Alpe Adria: un paesaggio
Alpe Adria senza (Editore Beit Maqom Haze, Trieste, 2014), fin dal titolo sospeso, è un racconto dal tono laconico anche se, in realtà, scorrendo la collezione di brevi testi (e di fotografie) di Pietro Valle, ne viene fuori una geografia di luoghi e di ambienti ricca, contraddittoria e articolata.
Il “senza” risuona, durante la lettura, come un ammonimento o un interrogativo.
Ambiente geografico a cavallo di più nazioni, condizione periferica e di frontiera, l’Alpe Adria (che comprende il Friuli ma anche porzioni di Austria, Slovenia e Croazia) è anche una sezione di paesaggio europeo abbastanza unica, che va dalle Alpi al Mediterraneo, che si snoda su più lingue, scandita nel tempo da continui mutamenti dei confini e che è, in un certo senso, una sorta di microcosmo di come il novecento europeo ha modificato il territorio e lo ha messo “al lavoro”.
Il libro è un resoconto composto da una quarantina di brevi testi e da fotografie, che Pietro Valle, architetto, con studio a Udine e formazione cosmopolita, ha raccolto nell’arco di circa 25 anni (i primi testi sono datati 1990).
Non è inconsueto che dall’architettura ci si sposti verso forme narrative e descrittive. Il progettare è in sé opera di narrazione e descrizione e, per certi versi, il tipo di scrittura che Valle mette in gioco non è lontana dai testi “nascosti” (perché spesso soffocati dalle immagini progettuali) che accompagnano i progetti di architettura nella forma di relazioni tecniche o descrittive. Di queste, il linguaggio di Pietro Valle, mantiene il carattere ambiguo, oscillante tra osservazioni “del mestiere” e derive narrative.
Ghiaia, Vivaro, PN
Ma “Alpe Adria senza” è anche, evidentemente, qualcosa in più. Testi scritti in un arco di tempo così ampio tradiscono una forma di raccolta di appunti personali, una sorta di diario di ossessioni e visioni private che emerge un po’ inaspettatamente.
La collezione di luoghi e di paesaggi che i brevi testi e le foto rimandano sono anche una esemplificazione del dispositivo dello sguardo di un architetto, di come è possibile guardare il paesaggio contemporaneo in maniera laica, come un tutto molteplice, un insieme continuo anche se diviso in parti, dove i monumenti e i luoghi notevoli stanno sullo stesso piano degli edifici ordinari e di quelli in abbandono.
Il tono sommesso, preciso, “orizzontale”, dei racconti di Valle si spiega proprio nella volontà di tenere insieme questo patrimonio così diverso. Le parole si specchiano nelle fotografie - che, collocate tra i testi, scandiscono e separano i brevi resoconti – il richiamo al visibile si intreccia con la scrittura. Ogni resoconto è frutto di un incontro più o meno casuale con luoghi o paesaggi, da lì nasce l’appunto scritto e in seguito, a distanza di tempo, lo scatto dell’immagine fotografica. Le immagini tentano di tradurre nel visibile il tono della scrittura. Per Valle, in fondo, si tratta di un doppio esordio, come narratore e come fotografo.
Grattecieli socialisti, Rjieka-Fiume (HR)
A sua volta però, il testo è frutto di un intreccio. Tra la descrizione delle cose visibili emerge continuamente un racconto di fatti sociali e politici, di scelte di singoli o di scelte collettive che configurano le ragioni profonde della modificazione dei paesaggi.
I titoli dei brevi testi individuano un elenco spurio: Appartamenti dell’Ottocento, Risiera, Grattacieli socialisti (“La loro novità è trascorsa in un attimo”), Ipotesi su Gorizia, Redipuglia (“La sistemazione della guerra in un ambiente definitivo”), Muri a secco, L’ordine dei pioppi, Case del Governo militare alleato, Caserme (“Tutto qui è carrabile o, meglio, calpestabile”) Montagna staccata.
L'ospedale partigiano, Cerkno (SLO)
Il tono piano di Valle incontra gli ostacoli e le fratture storiche che hanno caratterizzato il paesaggio dell’Alpe Adria: divisioni, confini, aree linguistiche, trincee, caserme; tracce visibili e invisibili, i luoghi sono attraversati da segni che rimangono al di là della loro necessità storica. Pochi ambienti geografici, in Europa, portano così chiaramente il segno di come le grandi “narrazioni” siano ricadute in piccoli luoghi, condensandosi in muri e monumenti, in campi di battaglia e frontiere.
Quasi a rispondere a questi segni incisivi, l’Alpe Adria ha sviluppato nel tempo un numero notevole di luoghi di fondazione (da Palmanova a Redipuglia, da Lignano Pineta a Torviscosa), così come di gesti di grande concretezza (Gemona ricostruita ma subito abbandonata per le più comode villette, il quartiere asburgico triestino come segni di razionalità mitteleuropea nel Mediterraneo).
Redipuglia
Ma se non ci si lascia distrarre dalla varietà dei luoghi, quello che emerge è soprattutto il racconto di un insieme di province come elemento di inerzia, come un luogo “polemico” rispetto alle dinamiche dei “centri”, luogo di una resistenza debole alle forze centrifughe, una provincia incapace di pensarsi ma non di raccontarsi (come, con più ironia e distacco, fa Arminio ad esempio).
Ma allora a cosa si riferisce quel “senza” del titolo? A un progetto politico credo – anche se questo non è esplicito nelle parole di Valle – o, meglio, a una nuova politica della provincia, abbandonata a se stessa da tempo. C’è un Europa delle province che, al di là dei confini nazionali, potrebbe essere ripensata per ambienti geografici, per culture latenti ma resistenti.
Luoghi di vita e di relazione che aspettano tranquilli che qualcuno si accorga nuovamente di loro.
Venerdì 12 Settembre -ore 18.30 alla Libreria Friuli via dei Rizzani, 1 Udine Pietro Valle presenta il suo libro Alpe Adria senza, paesaggi contemporanei a Nord Est. Dialogheranno con l'autore Diana Barillari, storico dell'architettura, Trieste Giovanni La Varra, architetto, Milano.