Cultura e finanziamenti: verso un nuovo paradigma
Quali forme economiche deve darsi la cultura? Sapendo che il modello del finanziamento pubblico che ha funzionato per tanti anni è ora entrato in crisi (per cattiva gestione e per mancanza di fondi) quali nuove possibilità si possono immaginare? Cosa è realistico attendersi? Come sta cambiando il panorama?
A nostro (di doppiozero, intendiamo) parere sono questi i fondamentali nodi da sciogliere per poter fare cultura negli anni a venire.
E su questi temi svilupperemo nei prossimi mesi una serie di momenti di riflessione, anche condivisi e analogici, che contribuiscano a dirimere la questione efficacemente e senza cedere a facili semplificazioni.
La partecipazione di doppiozero alla tre giorni dell’OCA - Officine Creative Ansaldo ci ha dato la possibilità di ragionare su questi temi assieme ad alcuni nostri autori ed amici, in un workshop dal titolo “La trasformazione della cultura: empatia e/o soldi?”.
Per chi non c’era, annotiamo di seguito alcune delle considerazioni emerse durante l’incontro: un primo, piccolo contributo all’importante dibattito sul futuro della cultura.
I problemi relativi alla produzione culturale in questi anni hanno assunto una sempre maggiore rilevanza. L’impressione è che i soldi per la cultura, raccolti tramite percorsi tradizionali, siano esauriti: diventa quindi necessario trovare altre strade. Ma quali?
Per rispondere a questa domanda è opportuno partire da una riflessione sulle trasformazioni generate dalle nuove tecnologie anche in ambito culturale, segnalando in primo luogo come, al di là della retorica del senso comune, il web 2.0 e tutti i tipi di social network si basino oggi sulla facile condivisione dei sentimenti e dei processi emozionali.
Al contempo, dato che il mondo della produzione economica e sociale si è in larga parte riorganizzato o lo sta facendo, diventa inevitabile un’analisi dei mutamenti in corso in quest’ambito. Le industrie culturali, nel passaggio al post-fordismo, hanno abbandonato il vecchio modello degli anni ‘70 e ‘80 e fatto propria la virtualizzazione dei processi di produzione, causando così la polverizzazione dell’offerta e generando la necessità di cercare mercati paralleli, che al momento sono ancora di difficile definizione.
Per questi motivi risulta oggi necessario ripensare l’imprenditoria culturale e riflettere su business model innovativi, cercando di individuare nuove forme di sostenibilità. E a tal fine, una ridefinizione dell’azione basata sul rapporto empatico tra produttori e fruitori di cultura è senza dubbio una strada percorribile.
Presupposto imprescindibile di ogni ridefinizione delle modalità del fare cultura resta la piena coscienza della portata del cambiamento in atto: una trasformazione profonda, ancora in corso, di cui si possono osservare gli sviluppi e solo immaginare gli esiti.
Se una volta, ad esempio, per chi scriveva esisteva una realtà di riferimento strutturata, rigida e circoscritta, definita dal ruolo chiave degli editori e dei giornali, oggi chi svolge la funzione di mediazione che era in carico a queste strutture? Certo, gli editori ci sono ancora ma grazie al web e alle tecnologie disponibili l’autoproduzione è sempre più alla portata di tutti e gli effetti si cominciano a vedere: e-book, print on demand, blog... Resta la domanda: chi ricoprirà in futuro la funzione tradizionalmente affidata ai mediatori culturali, quella di selezionare i contenuti, promuovendo le opere di valore?
Il discorso è complesso, e richiede un’ampia articolazione perché vario è il panorama dei prodotti artistico-culturali. Differiscono, in primo luogo, le esigenze economiche e bisogna tenerne conto con attenzione: la scrittura e pubblicazione di un libro, ad esempio, presenta costi ed esigenze evidentemente differenti rispetto ad un’orchestra di quaranta elementi che esegue un concerto.
Ciò nonostante è possibile tracciare una prima riflessione, che accomuna tutte gli ambiti della produzione artistico-culturale: quando il modello basato sull’elemento empatico diventerà il nuovo protocollo probabilmente si configureranno forme e prodotti nuovi, diversi da quelli che oggi conosciamo. Ciò darà vita quasi certamente a differenti rapporti tra produttori e fruitori, in grado di compensare l’assenza o la marginalizzazione delle strutture tradizionalmente preposte all’intermediazione.
Per affrontare questi argomenti con la giusta obiettività sarà necessario tenere a mente la differenza basilare tra intrattenimento e forme di pensiero e comprendere l’evoluzione e lo sviluppo di alcune figure di mediazione - curator, influencer e opinion leader – che modificheranno il mondo della cultura, configurandosi come nuovi attori dotati di autorevolezza e autorità.