Sam Zabel e la penna magica di Dylan Horrocks
Di tutte le forme e i generi narrativi il fumetto è probabilmente quello che più di ogni altro è legato alla dimensione dell'evasione, utilizzato com'è da milioni di lettori come strumento a buon mercato con il quale, senza fare nemmeno troppo sforzo, ci si può proiettare in universi più o meno lontani dal nostro, infiniti mondi finzionali dove regnano codici e regole facilmente riconoscibili e governabili. La sedimentazione della pratica del romanzo grafico, per come questa è stata sintetizzata da Will Eisner in poi, ha certamente mescolato le carte, ampliando in modo esponenziale le potenzialità del fumetto e facendo della narrazione sequenziale uno strumento attraverso il quale affrontare temi complessi e ambiziosi con l'immediatezza dell'incontro fra parola scritta e disegno.
Non è un caso dunque che sulla copertina italiana di Hicksville campeggi la dicitura "Un romanzo di Dylan Horrocks". Autore neozelandese considerato fra i giganti del graphic novel contemporaneo, Horrocks sale alla ribalta internazionale nel 1998 con questo suo primo lavoro annoverato fra le pietre miliari del genere, dove il poco più che trentenne Dylan mescola in modo sapiente e unico l'irrinunciabile (e ambivalente) voglia d'intrattenimento con elementi autobiografici e sorprendenti riflessioni metalinguistiche. Il successo di quel libro fu in qualche modo l'inizio di un percorso lungo e a tratti doloroso per l'autore, la cui elaborazione è alla base del suo nuovo romanzo grafico Sam Zabel e la penna magica, uscito nel 2015 a ben 17 anni di distanza del precedente e pubblicato in Italia per i tipi di BAO Publishing.
Una tavola tratta da “Hicksville”
Partire dalla disperazione per ritrovare la strada del ritorno
Il successo commerciale per molti artisti può essere una vera maledizione, una strada senza ritorno verso il capolinea della propria creatività. Questo è di certo ciò che accade a Sam Zabel, fumettista già fra i personaggi di Hicksville, da anni vittima di un blocco creativo che nasconde una depressione profonda. Come capita a molti scrittori di fumetti dopo il successo di alcuni lavori fortemente autoriali, scritti con scarsi mezzi e ancora minori guadagni, arriva la seduzione dell'industria dei comics di super eroi. Easy money for cheap thrills si potrebbe dire. Per alcuni il gioco funziona, per altri diventa persino una modalità ancora più interessante per dare sfogo al proprio essere narratori. Per Sam nulla di questo avviene. I soldi guadagnati scrivendo l'ennesimo reboot di Lady Night – sorta di Bat Woman un tempo protagonista di storie cariche di fantasia e mistero ma oggi ridotta a essere "una porno diva volante" – non bastano a colmare il senso di profonda inutilità dei propri sforzi. Per un autore come lui, che da sempre identifica la vita con il proprio lavoro fino a farne materia stessa del racconto, le scazzottate di una procace vigilante non rappresentano più nulla. Ma non tutto è perduto. Il caso e l'incontro con un vecchio fumetto di fantascienza lo proietteranno in una mise en abyme che lo farà tornare alla radici stesse della propria "missione" di fumettista.
La copertina di “Sam Zabel e la penna magica"
Fuggire in un mondo che ha significato
Il verosimile, la sospensione dell'incredulità, il puro desiderio di evasione. Tutti questi elementi concorrono a costruire il motore primario della passione per il fumetto. Questo Sam lo sa bene. Pur avendo perso la fede nelle proprie capacità il nostro autore in crisi ricorda ancora in modo lucido il piacere assoluto provato da bambino dall'immersione in una rivista a fumetti. In tutto questo ci sono due forme di narcisismo che si rispecchiano l'una nell'altra. Quella del lettore e quella dell'autore, entrambi uniti dalla dimensione del piacere dato dal lasciare la realtà per buttarsi a capofitto in un universo in grado di rispecchiare il desiderio primario di essere altrove, in una bolla dove le azioni degli eroi hanno un inizio, uno svolgimento e una fine. Una dimensione in cui il filo rosso del senso collega ogni accadimento. La vita non è quasi mai così, è spesso incoerente, difficile da comprendere. Il racconto diventa così un rifugio, incarnazione in forma di pagine scritte e disegnate di una primordiale sete di utopia. Questa forma di racconto ha tutti gli elementi della magia e sarà proprio Sam a scoprire che alla base di quell'incantesimo c'è qualcosa di molto concreto, una penna che ha permesso nei secoli di disegnare e scrivere alcuni fumetti in cui il lettore può letteralmente entrare, attraversando la vignette per arrivare in un universo popolato di personaggi. Ma l'evasione ha ovviamente un prezzo. In un mondo costruito da un narratore demiurgo sulla base dei propri desideri e dell'espressione libera della propria fantasia quale diventa la responsabilità di chi scrive le storie? E soprattutto che fine ha fatto la penna magica?
Una tavola tratta da “Sam Zabel e la penna magica”
Il punto è esplorare un territorio sconosciuto
C'è certamente in Sam Zabel e la penna magica un profondo senso di nostalgia per il fumetto del passato, per quelle storie di fantascienza e di pirati degli anni '50 che nella loro dimensione popolare riuscivano ad essere la perfetta sintesi fra intrattenimento e passione per il mestiere del racconto. Non c'è però passatismo nell'approccio di Horrocks a questa esplorazione del peso e del piacere dell'essere fumettisti. Quei racconti in stile EC Comics fatti di venusiane discinte e esploratori spaziali sanno anche essere la prigione per personaggi imbrigliati loro malgrado negli stereotipi. C'è però qualcosa che aiuta in modo determinante Sam a trovare un senso nuovo nel suo peregrinare da una dimensione narrativa all'altra in cerca della penna magica – puntualmente finita nelle mani di un cattivissimo che ha trasformato un manga scolastico in un hentai da incubo. Saranno tre magnifici personaggi femminili a guidarlo verso una ritrovata consapevolezza di sé. Una timida autrice di web comics, la giovane protagonista di un manga e la versione originale del personaggio di Lady Night: ovvero l'intelligenza del fumetto 2.0, l'innocenza agguerrita del fumetto giapponese e la purezza del fumetto popolare. Sembrano essere questi i tre ingredienti individuati da Harrocks per tratteggiare il fumetto che verrà, raccontando con la sua forza immaginifica un dato importante del contemporaneo: l'influsso sempre più forte delle donne nell'industria dei comics. Un cambiamento per certi versi storico, misurabile dal successo di pubblico e di critica che tante autrici stanno riscontrando negli ultimi anni in un mercato e in un'industria storicamente dominati dagli uomini. Dylan ne è certo. Il futuro del fumetto più vitale e creativo è donna.
Una tavola tratta da “Sam Zabel e la penna magica”
È tutto magico
Horrocks racconta di aver impiegato diversi anni nella stesura di questo libro, in un percorso di esplorazione dove la scrittura e il disegno sono stati innanzitutto lo strumento con il quale l'autore neozelandese ha lavorato con immensa fatica alla riconciliazione con il proprio mestiere. La lettura di Sam Zabel e la penna magica riflette in modo stupefacente questo lavoro di scoperta e investigazione del mistero e della natura primaria del desiderio di scrivere e leggere storie a fumetti. Lontano del voler fornire risposte e interpretazioni, Horrocks prende per mano il lettore e lo accompagna in un labirinto di specchi, consapevole che il senso ultimo di ogni viaggio risiede innanzitutto nella strada che si è percorsa, deviazioni comprese. La coerenza è nella più parte dei casi una prigione travestita da salotto rassicurante.
Le citazioni poste ad inizio dei paragrafi sono tratte dall'incontro fra Dylan Horrocks e Michele Foschini svoltosi al Circolo dei lettori di Torino il 19 maggio 2015