Speciale

Ravatti

8 Ottobre 2011

Non coelum, sed animum mutat                                                                                                  
 

La massima d’Orazio il pigro sono anni che l’ho apprezzata. Viaggio dentro il mio cranio io, dall’epoca della prima operazione a calotta scoperta e senz’anestesia (1925). Da quando la grande Palla è stata invasa dalle lattine di coca cola e te le trovi fra i piedi anche nei fiumi ghiacciati del Passaggio a Nord Ovest, ho smesso di sognare scoperte di Isole Sconosciute, Monti Analoghi ecc. L’Avanguardia italiana poi mi spinge a fare solo i brevissimi percorsi necessari alla vita di tutti i giorni, ma con gli occhi ben chiusi: per non subire l’aggressione dei cartelli pubblicitari in vana e isterica e ripetitiva ed effimera trasformazione. Sui monti Sibillini è sparita persino l’eco della gran maga e non parliamo delle Dolomiti e Cortina d’Ampezzo: l’oleografia è entrata in tutte le case, via cavo o antenna satellitare. Alla sola parola turismo, il cancro del nostro secolo (nei due precedenti si potevano ancora sognare, con  Melville o Conrad, deserti marini e approdi esotici), mi si rizzano i capelli sulla testa. Cioran cita Bodidharma, che è stato nove anni davanti a un muro bianco a meditare ed era il quinto secolo dopo Cristo; figuriamoci oggi, non gli basterebbe una vita! No, decisamente, inutile la ricerca di fantomatiche vie dei Canti e la ricerca d’altri cieli dove non veder più nemmeno l’ombra dei miei simili, perché persino la Tebaide la puoi trovare solo nella Storia: le Tentazioni si sono mangiate Antonio, Gerolamo and company. Della teoria che il Primate, anche quello bipede, superiore per eccellenza, sia una specie migratoria rido di gusto: l’ilarità seppellisce di colpo tutti i Chatwin, i Long, i Fulton e prima di lui Constable e tutti quelli del pionierismo positivo di anglosassone matrice. Me ne sbatto dei loro interessati ragionamenti. Fine.

 

In queste condizioni di spirito, nel ’79, capito improvvisamente e per caso davanti a grandi architetture silenziose: altissime torri di decantazione, un intrico indescrivibile di tubi di tutte le dimensioni, piramidi di legna segata sormontate da dinosauri di ferro, serbatoi, forni, ecc. Chiusa in una valle morenica, a 25 km da Milano, nel centro della frenetica Pianura Padana, l’ex Cartiera Vita-Mayer abbandonata dall’oggi al domani dai duemila operai che la popolavano, iniziava la sua marcia inesorabile verso il Silenzio. Davanti ai miei occhi scorreva lento un vero e proprio deserto artificiale. Era il cronotopo, la Fine della Strada: quattro chilometri quadrati di morchia di macchina, acqua ad alta concentrazione di Idrocarburi fossili, cemento sgretolato, cellulosa in decomposizione, F203 (H20)3, solfato di calcio ecc. Emanavano un odore indefinibile e perfetto.

 

Da quel giorno sono tornato spessissimo in quel posto: vado a passeggiare, osservo la punta delle mie scarpe, dimentico.  

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