Da Goldrake a Supercar Gattiger
Se non fosse per quel Mazinga Zeta in copertina, stentereste a credere che questo minuscolo volumetto contenga (quasi) il meglio dei super robot (Sūpā Robotto) giapponesi. Edito da Mimesis, Da Goldrake a Supercar Gattiger di Enrico Cantino è in prima istanza la mappa di tutti i topoi del genere mecha anime. C'è tutto.
Lo spirito scintoista; l'eredità dei samurai; uno scienziato a capo di un centro di ricerca (oppure morto dopo la creazione della super weapon); un adolescente con un tragico passato; un gruppo di giovani comprimari ad affiancarlo (per i robot componibili); la bella di turno e il suo ruolo marginale; il Giappone sotto assedio; il robot gigante e l'immancabile nemico venuto dallo spazio o dalle viscere del pianeta.
C'è poi il rituale del combattimento: l'uscita del robot; l'eventuale assemblaggio o trasformazione – seguita da posa "plastica" e frase a effetto; le mosse speciali e i colpi finali. Tutti preceduti da comando vocale. E – per molte delle serie qui citate – un manga come media form di origine per sfruttare una fama già consolidata.
SuperRobots: http://i510.photobucket.com/albums/s349/migzus19/yugi/srwsuper.jpg
Tanta ricchezza – scrive Cantino – è stata spesso accostata a narrazioni fin troppo povere e inconsistenti. Lo stesso vale per una struttura a episodi ripetitiva e priva di sorprese, comune un po' a tutto il genere. Non a caso, il meglio di ogni serie si concentra generalmente nel primo episodio (antefatto, presentazione dei personaggi e prima comparsa del robot) e nell'ultimo (duello finale che risolve l'intera vicenda). Nel mezzo, pochi colpi di scena: qualche avvicendamento tra le fila nemiche – preludio alla discesa in campo del comandante supremo; un graduale aumento della forza dell'avversario utile a temprare l'eroe o per introdurre nuovi armi.
Nel volume, i mecha sono organizzati per complessità. Robot antropomorfi con un pilota al loro interno: Mazinga Zeta (Majingā Zetto, 1972), Grande Mazinga (Gureeto Majinga, 1974), Goldrake (UFO Robo Gurendaizā, 1975). Robot componibili (assemblaggio di diversi componenti): Getta Robot, Vultus 5 (Chodenji machine Voltes 5, 1977), Daltanious (Mirai robot Daltanias, 1979). Robot trasformabili: Daitarn 3 (Muteki Kojin Daitarn 3, 1978), L'invincibile robot Trider G7 (Muteki Robot Trider G7, 1980). Robot simbiotici (il pilota è in qualche modo parte integrante della macchina): Jeeg robot d'acciaio (Kotetsu Jeeg, 1975), Neon Genesis Evangelion (Shin Seiki Evangerion, 1995). Le ultime pagine del libro sono dedicate ad alcune serie che, seppur prive di "robot", condividono alcuni degli elementi su citati: Devilman (Debiruman, 1972) e Supercar Gattiger (Cho Supercar Gattiger, 1977).
Uno degli spunti più interessanti del libro riguarda il passaggio dai super ai "real robot" (riaru robotto). Serie quali Mobile Suit Gundam (Kidō Senshi Gandamu, 1979) e Patlabor (Kidō keisatsu Patlabor, 1989) aprono una nuova fase fatta di temi più maturi, archi narrativi ben più articolati e soluzioni tecnologiche più credibili. In Gundam, per esempio, il robot perde lo status di divinità per diventare "[...] uno strumento bellico prodotto in serie. Come tale, può essere distrutto (e quindi rimpiazzato). Può anche terminare le munizioni. Le armi non richiedono più il comando vocale, diminuiscono di numero, diventano verosimili: spade, lance e, più spesso, fucili, pistole e mitragliatrici. Quanto al design, è anonimo. Niente più aspetto antropomorfo. La spersonalizzazione riguarda perfino i colori [...]. Il pilota non è più un guerriero improvvisato, bensì un militare appositamente addestrato: un professionista. Al centro dell'anime ci sono le persone e i loro ideali. Perché la parola d'ordine, ora, è: (maggiore) realismo" (p. 56). Un desiderio di realismo così smodato che i giapponesi hanno persino eretto una statua del Gundam in scala 1:1 nel quartiere di Odaiba (Tokyo). Il tutto per festeggiare i trent'anni della serie.
Cantino fa del "realismo" un problema di tecnologia o di coerenza logica: le munizioni infinite dei super robot; l'inspiegabile ragione che porta il nemico ad attendere l'assemblaggio / trasformazione dell'eroe (a parte episodio in Daltanious); l'inesauribile energia che alimenta gli stessi mecha (Neon Genesis Evangelion è un'intelligente eccezione). La lista delle incongruenze rischia di essere infinita. Nella classifica degli interrogativi più gettonati: è davvero possibile alloggiare un pilota all'interno di un gigante di metallo? Nel manga Super Robot 28 (Tetsujin Nijūhachi-gō, 1956), il problema è affrontato e risolto con l'adozione di un telecomando per il controllo a distanza. Lo stesso accorgimento sarà ripreso in Reel Steel (Shawn Levy, 2011), anche se i robot del film hanno dimensioni ben più modeste.
NeonGenesisEvangelion: http://static.zerochan.net/Neon.Genesis.Evangelion.full.387509.jpg
Il dibattito sul realismo è meno "frivolo" di quanto possa sembrare. In The Soul of Anime (2013), Ian Condry conferma l'importanza del termine "real" (riaru), ma sposta il discorso verso una dimensione storico-critica (p.117). La questione si gioca allora sulla capacità degli anime di generare una realtà altra, plausibile per sé e quindi possibile, reale pur nel suo essere finzione. Secondo Susan Napier (Anime: From Akira to Howl's Moving Castle, 2005), che lo stesso Condry cita: "The many examples of postwar Japanese anime featuring [...] young pilots who pilot giant robots point to genres that rely on fantasy and futurism [...] deemed attractive at least partly because they create imaginary worlds that go beyond what is really possible" (p.118).
Lo studioso Toshiya Ueno (Kurenai no metaru sutsu: Anime to iu senba, 1998) va oltre e, riporta ancora Condry, nell'occuparsi delle forme di rappresentazioni della guerra nei mecha anime "[...]argues that anime straddles a desire for real representation, and yet, at the same time, it can succeed only because it is ultimately fictional. [...] This success relates to providing a critical perspective on war's vioelence yet at a step removed because it is animation". Secondo questa impostazione, le produzioni anime degli anni Settanta e Ottanta rappresenterebbero "one of the few places in Japanese public culture to debate war and its consequences, a complex mix of trauma and capitalism" (p.119).
Attack of Friday Monsters! A Tokyo Tale: http://oyster.ignimgs.com/wordpress/stg.ign.com/2013/07/AttackOfTheFridayMonsters_072613_1600.jpg
Si torni ai robot. Per chi, dopo aver letto il libro, sentisse il bisogno di un approfondimento, il consiglio è di non perdersi la sfida "kaiju vs jaegers" del recente Pacific Rim (Guillermo del Toro, 2013), senza preoccuparsi troppo delle contaminazioni del cinema americano – cui manga e anime devono qualcosa (Condry, 2013, p.94) – o della trama lacunosa – perfettamente in linea con il genere.
Recentemente, Jeeg e Mazinga sono tornati alla ribalta grazie a due lavori di Go Nagai (padre delle due serie): guardate Kotetsushin Jeeg (Kōtetsushin Jīg, 2007) e Mazinger Edition Z: The Impact! (Shin Majingā Shōgeki! Z Hen, 2009) solo dopo aver apprezzato le serie degli anni Settanta e a patto di abbandonare ogni furore filologico. Da qualche parte in rete, c'è addirittura un progetto remake di Goldrake in grafica 3D e live action – attualmente arenatosi.
Il videogioco The Attack of Friday Monsters! A Tokyo Tale (Level-5, Nintendo 3DS, 2013) è un'altra buona scelta. Ambientata in un sobborgo periferico della Tokyo del 1971, questa favola propone l'atmosfera tipica dell'epoca degli eroi giganti da prime time televisivo (non a caso i mostri appaiono ogni venerdì). Del gioco, particolarmente ispirata è l'introduzione (mia traduzione):
Negli anni Cinquanta, la fiorente industria cinematografica giapponese reiventava i monster movie. I mostri giganti dell'era –"kaiju" – spesso simboleggiavano i nefasti effetti di inquinamento, radiazioni ed esperimenti con la bomba all'idrogeno.
Negli anni Sessanta e Settanta nasceva il genere "hero show". Coraggiosi eroi sfidavano i kaiju in prima serata con l'intera nazione paralizzata davanti al televisore.
Questi eroi avevano le dimensioni dei terribili nemici. Tuttavia, più che una minaccia, essi erano amici dei figli del Sol Levante, se non padri pronti a proteggerli qualunque fosse il sacrificio loro richiesto...
La serie di videogiochi Super Robot Taisen (Sūpā Robotto Taisen) rappresenta un must. In particolare, a 4th Super Robot Wars (Dai 4 Ji Sūpā Robotto Taisen, Banpresto, Super Famicom, 1995) il merito di aver proposto al pubblico la distinzione tra super e real robot.
Infine, date più di un'occhiata alla serie La fortezza dimensionale Macross (Chōjikū Yōsai Makurosu, 1982), la cui assenza dal libro di Cantino resta ingiustificata.