Pallavicini. Una commedia italiana

17 Aprile 2014

“Beviamoci un vero Martini” dice. “Una delle tre cose da fare prima di morire. La seconda è provare il risotto alla milanese, come lo faceva Marchesi. Quello vero. Marcello, non Gualtiero.” (a pag. 185) Soltanto a quel gran signore del Piersandro Pallavicini, Una commedia italiana (Feltrinelli), professore associato di chimica supramolecolare nell’università di Pavia, romanziere feltrinelliano da 12 anni, poteva venire in mente una scena del genere. Il preparatore di Martini è Alfredo Pampaloni, 82 anni suonati, già industriale caseario e sedicente inventore del claim “Galbani vuol dire fiducia”.

 

L'azione si svolge in gran parte nell'agosto 2012, a Solària, immaginario paesino dolomitico tra la Val di Cielo e la Val di Non, dove il Pampaloni ha riunito una famiglia variegatisssima. Ci sono infatti da vendere la villa di Milano, dove la famiglia è cresciuta e si è arricchita, e questa di montagna. La famiglia in causa è molto articolata, come piace al Pallavicini narratore. C'è Carla, che insegna Chimica in Statale, a Milano, e somiglia ad Ave Ninchi (Ave Ninchi lavora con Tino Scotti nella Famiglia Passaguai, gioiello singolare della prima commedia all'italiana: i nomi pallaviciniani sono tutti una storia). Si è laureata sotto la guida del professor Tersilli (cognome del noto medico interpretato da Alberto Sordi in film che tutti hanno visto almeno 25 volte). Suo marito, Gigi Scotti, è un genio della fisica, in odore di Nobel. Hanno un figlio che, a scuola, va benissimo come il padre. Carla porta con sé in Paola Ottolina, amica, compagna di studi e di lavoro. Ottolina è così brutta che il Pampaloni la chiama el càn bulldog; ma, al modo di Carla, tutto sopporta.

 

A completare gli attori principali ci sono Edo, fratello minore di Carla, mercante d'arte molto male in arnese a Londra, la moglie londinese di lui e i due gemelli loro figli; insopportabili. Carla e Paola, cinquantenni brutte e pazienti somigliano un poco alle mogli dei due anzianotti gaudenti sulla Côte d'Azur che Pallavicini aveva dipinto in Romanzo per signora (Milano, Feltrinelli, 2012): e, in qualche maniera, Alfredo Pampaloni è parente di quel favoloso Cesare Corsico-Piccolini che raccontava il viaggio Vigevano-Nizza. Stavolta, però, è proprio la professoressa Carla a tessere le fila della storia che, dalla metà circa in avanti, assume contorni misteriosi.

 

Piersandro Pallavicini

 

Attorno al vecchio Pampaloni succedono fatti strani e poco spiegabili e, a indagare, viene chiamata la strepitosa Erica Daldosso, 60enne viceispettore di polizia, una Edwige Fenech meno formosa ma molto più sarcastica. L'anziano industriale è prossimo alla fine dei suoi giorni e, avendo coscienza, non si tiene in niente e per nessuna ragione. Cresciuto nel mito di Gunter Sachs, ha vissuto prima della Rivoluzione e, in quanto tale, ha conosciuto la douceur de vivre. Sapendo quindi che il ya de bonheur dans la vie, vive come si fosse ancora in quegli irripetibili anni Sessanta. Per questo motivo, guida come un pazzo la sua Jaguar XJ (anche Piersandro Pallavicini ne è cultore), beve benissimo e usa non già vestiti, ma autentiche divise: camicia azzurra slacciata fino al terzo bottone, giacca bianca di lino, pantaloni anche loro di lino, mocassini scamosciati, senza calze (pag. 20; la filologia richiederebbe la camicia in lino a righe bianche e azzurre, ma son poi dettagli).

 

Soprattutto, e Carla lo racconta con scetticismo di figlia innamorata, Pampaloni è stato, forse è ancora, titolare di una doppia vita da leggenda.  Negli anni in cui costruiva le sue fortune col formaggio, si prendeva estati favolose, a contatto con il grande cinema d'allora. Se Gunter Sachs era il mito maschile, il modello da imitare, la donna era ovviamente Brigitte Bardot, che ne fu moglie per 3 anni. C'erano sono poi i produttori (solo un cinéphile autentico come Pallavicini poteva ricordare Georges de Beauregard), gli attori, gli sceneggiatori.

 

Su tutti, c'era Marcello Marchesi, che tutela la prosa scintillante di questo gran romanzo comico e dandy, ne détta i tempi, ne suggerisce le atmosfere da Uomo di mezza età, dalla battuta sagàce e sempre, rigorosamente avulsa dal cinismo corrente. Siccome al Pallavicini il tono dandy non sembra abbastanza, ecco che la Carla e la Paola hanno la passione del pop progressivo inglese Ecco perciò che, nei 4 brevi autunni inglesi che interpuntano il racconto, spuntano i nomi notissimi di Genesis ,Van Der Graaf Generator, Titus Groan (!) e, addirittura Marillion (imperdibile, a pag. 175, la cronaca di un loro concerto al Marquee, molto rimpianto club in Wardour street). Veloce come La voglia matta, elegante come La voglia matta, musicale come Blow up, Una commedia italiana è la conferma che Pallavicini vuol dire fiducia.

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