnano nel 1226, i quali, facendo tesoro del microclima del lago, particolarmente mite, iniziarono a coltivarvi limoni, arance amare e cedri.

Con il passare dei secoli, e precisamente nel 1600, sviluppatasi grandemente la coltura di questi agrumi, ecco nascere le famose Limonaie del Garda. Si tratta di vere e proprie architetture del paesaggio abbarbicate alla montagna, costituite da terrazzamenti su cui si innalzano pilastri bianchissimi che sorreggono le pergole lignee attorno alle quali si attorcigliano i rami delle piante e da cui pendono i frutti, costantemente esposti al sole proveniente da sud-est.

Descritte nel tempo da numerosi viaggiatori, ecco Johann Wolfgang Goethe, che nel 13 settembre 1786, le ha osservate dal lago:

“Passammo davanti a Limone, con i suoi giardini a terrazze su per il pendio dei monti, coltivati a limoni: uno spettacolo di ricchezza e di grazia. L'intero giardino consta di file di bianchi pilastri quadrangolari che sono collocati ad una certa distanza l'uno dall'altro, su per il declivio del monte a gradini. Sopra questi pilastri sono collocate delle robuste pertiche per coprire, in inverno, gli alberi che crescono negli intervalli. La lentezza della traversata favoriva l'osservazione e la contemplazione di questo piacevole spettacolo."

Ancora oggi, le limonaie del Garda sono le coltivazioni di agrumi più a nord del mondo, un vero prodigio della natura ma anche della fatica dell’uomo.

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La storia della cedrata inizia esattamente nel 1748, come è riportato nel Libro della Tassa delle arti liberali e meccaniche nello spettabile Comune di Salò. Teatro è la spezieria della famiglia Bondoni dove i cedri del Garda vengono lavorati per estrarre elisir farmaceutici. Cento anni più tardi, trasformata la spezieria dapprima in farmacia e quindi in distilleria dal nuovo proprietario, il marchese Nicola Tassoni, ecco nascere l’acqua di cedro che dal suo fondatore prende il nome di Cedrata Tassoni, conservato ancora oggi, nonostante i numerosi passaggi di proprietà subiti dall’azienda.

La bibita gassata come noi la conosciamo vede poi la luce negli anni cinquanta del novecento.

Chi ha ormai qualche anno, come chi scrive, certo ricorda i Carosello, in onda dal 1976 al 1986, in cui Mina cantava il famoso jingle:

“Quante cose al mondo puoi fare?
Costruire? Inventare?
Ma trova un minuto per me!
Per voi e per gli amici... Tassoni.”

Con il progressivo successo della bibita, inizia la ricerca del suo packaging che culminerà nella altrettanto famosa bottiglia, vero must del design anonimo. 

Questa, insieme a quella disegnata da Fortunato Depero per il Bitter Campari, è infatti una delle due più belle piccole bottiglie del design italiano. Anche se il nome del suo progettista è ignoto, sono diventati dei must la tipica rugosità del suo vetro, simulante quella della buccia del cedro da cui la bibita è tratta, il marchio aziendale impresso a rilievo e la sua silhouette. Quest’ultima è costituita da un cilindro geometricamente perfetto con una rastrematura dolce nella parte superiore, il collo, atta ad accogliere l'inconfondibile tappo a corona giallo con stampigliato sopra in verde il noto logo (e, a volte, anche delle frasi celebri, alla stregua dei cartigli dei baci Perugina, tappi che oggi sono diventati degli oggetti da collezione).

Che il cedro sia di provenienza orientale, lo attesta il suo stesso nome scientifico di Citrus Medica, o Malum medicum, ovvero originario della Media, vasta regione dell’antica Persia, confinante con la Mesopotamia. 

Arrivò in Grecia intorno al VI secolo a.C. insieme ai profughi provenienti dalle regioni mesopotamiche, appunto, e pare sia giunto sulla nostra penisola tra il V e il IV secolo a. C.

A portarcelo furono gli Ebrei (nella Bibbia il cedro – etrog in ebraico – è nominato 70 volte ed è il protagonista del Sukkoth, detto anche Festa delle Capanne, che si celebra ancora oggi nei primi 15 giorni di ottobre, com'è prescritto nel Levitico). Gli Ebrei giunsero sicuramente sulle nostre rive al seguito degli Achei, fondatori, nella Magna Grecia delle colonie agricole di Metaponto, Sibari e Crotone sul Mar Ionio, dove la coltivazione del cedro da loro introdotta è tutt’ora molto florida. Ed è da queste terre che oggi provengono i cedri necessari alla produzione della cedrata su scala industriale, non bastando più a sostenerla quelli del Garda.

Del cedro parla Virgilio nel II libro delle Georgiche (“La Media produce gli agri succhi e il persistente sapore del cedro salutifero”); Plinio ne descrive le foglie e il frutto e ne elogia il profumo ma non il sapore; Apicio invece lo menziona addirittura nel suo De re coquinaria, ovvero dell’arte del cucinare, una raccolta di ricette di cucina romane. E così lo canta poi Marziale:

"O vengono da Corfù, dagli alberi del giardino (di Alcinoo)
O sono le mele (delle Esperidi) sorvegliate dal drago africano.”
(Epigrammi, XIII, 37)

Tuttavia, in epoca romana questo frutto era ricercato più per il suo aspetto decorativo che non per il suo gusto. Lo troviamo infatti spesso riprodotto in mosaici e in affreschi e persino in scultura a Roma, a Pompei, a Piazza Armerina, a Cartagine e in molti siti archeologici.

A differenza di quanto accade per gli altri agrumi, del cedro non si consuma la polpa, che è di ridotte dimensioni, piuttosto dura e dal sapore acidulo, ma se ne utilizza la scorza. È da questa, infatti, ricchissima di essenze dal gusto citrino, gradevolmente penetranti, che si ricavano liquori, sciroppi e la nostra bibita preferita, la cedrata.

E allora, prosit!

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