Viaggio iniziatico di un piccolo Buddha
Una lunga fila di monaci avvolti in sai arancioni cammina nella foresta laotiana dandoci le spalle, soltanto uno di loro si volta e ci guarda, è un ragazzino di appena dodici anni, cerca il nostro sguardo e ci invita al viaggio.
Sono passati quasi vent'anni da quando il Laos ha aperto le frontiere al turismo, dopo avere attraversato, nell'arco di un secolo, la dominazione francese, la dichiarazione di indipendenza, il comunismo e conosciuto in epoca recente il libero mercato, che ne sta minando il terreno più di quanto non abbiano fatto le bombe americane durante la guerra del Vietnam.
Il Laos è una valle nel cuore dell'Indocina nutrita dalla grande arteria del Mekong e protetta dalla montagne e dal Buddha; al centro di questo territorio ancora intatto, Luang Prabang, la città del Buddismo Theravada, illuminata da decine di templi.
In questo tratto di terra quasi inesplorato è ambientata la storia che Laura Leonelli ha scritto e documentato in un lavoro durato cinque anni. Lem, viaggio iniziatico di un piccolo Buddha, pubblicato da Contrasto, è il libro che ne è derivato.
Il viaggio di Lem, e insieme al suo quello di Laura e il nostro, ha inizio alla vigilia del Capodanno, che cade intorno alla metà di aprile e coincide con l'arrivo delle piogge. Il racconto è condensato dall'autrice nei sonni e nelle veglie di soli sette giorni.
Lem è un novizio, figlio di gente poverissima, che per studiare è costretto ad abbandonare la famiglia, il villaggio dove è nato, la propria adolescenza e a entrare in monastero. Giunge a Luang Prabang accompagnato dal padre. Assistiamo alla sua iniziazione, ai primi giorni in monastero, ai digiuni; lo vediamo studiare, piangere, pregare, attraversare il fiume; lo seguiamo assistere alla cerimonia funebre, con la quale il libro si chiude, che è consacrazione alla vita e alla conoscenza.
Più di novanta fotografie sono ordinate in sette sezioni (significativamente dalla Nascita alla Rinascita) in un libro che condensa parole elegantemente prestate a una prosa così immaginifica e feconda, che è difficile dire quale parte abbia il testo e quale spetti alle immagini. Dovremmo concederci almeno due letture: ne trarremo, se avremo la pazienza di arrivare fino in fondo, la sensazione di quanto le immagini già contengano ciò che altrimenti è scritto nel testo.
Tra le mani l'obiettivo, Laura pretende di giungere là dove non è possibile arrivare, chiede chiarezza ai propri sensi, rinuncia ai propri pensieri, abbracciando ciò che vede con occhio materno e rispettoso, in questo anche aiutata dalla distanza imposta dai monaci, lei, prima donna straniera a essere ammessa al tempio.
La luce che entra nelle immagini forte e improvvisa, ma senza violenza, è il suo sguardo; non è una luce che abbaglia, ma che spia l'ombra, illumina i volti e i sai dei monaci che rifulgono di un arancione splendente, che è anche il colore dorato dei templi, il calore del fuoco che brucia il corpo dei defunti, la forza della vita che rinasce.
Chi cercasse in queste pagine un resoconto di un viaggio nel Laos, la scoperta o riscoperta di un luogo lontano, l'esotismo antico delle religioni orientali, non li troverà. Chi invece vorrà seguire il percorso generosamente tracciato dall'autrice, troverà Lem, e con lui se stesso in ogni età e ogni qual volta ha saputo umilmente abdicare ai propri privilegi e mettersi alla ricerca, tra incertezza e meraviglia, delle proprie origini.