Karl Marx al Salone del Mobile

7 Aprile 2014

Fabio Novembre ha incontrato Lapo Elkann. E' accaduto in occasione di un evento organizzato durante un vecchio Salone del Mobile. L'incontro è documentato da un video caricato su internet.
Fabio Novembre è un designer noto, popolare. Spesso il suo corpo, la struttura nel suo complesso, i muscoli magri che si flettono sopra le ossa, le braccia lunghe che si muovono come rondini, appaiono attraversati da brevi scariche di elettricità. Una luce gli corre nelle pupille simile ad una goccia di mercurio. E' una persona curiosa di tutto.

 

 

Lapo Elkann è invece un imprenditore e a sua volta un designer.
Fabio Novembre parla, Lapo Elkann ascolta. Così inizia la clip. Aprile 2010. Quattro anni fa. Fabio Novembre introduce Lapo Elkann. Lo presenta al mondo come una star. Come un talento eccezionale. Novembre è amico e galante. Elkann porge l'orecchio. E' lusingato e forse intimidito. Così lusingato e intimidito che sembra di sentirne una porzione interna del corpo mentre si strugge e sbriciola. Un piccolissimo rumore infinitesimale pulsante sotto il centro umido del suo cuore tra i due ventricoli. Il bianco del completo è il candore di lui rovesciato sul tessuto. Lo sguardo è quello di un labrador biondo davanti ad un bimbo con la palla di spugna. Intorno si sente un brusio di scarpe che vanno e vengono. Si è formato un cerchio di curiosi.

 

Lapo Elkan, Fabio Novembre

 

Poi accade qualcosa che resta fissato nelle immagini. L'istante in cui uno spettro  appare. Lo spettro di Karl Marx. Un fenomeno paranormale. Un getto gastrico di materia trapassata colata nel presente attraverso uno fenditura nello spazio\tempo. Oppure semplicemente un sosia. Lo vediamo traversare l'inquadratura e scomparire. Come Alfred Hitchcock in 'Vertigo'. Ma poco dopo, non appena Novembre pronuncia la parola 'oggetti', lo spettro -o il sosia- torna sui suoi passi. Quel vocabolo, che afferisce all'universo della produzione e del lavoro, cioè al suo antico campo di ricerca, forse ha tintinnato famigliarmente tra la peluria grigia delle orecchie. “Oggetti...Oggetti...Oggetti”. Il filosofo, così, torna indietro e prende posto tra le persone disposte in cerchio. Completo scuro, camicia bianca. La barba è buffa e luminosa come una nuvola in un bel cielo d’aprile.

 

Lapo Elkan

 

E poco dopo lo spettro tira fuori una grossa macchina fotografica. Inizia a scattare, a scattare, a scattare. Ad ogni click segue una specie di risucchio. Vuole documentare. Magari vuole fare un tagliando delle sue teorie. Capire se funzionano ancora. E' questa la ragione per cui si ostina a circolare tra i viventi? Oppure è la nostalgia che lo ha strappato alla polvere e alla fossa? E' la nostra nostalgia che lo costringe a vagare per il mondo, così sottopeso e comunque impeccabile nell'abito scuro? E' la nostalgia che fa di lui un fantasma tanto seduttivo e gagliardo? E' la nostalgia che rende io che scrivo e tu che leggi una coppia così ben disposta alla sospensione dell'incredulità?

 

Fabio Novembre, Lapo Elkan

 

Fabio Novembre non si accorge della presenza dello spettro. Continua a discutere con Lapo Elkann. E' un fiume in piena: “Io questa sera, Lapo, penso che tu sia un glam designer. Che è qualcosa di più di un industrial designer. Cioè, te lo spiego: tu, guarda che cazzo sta succedendo qua attorno, tu porti il glam in un mondo che ne ha un bisogno disperato. Questo credo sia veramente un bel plus”. Lo spettro insiste ad avvicinare l'occhio all'obbiettivo e a scattare. Tira fuori una penna, ad un certo punto, e un taccuino, e comincia a scrivere, a stendere appunti su un foglio. A 1,33 sembra volere informarsi e chiedere ad un persona a fianco chi siano quell'uomo che parla e quell'altro che ascolta. Pura somma di fragilità animali, Elkann è un labrador la cui pelliccia bionda avvolge il cuore di un cardellino. Novembre: “Cazzo, Lapo, è sempre un livello di energia”. Quasi grida: “Ce lo siamo detti mille volte...UN TAVOLO, UNA PANCA, UNA LAMPADA, MA E' UN LIVELLO DI ENERGIA...E' VERO? […] Tu riesci a progettare energia, guarda che cazzo riesci a combinare, e questa è una cosa che ti distingue da tutti gli altri...”.

 

Lapo Elkan Fabio Novembre

Che cosa è quindi che nel glam design, e grazie a questo fluire di energia, fa si che un tavolo, una panca, una lampada, sembrino altro da ciò che fondamentalmente sono, cioè prodotti del lavoro umano? E' cambiata la natura della merce dal tempo della morte di Marx? Le merci si sono fino in fondo trasformate in una fantasmagoria, cioè in ciò che Marx aveva intuito all'inizio della rivoluzione industriale? Marx parlò di  fantasmagoria della merce, di feticismo della merce. Di un quid che avvolge la merce, rendendola viva, accattivante, irresistibile, infinitamente desiderabile. Qualcosa di magico che va oltre il rapporto di produzione. Novembre parla invece di glam design. E che cosa significa la parola glamour? O meglio: da dove arriva? Glamour deriva dal latino grammatica, ho scoperto. Un tempo grammatica significava, come oggi, ‘scienza che studia gli elementi costitutivi di una lingua’; ma anche ‘correttezza nella propria lingua’. E per estensione: ‘latino’. Cito da fonte internet: “Siccome però l’avere a che fare col latino scritto, già nel medioevo lingua che era appannaggio dei soli dotti, e l’impegnarsi negli studi che lo riguardavano vennero sempre più visti dalla gente incolta come manifestazione di sofistica pedanteria, ben presto grammatico e grammatica furono sommersi dall’onda della degradazione semantica”. Così Grammatica cominciò a suggerire l'idea di qualcosa di fumoso, complesso, e poi di misterioso, esoterico. Come nel francese grimoire, 'libro di stregoneria'. “Di qui il termine passò in Scozia mutato in glamour”, con il significato di 'fascino', 'seduzione'. Per questo ciò che Novembre intendeva con glam design, in quell'incontro al Salone del Mobile, è davvero compatibile, a un secolo e mezzo di distanza, con ciò che Marx intendeva con 'feticismo delle merci'. 


Novembre è vestito di scuro. Elkann in bianco. Novembre indossa dei grossi anelli da santone, da mistico, da stregone. Due giovani uomini. Attraenti, di successo. Canalizzatori dell'energia globale che s'irradia per il pianeta. Hanno le orecchie ficcate in cielo, in ascolto di ogni beat: tun-cha, tun-cha, tun-cha. Restano entrambi inconsapevoli della presenza di uno spettro. Si alzano dalla panca, si stringono l'uno all'altro, e lo spettro scompare, come un pianeta eclissato dall'abbraccio di due astri.

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