Uffa! Uno sguardo infantile
Germania Ovest: Anke va dall’oculista con la madre e la sorella per una visita a quest’ultima, insiste per farsi visitare e scopre di essere ipovedente, miope e astigmatica. Dopo l’acquisto di un paio di occhiali rossi e grandi, che diverranno il suo tratto distintivo, scopre che il mondo può essere più nitido di come aveva immaginato. Il patto con i lettori e il livello metanarrativo sono messi in scena con delicatezza, fin dalla prima sezione del testo. L’autrice lavora rovesciando il cliché della disperazione infantile per dover portare gli occhiali, tipica rappresentazione della letteratura e della cultura giovanile tedesca dell’Ovest – ripresa dagli USA – degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. E così tutto il contesto storico è descritto nelle “manifestazioni” visive e sonore dei suoi particolari: canzoni, televisione, documentari e scoperte scientifiche, giocattoli, oggetti.
Nel gioco di registri linguistici e interazioni presenti in questo bellissimo UFFA! È andata proprio così (Topipittori, 2023) Anke Kuhl sceglie di rappresentare uno “sguardo stereofonico” lavorando sugli echi e continuamente elaborando temi storico-culturali: elementi “esterni” e interni allo spazio designato per l’ambientazione principale sembrano rispondersi, a partire dalla modernità degli interni della casa e dall’aspetto invecchiato degli oggetti esterni. Il fumetto, come il titolo già anticipa (Alles genau so in echt passiert: è andata proprio esattamente così) è un fumetto sulla memoria individuale e i suoi intrecci con la memoria collettiva, un fumetto sull’importanza del ricordare.
Nonnonna
La famiglia ristretta di Anke è composta da 6 persone: Anke, sua sorella, la madre, il padre e i due nonni, che vivono a casa con loro. A questi si aggiungono due amiche, una è la migliore amica della bambina, mentre della seconda sappiamo solo che fa parte in qualche modo della quotidianità della famiglia. I nonni sono talmente uniti che Anke e la sorella usano un unico appellativo per entrambi: Openom (Contrazione di Opa und Oma, a loro volta abbreviazioni colloquiali per Grossmama e Grosspapa), qui reso con il gioco “Nonnonna”. I personaggi rappresentano quindi 4 coppie, una esterna, e tre interne alla casa. Le tre coppie interne rappresentano tre generazioni, e di ognuna ci viene raccontato l’essenziale rispetto alla “visione del mondo”. Per le bambine la vita è rubarsi le mutandine, conoscere il mondo attraverso la televisione, giocare con delle Barbie e all’aria aperta, immaginando l’amore come una quotidianità regolare e il futuro come un’avventura. Per la madre e il padre l’amore è una quotidianità da rompere, così come gli oggetti frantumati durante un litigio racconteranno al lettore e alle ragazze che li vedono, mentre per i nonni è data dall’accettazione e gratitudine per aver vissuto e superato un passato terribile che non si può dimenticare, e che sembra potersi stemperare solo nell’ingenuità di una quotidianità familiare fatta di calore umano e paziente ascolto.
Il nonno di Anke, ad esempio, mostra con pazienza alla bambina curiosa le sue ferite di guerra, una guerra combattuta da soldato tedesco contro i russi e che lo ha portato a passare anni di prigionia in Siberia, ma ciò che ci viene narrato di ogni tragedia che la famiglia porta con sé resta sullo sfondo e viene rielaborato dallo sguardo ottimista ed energico di Anke. Un problema culturale complesso come la partecipazione dei soldati alla guerra nazista, viene reso comprensibile grazie a una rete di microrelazioni legate dallo sguardo della ragazza. La quiete della rappresentazione colloca ulteriormente il testo nella Repubblica Federale, e dal punto di vista della riflessione sulla gestione della memoria culturale collettiva il fumetto è compatto e importante. Il capitolo seguente, che mette in scena una pointe comica sulla “cucitura” di un distintivo sul costume da piscina di Anke, dipinge lo sfondo della carriera scolastica e sportiva dei bambini nella BRD, che riempiva di buoni propositi ma insieme “customizzava” la formazione del carattere, portando avanti un discorso più collettivo che di ritratto individuale.
Sguardo
Lo sguardo di Anke – tenuto con rigore narrativo ammirabile – si stende su tutta la narrazione. Nel litigio tra i genitori (dovuto a un tradimento del padre, che ha “un’amica.” – “E che sarà mai, io ho un sacco di amiche”) la scelta grafica dei balloon che scivolano fuori dalla bocca della madre esplicita e svela di nuovo l’intenzionalità, il livello metatestuale: si trasformano in nuvole cariche di “grigio”, di pioggia temporalesca in cui tratteggi scomposti sostituiscono il dialogo (p.61), ma il terrore viene subito riassorbito da un tuffo nel lettone dei nonni. Mentre un terrore che non si può superare e dà vita a una tavola vorticosa (p.42) è l’affastellarsi di pensieri in cui l’universo e il singolare non riescono a conciliarsi, dopo la visione di un documentario: e quando il sole esplode, e se esplode, che ne sarà dei conigli in giardino?
Tenere la coerenza di una narrazione in prima persona, in un fumetto, è un’operazione complessa e delicata, poiché il narratore è anche “presente” e visualizzabile all’interno delle immagini. L’“Io narrante” di Anke Kuhl sembra bandito dai testi, ma è proprio così che il fumetto riesce a intensificare la tensione tra le immagini e il testo scritto. Il testo di Kuhl è “apolitico” solo in apparenza, perché lavora sullo svelamento dell’illusione degli adulti di poter vivere il mondo senza accorgersene. È un testo che denuncia la tensione a un cinismo utilitaristico che forse proprio negli anni Ottanta ha cominciato a diffondersi come habitus generale. Lo sguardo infantile rappresenta le cose e gli eventi, anche le assurdità, come verità assolute, anche e soprattutto quelle che a noi adulti sembrano illusioni fuorvianti.
Ma la scelta, difficilissima, della prospettiva infantile in prima persona è perfettamente sviluppata nel tratto e nelle coloratissime tavole. Per fare un solo esempio: la tavolozza di richiamo palesemente e volutamente espressionista e poi a tratti cartoonistica, coerente con la rielaborazione del passato artistico tedesco negli anni Settanta, fonde compiutamente lo sguardo infantile, l’intenzionalità narrativa – con la scelta di relegare al grigio ciò che nel subconscio sta sviluppando i meccanismi di difesa – e metanarrativa. Soprattutto nella prima parte, la gestualità e la mimica dei personaggi è resa tramite la retorica dell’esagerazione e della visuale infantile, tutto è ingigantito, mentre man mano che il fumetto si volge alla pubertà i toni della palette che si sfuma e dalle grandezze che si fanno più contenute. La narrazione della singola esperienza è anche una narrazione collettiva, di una cultura, e simbolicamente il fumetto termina poco dopo la scoperta della possibile necessità di distanza di Anke con cose e persone: Nell’episodio Dolore piacevole Anke sente alla radio una canzonetta che racconta del piacevole dolore dell’amore, e riflette sulla possibilità che si possano provare due sentimenti opposti contemporaneamente: l’infanzia, età di assoluti, si avvia al termine. E così forse lo sguardo stereofonico, che era anche il gioco di percezioni tra le due sorelle e la separazione e insieme l’armonia tra le generazioni. L’espressione basita di Anke, che sta vivendo un momento di potente interrogazione, tanto che, come evidente nella rappresentazione dell’immagine – è concentrata nei pensieri e in se stessa, percepisce meccanicamente lo scorrere della strada e volge le spalle all’abitacolo – è il primo momento di saluto al lettore. La scoperta dell’ambiguità – poetica anch’essa – dell’esistenza umana è ciò a cui la narratrice voleva condurci. Ma la risata di Anke con cui termina il fumetto – nella scena in cui scopre l’ambiguità dell’esistenza umana, porta un messaggio chiaro e forte: anche nell’età adulta possono esserci limpidezza e poesia.
La tragedia
Nel capitolo Der Unfall viene rievocato un gravissimo incidente della madre, avvenuto anni prima, in cui ha rischiato la vita, e Anke ricorda le sue reazioni e le sue paure. Dal punto di vista metanarrativo, è il momento in cui la bambina-narratrice intradiegetica comincia a sentirsi in grado di rielaborare dei traumi descrivendoli come tali. La narrazione scivola, da qui in poi, verso la conclusione. Da un punto di vista grafico le tavole 106/108, in toni grafite con i soli tocchi rossi, esprimono con chiarezza sia la sensazione di incertezza angosciante, sia la percezione di sé all’interno del quadro complessivo. Inoltre la scelta del rosso (colore simbolico del sangue, ovviamente, ma anche, letterariamente, dell’età adulta) permette di far risaltare gli occhiali di Anke, per il lettore un momento ad quem. Di fatto, tramite questo particolare, ci si rende conto che la tragedia – di grande entità – deve essere avvenuta dopo l’inizio della narrazione. Da un punto di vista tematico/contenutistico, evidenzia l’omissione, nella narrazione, di questi eventi davvero tragici: Anke/narratrice intradiegetica ha scelto finora cosa raccontarci, giocando anche sull’illusione e il rovesciamento: il litigio tra i genitori era la “catastrofe” della prima parte del libro, in cui questa tragedia più grave non veniva menzionata. Da un punto di vista narratologico, il narratore si svela qui, come è d’uopo, come narratore intradiegetico inattendibile, che rivendica il proprio unico potere decisionale sul narrato e quindi sulla storia. Nei canoni recenti, in cui il biopic e l’autofiction sono stati sempre più accostati al voyeurismo e allo storytelling, Kuhl ribadisce così l’importanza della scrittura letteraria, dell’immaginazione, e soprattutto della funzionalità della “menzogna” narrativa come atto di consapevolezza creativa e di comunicazione letteraria.
Main femili
La lingua semplice, ma molto connotata di questo fumetto di Anke Kuhl è in consonanza con le scelte del tratto e delle immagini. Per chi è cresciuto in BRD a ridosso di quegli anni il testo è avvolgente e facile, interessante, nostalgico. Tradurre senza eliminare tutte le complesse possibilità interpretative non è impresa scontata. Tipica in Germania Ovest l’esclamazione “Manno” che dà il titolo al volume “un’espressione di delusione o perplessità, più lieve di un’imprecazione”, dice il Duden. È la contrazione di “Oh, Mann” – “Uffa!” “Mamma mia”. Si sono compiute scelte particolari, come quella di lasciare in originale alcuni brani pronunciati nella lingua regionale dei nonni di Anke. Bisognava, necessariamente, lasciar percepire lo scarto linguistico, seppure lieve, che viene “messo in scena” nel fumetto. La traduzione doveva lasciar percepire il luogo senza poter quindi rendere la distanza interlinguistica tra le espressioni dei nonni e delle ragazze tramite – ad esempio – la resa in una lingua regionale italiana: non solo saremmo stati di fronte a una traduzione “assimilante” come si usa dire oggi, ma si sarebbe “spostato” il luogo dell’azione. Lo stesso pensiero è alla base della scelta di non tradurre i termini alla lavagna, i titoli dei programmi televisivi e così via.
D’altra parte i giochi linguistici non mancano, in particolare nelle sezioni in cui le ragazze si esprimono nel loro mondo: quello dei giochi. Andavano resi fruibili al lettore italiano, cosa che si è cercato di fare (come nel caso divertente del signor Kantakul) ricreando un possibile linguaggio e delle possibili ironie coerenti con il tempo dell’ambientazione e la consuetudine linguistica delle ragazze. Così, nel momento fortemente comico del “balletto” sulla famosa canzone Gimme Gimme degli ABBA, si è scelto di ri-scrivere con una fonetica italiana la prima parte della canzone, inserendo laddove possibili echi e termini che potessero risuonare “comici” ai lettori italiani – ma senza riprendere necessariamente spunto dai termini che le ragazze creano storpiando a loro volta l’inglese della canzone: Ohren, Sau, Mitleid, tscheisse (sic). Si tratta di una cosiddetta traduzione omofonica, che nel medium fumetto si arricchisce di un livello parodico supplementare. In questo caso, come in molti momenti del testo, si è proceduto, cioè, a ricreare un testo equivalente a livello artistico e di interpretabilità. Nei testi letterari di alto livello certi habitus, fortunatamente, si stanno perdendo. Non solo per, talvolta superficiali, regole di non assimilazione, ma perché si comincia a riconoscere l’importanza dell’equivalenza intesa anche appunto come equivalente interpretabilità.
Siamo qui di fronte, senza dubbio, a un classico di domani del fumetto europeo. Sminuire un’opera d’arte di tale portata settorializzandola come prodotto per ragazzi o arte minore sarebbe anacronistico oltre che miope. E anche di questo ci parla, come tutte le grandi scrittrici e scrittori, Anke Kuhl. Della felicità e dell’energia date dalla capacità critica di riconoscere l’arte quando la si vede. Proprio come accadeva con il nume tutelare invocato nell’exergo/dedica, Ror Wolf, artista poliedrico e insopprimibile, scomparso da pochissimo, quasi sconosciuto in Italia, che rompendo ogni connessione razionalistica, manifestava la creazione artistica come esercizio della meraviglia.