Speciale
Calvino autobiografico
Calvino non ha mai scritto un libro esplicitamente autobiografico, ma ha scritto, in ogni libro, tante autobiografie quante sono le narrazioni possibili di sé: individuali, collettive, politiche, intellettuali, letterarie. Il rapporto di Calvino con l'autobiografia è un rovello irrisolto e irrisolvibile, prima di tutto perché è espressione di un dissidio interiore, dell'angoscia di chi scrive. L’io, l’identità, l'essere, la memoria, la scrittura e la lettura, sono i termini entro cui si annoda la questione.
La tensione autobiografica è evidente sin dalla prima raccolta di racconti Ultimo viene il corvo e arriva fino a Palomar. Tre racconti, scritti nel 1945, legati alle esperienze del partigiano, La stessa cosa del sangue, Attesa della morte in un albergo e Angoscia in caserma sono al centro della voce Autobiografia del lemmario di Domenico Scarpa del 1999; ma anche nocciolo interpretativo di Calvino fa la conchiglia: «Il Calvino che gioca a nascondersi, che cerca di eliminare il self dalle sue storie, che occulta la propria identità, è un’immagine che i lettori ben conoscono. Eppure il suo atteggiamento è strano: si nasconde, e un attimo dopo grida “Mi sono nascosto!”, come quei bambini che non si sa se godono di più a restare tutto il pomeriggio nel loro nascondiglio o a farsi scoprire subito. Il Calvino autobiografico è tutto in questa contraddizione» (Domenico Scarpa, 1999; 2023). Al capo opposto della parabola letteraria, nell'ultima opera narrativa edita, Palomar – l'ultima opera narrativa edita dall'autore nel 1983 – del 1983, si arriva a quello che per Calvino «è il libro più autobiografico che abbia mai scritto»; un’autobiografia anomala, scritta in terza persona, ma «ogni esperienza di Palomar è una mia esperienza» (intervista a Lietta Tornabuoni del 25 novembre 1983). Palomar da un lato è un personaggio che fugge da sé stesso, «Palomar, non amandosi, ha sempre fatto in modo di non incontrarsi con se stesso faccia a faccia; è per questo che ha preferito rifugiarsi tra le galassie»; dall’altro propone di dedicarsi «alla conoscenza di se stesso, esplorerà la propria geografia interiore, traccerà il diagramma dei moti del suo animo, ne ricaverà le formule e i teoremi, punterà il suo telescopio sulle orbite tracciate dal corso della sua vita anziché su quelle delle costellazioni». Quel che sorprende è che «Nel momento in cui lo scrittore tenta di produrre uno sguardo radicalmente altro da sé, – osserva Asor Rosa in Stile Calvino – egli esprime il livello più alto di confessione autobiografica a cui gli sia mai accaduto di attingere».
Le forme difformi dell'autobiografia calviniana sono una fessura da cui è possibile catturare impressioni della vita. Pin, Cosimo, il Visconte, il Cavaliere, Quinto Anfossi, Marcovaldo, Amerigo Ormea; poi Qfwfq, Marco Polo, il Lettore, fino a Palomar rappresentano aspetti diversi del suo essere e del suo modo di stare al mondo, incarnano nella scrittura peculiarità esistenziali, grovigli etici e conoscitivi, tratti ironici ineludibili. Non si tratta solo del punto di vista da cui si racconta il mondo, della focalizzazione, ma degli aspetti profondi di quel personaggio che è l'essere: sé stesso. Figura dell'immaginario? Non solo. Figura morale? Certamente. Figura della memoria? Anche. Figura del desiderio? Sì.
Il punto dunque è che Calvino, come scrittore autobiografico, è proprio davanti ai nostri occhi, in tutto ciò che scrive; è perennemente allo specchio con la vita, ma è proprio nella vita lo scacco della letteratura. E l'opera narrativa ha un filo rosso autobiografico: è come una smorfia fatta davanti allo specchio; o una visione di sé dallo specchietto retrovisore.
Nella mappa calviniana disegnata da Marco Belpoliti il concetto dell'Autobiografia (Calvino A-Z, Electa 2023) è declinato intorno a tre lemmi: Memoria, Identità, Biblioteca. La bella voce di Massimo Schilirò, tocca un punto nodale che le riunisce: l'autobiografia come "progettazione permanente". Di questo si tratta.
Calvino pensa nel tempo progetti, racconti, scritti, note dal carattere esplicitamente autobiografico, ma ciò che resta è uno zibaldone incompiuto senza ordine: un insieme di elenchi, materiali, appunti, idee parziali, pezzi, ricostruiti nelle note ai testi dei Meridiani. Sul verso di un cartoncino d’invito del 20 giugno 1978, come è noto, per esempio, Calvino elenca nove titoli di un progetto autobiografico dal titolo Passaggi obbligati: La strada di San Giovanni già edito nel 1962, Autobiografia di uno spettatore e Ricordo di una battaglia usciti nel 1974, Lo zio di se stesso e Cuba la cui stesura ad oggi non c’è, La poubelle agréée del 1977, e a seguire i meno avanzati Istruzioni per il sosia, Il delitto Moro (biffato), Gli oggetti. Il 28 luglio 1979, dopo la pubblicazione di Se una notte d’inverno un viaggiatore, dichiara a Nico Orengo «Un giorno o l'altro mi deciderò a scrivere un libro direttamente autobiografico, o almeno a raccontare "schegge di vissuto"»; ma molte altre le vie autobiografiche interrotte, o mai iniziate. A me pare che le autobiografie di Calvino siano i veri paesaggi della scrittura, scorrono troppo velocemente per poterli afferrare, ma ne disegnano il senso. Ci portano in un punto dell'io che vogliamo sfuggire, perché non sempre ci piace, in fondo, la vita.
Calvino non ha mai scritto un'autobiografia ma ha lasciato tante autobiografie. Oltre quelle dello scrittore, quelle del lettore. Nella sua idea di letteratura c'è il vero progetto di sé stesso. Calvino si veste anche con gli abiti dei personaggi che legge, alle volte calzano bene, altre no. Nelle conferenze che avrebbe dovuto tenere ad Harvard – una confessione autobiografica sul suo modo di sentirsi ed essere scrittore – per esempio s'identifica con Perseo, leggero, aereo; con Cavalcanti che si solleva sulla pesantezza del mondo»; con Don Quijote trasportato in aria dalla pala del mulino a vento; con Mercuzio dal passo danzante; con Saturno «melanconico, contemplativo, solitario»; con Vulcano-Efesto che si rintana nel fondo dei crateri; con Monsieur Teste che combatte «la sofferenza fisica attraverso un esercizio d’astrazione geometrica». Le autobiografie di Calvino sono disseminate e riflesse non solo nelle cose che ha scritto ma anche nei libri che ha letto. La sua biblioteca per esempio è un'autobiografia riflessa. E da qui inizierebbe un altro racconto. Forse il nostro, come lettori di Calvino.
La domanda alla fine è sempre la stessa: come raccontare la storia della propria vita al cospetto dell'universo? Come vorremmo che fosse?
Nota bibliografica
A. Asor Rosa, Stile Calvino. Cinque studi, Einaudi, 2001
M. Schilirò, Le memorie difficili. Saggio su Italo Calvino, CUECM, 2002
Calvino A-Z, a cura di Marco Belpoliti, Electa, 2023
D. Scarpa, Calvino fa la conchiglia. La costruzione di uno scrittore, Hoepli, 2023
martedì 16 gennaio 2024 ore 11
Biblioteca Laurentina (Roma)
Autobiografie
con Laura Di Nicola
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