Mi chiami semplicemente Stockhausen

14 Febbraio 2014

Pubblichiamo un estratto dell'introduzione di Massimo Viel a Karlheinz Stockhausen, Sulla musica, a cura di Robin Maconie, Postmedia book da pochi giorni in libreria
 

 

“Il 22 Agosto 2012, appena due mesi fa e circa quattro anni e mezzo dopo la morte del compositore, abbiamo avuto l’ultima occasione di assistere alla prima esecuzione di un lavoro di Karlheinz Stockhausen. Si tratta del MITTWOCH (Mercoledì), la terza opera, nell’ordine progettuale, delle sette che compongono il ciclo LICHT (Luce), ognuna dedicata a un giorno della settimana. A dir la verità il Mercoledì era già stato rappresentato nelle sue singole sezioni e in versione concertistica, il che nel contesto delle produzioni stockhauseniane significa essenzialmente senza scenografia o make-up particolarmente complessi, ma già con i movimenti e le posizioni sul palco dei musicisti previste dal compositore e possibilmente con costumi appropriati alla scena che viene rappresentata (quello che Stockhausen chiama versione quasi-konzertante in opposizione alla versione szenische).

 

Certo la complessità dell’allestimento, che prevede tra le altre cose il famigerato HELIKOPTER-STREICHQUARTETT (il Quartetto per Archi ed Elicotteri) e un brano in cui è previsto che i musicisti suonino mentre volteggiano per aria, ORCHESTER- FINALISTEN (I Finalisti dell’Orchestra) ha avuto senza dubbio un ruolo importante nel ritardarne di ben quindici anni la realizzazione teatrale rispetto alla data della sua composizione. Dobbiamo quindi ringraziare la perseveranza della Fondazione Musicale Stockhausen e di chi la guida, le paradigmatiche interpreti dell’opera del compositore Suzanne Stephens e Kathinka Pasveer, nonché sue compagne di vita, se l’opera di Stockhausen nel suo complesso, al contrario di ciò che avviene per molti compositori a lui coevi seppure di notevole importanza artistica e storica, è riuscita a mantenere desta su di sé l’attenzione di Festival e pubblico e a realizzare quindi la complessa rete di accordi e progettazioni che l’allestimento di un lavoro come il Mercoledì da Luce può richiedere.

 



La Fondazione non nasce per caso, magari con il compito di mettere ordine nel lascito scomposto di incartamenti e oggetti abbandonati dalla morte improvvisa del compositore. Al contrario: è da sempre che Stockhausen insieme ai suoi assistenti si prepara a immergersi nell’eternità della cultura, raccogliendo meticolosamente documenti video, appunti, registrazioni e strumenti, in modo di scongiurare o almeno cercare di prevenire l’arbitrarietà, i fraintendimenti e le negligenze che lo scorrere del tempo comporta. La Fondazione Musicale Stockhausen nasce nel 1994, quando il compositore ha 66 anni, ed è solo l’ultima delle iniziative promosse dal compositore per garantire l’integrità del suo corpus artistico, dopo la fondazione nel 1991, rivoluzionaria per l’epoca, di una propria e autonoma casa editrice e la pubblicazione dei volumi, dieci fino ad ora, che raccolgono i testi del compositore. A molto tempo prima, cioè almeno al periodo di composizione di KONTAKTE (Contatti) nel 1960, risale invece il tentativo da parte di Stockhausen di fondare consapevolmente una tradizione interpretativa della propria opera non solo attraverso l’addestramento di interpreti di fiducia, ma anche attraverso un ferreo controllo delle esecuzioni delle sue opere, fino al punto di diventare parte fondamentale dell’organizzazione stessa dei concerti e di richiedere per essi non solo interpreti e tecnici “autorizzati”, ma anche, ad esempio, marche e modelli precisi di altoparlanti per la diffusione in sala.

 

Oggi la Fondazione Stockhausen organizza corsi estivi, cosa che fa dal 1998, produce e vende CD, DVD, partiture, libri, poster e promuove persino degli articoli di merchandising. Inutile quindi precisare che il catalogo completo dello opere, di CD, libri e film nonché una bibliografia costantemente aggiornata sono disponibili liberamente sul sito stesso della Fondazione (www.stockhausen.org) e questo è anche il motivo per cui abbiamo scelto di non includerle in questa traduzione del libro di Maconie, che invece le presentava, aggiornate alla data di pubblicazione del libro, nelle appendici finali del suo testo. Certo tutta questa furia del documentare, questo impeto quasi ansioso nel raccogliere i frammenti deperibili dell’esistenza per congelarli e consegnarli alla storia, questo desiderio di immortalarsi nel simulacro vengono incarnati da Stockhausen in modo unico ed estremo, quasi fino a trasformarne il cognome in un marchio, che non vuole essere accompagnato da formule di cortesia o epiteti formali, e che arriva a oscurare la presenza del nome per essere semplicemente “Stockhausen”, come il compositore richiedeva, a volte esplicitamente, di essere chiamato. Il simulacro esiste per l’eternità, al di fuori del tempo e in effetti non è un caso che proprio il tempo sia uno dei temi più importanti dell’intera opera di Stockhausen: lo testimoniano in modo lampante i titoli delle opere che compongono il ciclo LICHT, dedicate ai giorni della settimana, o ai brani legati al successivo ciclo KLANG (Suono), che è rimasto incompleto e che è dedicato alle 24 ore del giorno.

 



Ad esempio: il tempo. Si dibatte oggi se la musica sia un’arte del tempo o dello spazio, perché se è vero che ciò che noi percepiamo deriva in essenza da vibrazioni più o meno periodiche, queste vibrazioni hanno bisogno di uno spazio riempito d’aria (o da un qualsiasi altro medium elastico) per giungere al nostro orecchio. Ogni musicista sa però quanto il tempo sia fondamentale nella pratica musicale e nella composizione, così che la storia della musica occidentale sembra dipanarsi attraverso successive innovazioni nel modo di rendere la componente temporale della scrittura musicale, fino a permettere il contrappunto, l’armonia, l’invenzione formale e così via. Stockhausen sviluppa ulteriormente questo percorso in primo luogo tematizzando il tempo nella propria produzione musicale.

 

Forse il primo titolo che si riferisce in modo esplicito al tempo è ZEITMASZE (Misure di Tempo), del 1955, seguito da tre titoli dedicati alla circolarità della ripetizione (ZYKLUS, REFRAIN e MANTRA) e dal lavoro fondamentale MOMENTE (Momenti), in cui il compositore affronta esplicitamente il tempo dal punto di vista dell’esperienza, risolvendolo in frammenti costituiti da istanti eterni (i “momenti”, appunto), qualità esperienziali legate tra loro da memoria e speranza. Vi sono poi altri titoli come STOP (con il suo “spin-off” STOP UND START) e i brani del periodo “intuitivo” riconducibili al tempo, come RICHTIGE DAUERN (Durate giuste), VERKÜRZUNG (Accorciamento), ANHALT (Fermata) e anche VORHANUNG (Presentimento). Ma è a partire da SIRIUS (Sirio), un brano di 90 minuti per quattro solisti e suoni elettronici del 1975, che Stockhausen inizia a utilizzare esplicitamente sistemi culturali di misurazione del tempo per costruire la forma musicale.

 

La sezione centrale di SIRIUS, ad esempio, intitolata DAS RAD (La Ruota) è strutturata come un intero anno e divisa quindi in quattro stagioni. Il compito di rappresentare lo scorrere dei diversi momenti dell’anno è riservato ai segni zodiacali, interpretati dalle melodie, che erano state composte nel 1974 sotto il titolo collettivo di TIERKREIS (Zodiaco). In particolare, alle melodie di Cancro, Bilancia, Capricorno e Ariete, associate a uno dei quattro solisti, spetta il compito di rappresentare ognuna un’intera stagione e sono sottoposte al complesso processo di metamorfosi compositiva che caratterizza la parte elettronica, mentre le rimanenti otto melodie sono utilizzate in modo molto riconoscibile, solo per scandire il passaggio da una stagione all’altra. Infine, la struttura circolare della Ruota permette di orientare il brano a seconda del periodo dell’anno in cui viene eseguito, così da iniziare con la stagione in corso.”

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