New Jersey a Milano / L’arte per cancellare la paura del terrorismo
Lunedì 19 dicembre 2016, ore 20:02.
Sono questi il giorno e l’ora esatta in cui il terrorismo è tornato a spaventare l’Europa. Un fotogramma temporale di una strage, quella avvenuta nel mercatino di Natale di Berlino, nel quartiere di Breitscheidplatz. Sono passate da poco le otto di sera quando Anis Amri, 24enne tunisino, piomba con un camion rubato sulla folla che camminava lungo le bancarelle. Il bilancio finale della sua folle corsa parla di 12 morti e 56 feriti. L’ennesimo sacrificio (in)umano in nome della causa dello Stato Islamico (Isis), che poche ore dopo ha rivendicato le gesta assassine del suo foreign fighters.
Nonostante la natura totalmente imprevedibile di questo attentato, gli Stati europei si sono subito mobilitati per prendere contromisure contro il rischio “camion-killer”. Il Governo italiano, il 20 dicembre, ha deciso di potenziare l’operazione “Strade sicure”, già in corso dal 2008. Prefetti e Questori hanno messo in atto le disposizioni del Viminale, ponendo in sicurezza tutti i luoghi sensibili. Sull’esempio di Berlino, gli ingressi di piazze, mercatini, concerti, musei ed attrazioni turistiche sono stati blindati dall’Esercito Italiano con i new jersey, barriere antisfondamento in calcestruzzo, dal peso di circa 40 tonnellate l’una. Il loro nome prende origine dall’omonimo Stato americano, che nel 1955 installò la prima barriera mediana, alta soltanto 18 pollici.
A Milano i new jersey sono stati disposti lungo l’asse San Babila-Duomo-Castello, in zona Darsena e in piazza Gae Aulenti. Questa decisione forzata di ordine pubblico è stata l’occasione per ampliare un progetto intrapreso un anno e mezzo fa, “Muri liberi”, un’iniziativa pensata dall’assessore dei Lavori pubblici e Arredo urbano, Carmela Rozza. Lo scopo del progetto è duplice: da un lato liberare i muri pubblici e privati da tag indesiderate, dall’altro rispondere alla rivendicazione di alcuni writers di avere spazi liberi su cui disegnare. I 100 muri regalati dal Comune a questi artisti sono così diventati in poco tempo delle vere e proprie gallerie d’arte a cielo aperto. Di riflesso non sorprende come molti street artist abbiano accolto con grande entusiasmo la nuova proposta dell’assessore Rozza, che ha esteso il progetto ai new jersey installati nel periodo natalizio. Lo scopo è «rendere queste strutture necessarie alla sicurezza, esteticamente poco piacevoli, più belle ed allegre». I primi writers hanno iniziato a decorare le barriere di piazza Duomo nel pomeriggio del 23 dicembre.
Tra questi troviamo Manuel Schianchi, un giovane street artist la cui tensione artistica si spinge verso la rappresentazione (e spesso snaturamento) dei corpi umani. Le tre Grazie poste a protezione del Duomo sono il suo “grazie” per la grande opportunità avuta di poter disegnare liberamente nel cuore di Milano, non certo un’esperienza quotidiana nella girovagante vita di un artista di strada.
Sull’altro lato di questo new jersey uno pseudo Oobleck raffigura quella che sembra una tendopoli che sta per essere inghiottita dal mare. Dalla mitologia greca alla tragica realtà che ogni giorno si consuma nel Mar Mediterraneo, per poi tornare, come in un continuo ciclo di morte e rinascita, alla tematica cristiana proposta da Nemesi Art, che ripresenta sulla barriera accanto “La Creazione di Adamo” di Michelangelo.
Passeggiando dal lato di Via Orefici a quello di Via dei Mercanti la prospettiva viene totalmente stravolta dal tocco stravagante di Eleonora De Giuseppe, in arte “La Pupazza”. L’artista salentina è riuscita grazie al proprio occhio, logo ufficiale del “Pupazzismo”, a portare i propri lavori sui muri di Milano, Londra, Berlino, Amsterdam e Sydney. Un occhio sempre aperto, come un finestra che si affaccia sul mondo. Un occhio mai giudice, ma tenero, femminile, che ha voglia più di parlare che di guardare. Nella sua estrosità, espressa con colori accesi e immagini che sembrano uscite da un videogames, risiede il suo bisogno estremo di comunicare, come se l’occhio, una volta catturato tutto ciò che lo circonda, schizzasse le proprie idee sul muro, realizzando i propri sogni. Lo stile de “La Pupazza” è leggero, mai superficiale, e permette di guardare il mondo sotto un’altra prospettiva. Come se il piatto di pastasciutta disegnato sul new jersey «fosse una donna con il cappello bianco, che capovolgendo il nome scopriremo chiamarsi “Asciutta Pasta”».
Uscendo dal Duomo e incamminandosi verso il Castello Sforzesco, ci sono i new jersey decorati da Luz. «La grande sfida di questo artista è il continuo tentativo di comunicare la realtà attuale, con un linguaggio e un’estetica immediati – commenta la collega Stefania Ramella – Come a livello multimediale sono stati in grado di fare la saga dei Simpson o il grande cinema di Quantin Tarantino, anche le opere di Luz giocano con questo continuo Citazionismo Pop, che si estende dal Neoplasticismo di Mandrian, al dripping di Pollock, fino alla deformazione fisiognomica di Picasso. Provenendo dall’ambiente teatrale anche i temi e le atmosfere che propone si riconducono a questa arte, ricca di luci controverse che lo trasformano in un artista visuale. La maschera dei suoi personaggi senza volto diviene dunque il simbolo del senso di solitudine e di omologazione che permeano i suoi disegni. Siamo diventati muti, incapaci di esprimerci all’interno del rumore assordante della città. Luz dichiara con coraggio la propria difformità a questo sistema, in una diversità preziosa in sé, anche quando il suo potere di influenzare il contesto circostante rimane utopico.
Altro artista presente con i propri murales sia in Duomo, sia all’ingresso di Piazza Gae Aulenti è Andrea Bertoletti, in arte “Berto191”. Street artist milanese 25enne, si è laureato nel 2015 presso l’“Accademia delle Belle Arti di Brera” e ha intrapreso la carriera di writers nel 2007, maturando nell’utilizzo di diverse tecniche e materiali da disegno. Nelle sue opere si posso ammirare colori vividi creati con smalto e acrilico, ma allo stesso tempo colpi e movimenti di pennello, o spruzzature. Gli elementi della natura, dai paesaggi agli animali che vi abitano, sono i motivi principali dei suoi murales, come nell’opera “LandEscape” sita in piazza Duomo. Non un semplice scenario naturale, ma un’evasione bucolica da questo caos, da questi luoghi ora colmi di paura, verso una dimensione naturale che possa far riscoprire le proprie origini e, forse, ritrovare la propria pace. Questa peculiarità emerge anche in “Trees with tropical birds”, disegnato in collaborazione con Manu Invisible sul new jersey davanti al Bosco Verticale. Il pappagallo incorniciato tra le foglie di palma e monestera si colloca perfettamente dinnanzi al palazzo di ultimissima generazione, quasi come se l’animale volesse spiccare il volo dal suolo verso il suo habitat naturale. Il murales è cosi in grado di snaturare agli occhi dello spettatore la vera funzione della barriera antisfondamento, rendendola parte integrante dell’edificio e, allo stesso tempo, mettendo in evidenza il rapporto costante, e spesso problematico, tra città e natura.
Proprio il coautore di “Tress with tropical birds”, Manu Invisible, ha rilasciato al giornalista Paolo Currelli un’intervista in cui spiega le motivazioni che lo hanno spinto a collaborare a questo progetto. Lo scorso anno l’artista mascherato di origine sarda, assolto in Cassazione dall’accusa di vandalismo per un suo disegno su un muro della periferia milanese, è divenuto il simbolo del movimento dell’arte di strada. Il suo propagandismo si concentra anche nell’opera “Navidad” di Piazza Duomo, che si è subito caricata di un forte significato dopo l’uccisione di Anis Amri a Sesto San Giovanni. I temi dei suoi disegni, legati all’idea della famiglia e del Natale (due renne, una madre con un figlioletto, ndr), hanno il preciso e non semplice scopo di rasserenare il periodo festivo alle persone che passeggiano ammirando le sue opere. Una creatività messa al servizio della lotta contro l’ingiustizia e la violenza, perché, come affermato da Manu Invisible, «l’arte nella storia è sempre stata un modo per reagire alla negatività che il mondo ci costringe ad affrontare ogni giorno».
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È innegabile come la guerra all’Isis si stia combattendo su due fronti: quello armato e quello culturale.
La barriere poste a protezione dei bersagli sensibili possono custodire al loro interno un senso di ordine e di acquisizione culturale. Ma possono bloccare, per esempio, la paura? L’episodio del 3 gennaio al McDonald’s di Piazza Duomo, quando i rumori fortissimi di una compattatrice guasta vennero scambiati dai clienti del fastfood per dei colpi d’arma da fuoco, lasciano pochi margini di risposta a questa domanda. Dove non arrivano a proteggere le barriere fisiche, la cultura e l’arte possono allora forse essere un tentativo di recupero delle nostre certezze, della nostra identità e delle nostre radici andate in crisi. Come Luz ha provato a esprimere attraverso i suoi murales, la nostra reazione attuale non dovrebbe dunque essere un silenzio sordo e omologato (dettato dalla paura), bensì una forte e convinta reazione sul piano socioculturale. Proprio quello che gli attentatori vorrebbero stravolgere. Proprio quello che questi artisti hanno provato a ravvivare e riavviare, spezzando il grigio dei new jersey. Forse non sarà la soluzione completa e definitiva ai nostri mali attuali, come può non esserlo stato il progetto “Muri liberi” per la riqualificazione dei quartieri milanesi e la lotta al fenomeno del vandalismo. Un primo tentativo andava però fatto ed è stato fatto e, se addirittura il camion della strage di Natale di Berlino potrebbe finire nel Museo di storia tedesca di Bonn, chissà se un giorno anche questi new jersey colorati potranno essere conservati e considerati come uno dei simboli della nostra lotta culturale al terrorismo.