Legge 180/78 / ... E tu slegalo subito
Dopo la morte, il 13 agosto scorso, di Elena Casetto, giovane donna di 19 anni, ricoverata nel reparto di Psichiatria dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, trovata carbonizzata per un incendio divampato nel reparto, forse partito dalla sua stanza, i promotori della Campagna Nazionale ..e tu slegalo subito, per l’abolizione della contenzione, inviano una lettera aperta all’assessore al Welfare della Regione Lombardia, al Direttore Generale dell’ATS Bergamo e al Direttore Dipartimento Salute Mentale Bergamo.
La contenzione meccanica, cioè il legare, l’immobilizzare attraverso mezzi meccanici, le persone in cura, per impedire il movimento volontario, diritto umano primario, è pratica diffusa nella maggior parte dei Dipartimenti di Salute mentale italiani. In particolare è utilizzata nei Servizi psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), che accolgono le persone in crisi, ma anche in alcune residenze/comunità terapeutiche, in cliniche private convenzionate, in alcune residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza (REMS). Ma è utilizzata anche nelle RSA/strutture protette per anziani, negli istituti che assistono persone con disabilità.
La contenzione meccanica, residuo di culture e paradigmi manicomiali, è anticostituzionale, antiterapeutica, lesiva della dignità e dei diritti di chi la subisce, ma anche degli operatori che la attuano.
Pure esistono in Italia circa 30 servizi psichiatrici ospedalieri no restraint, che non fanno ricorso alla contenzione, capaci, anche nelle situazioni più estreme, di assicurare dignità e diritti alle persone in cura e agli operatori. Vi sono singoli operatori che operano in servizi psichiatrici ospedalieri restraint che, pure nelle difficoltà, riescono a non legare. Esistono esperienze di strutture protette per anziani dove gli operatori hanno abolito la contenzione.
La contenzione è dunque evitabile.
È evidenza scientifica che quando si fa ricorso alla contenzione quello che conta è l’orientamento e la cultura degli operatori, prioritariamente dei dirigenti, il modello organizzativo dei servizi, più che i comportamenti e le caratteristiche dei pazienti o il numero del personale, pure essenziale. Esiste cioè uno stretto legame tra il paradigma di base degli operatori e delle organizzazioni dei servizi, la formazione degli operatori, le politiche della salute mentale in un territorio e il ricorso alla contenzione.
Abbiamo evidenza che l’esistenza in un territorio di servizi di salute mentale radicati nella comunità, vicini ai luoghi di vita delle persone, aperti ogni giorno almeno per 12 ore, che operano in maniera proattiva, a domicilio, nei luoghi di lavoro, nelle aree del territorio più vulnerabili, che garantiscono interventi precoci e continuità terapeutica, determinano il permanere delle persone con sofferenza mentale nei loro contesti di vita, supportate ed assistite dai servizi, producono la diminuzione del ricorso al ricovero ospedaliero o in residenze sulle 24 ore, dei trattamenti sanitari obbligatori, l’abolizione delle pratiche contenitive e coercitive.
Questa la strada da percorrere nel solco della Costituzione e della Legge 180/78.
Qui di seguito il testo della lettera aperta, firmata da Giovanna Del Giudice - presidente di Conferenza Salute Mentale Franco Basaglia - e Valentina Calderone - direttrice di A buon diritto Onlus.
Egregi,
ci rivolgiamo a voi in qualità di rappresentanti legali di associazioni promotrici della campagna nazionale .....e tu slegalo subito, per l’abolizione della contenzione meccanica nei luoghi della cura, a seguito della morte di Elena Casetto, giovane donna di 19 anni, ricoverata nel reparto di Psichiatria dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, morta carbonizzata martedì 13 agosto in un incendio divampato nel reparto. Forse partito dalla sua stanza.
Notizie di stampa e le dichiarazioni date dal reparto, dicono che la donna fosse contenuta: “La paziente deceduta era stata bloccata pochi istanti prima dell’incendio, a causa di un forte stato di agitazione, dall’équipe del reparto.” Come è pratica diffusa nella maggior parte dei reparti psichiatrici ospedalieri, lombardi, la “paziente” era stata “bloccata” attraverso contenzione meccanica e sedazione. Notizie più recenti ci dicono che la ragazza era stata legata al letto mani, piedi e fissata con una fascia toracica, dopo che aveva tentato il suicidio stringendosi un lenzuolo attorno al collo.
Sembra non possibile che da parte di tecnici della salute mentale si sia risposto alla sofferenza, alla richiesta di aiuto espressa da un tentativo di autosoppressione, con un gesto violento di negazione dell’altro quale è la contenzione meccanica. Invece di accogliere, supportare e farsi carico di quel dolore, dare attenzione, vicinanza, ascolto professionale e competente, si è ridotta la giovane donna a corpo da sottomettere e domare, togliendole dignità e rispetto. Ritorna con forza il ricordo di Antonia Bernardini, morta la notte del 31 dicembre del 1974, dopo quattro giorni di agonia, per le ustioni riportate nell’incendio prodotto nella sua stanza nel manicomio criminale femminile di Pozzuoli dov’era legata da 43 giorni (come lei stessa dirà al magistrato che la interroga “legata come Cristo in croce”). Le sue grida, imputate alla malattia, non trovano ascolto e solo dopo tempo un'infermiera sente la puzza di bruciato e accorre. Ma le fiamme sono ormai alte e Antonia è in condizioni disperate. Dopo quella morte il manicomio criminale di Pozzuoli viene chiuso.
Sono passati 44 anni da quel tragico evento, ma dobbiamo costatare che, nonostante l’Italia abbia una legge che permetterebbe di fare la migliore psichiatria possibile (Eugenio Borgna), e da 20 anni sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici, in molte parti del paese permangono nei servizi della riforma pratiche di stampo manicomiale, violente, lesive dei diritti e della dignità di chi le subisce e chi le fa. La pratica della contenzione, seppure illegale, è contemplata e largamente utilizzata nei servizi psichiatrici ospedalieri, fatta “per il bene del paziente” come dicono i sanitari, ma che nei fatti espone i/le ricoverati/e a esiti gravi, fino alla morte, e lede la dignità e la salute fisica e mentale anche di coloro che la attuano.
Conosciamo le difficoltà nelle quali versano gli operatori dei servizi, che lavorano in troppe situazioni in condizioni di carenza di organico, ma pure sappiamo che il ricorso alla contenzione non può imputarsi solo a questo ma tanto più all’orientamento culturale degli operatori e al modello organizzativo dei servizi. L’impegno per il miglioramento delle condizioni di lavoro deve andare di pari passo alla certezza del diritto per tutti.
Non possiamo non pensare che se la giovane Elena non fosse stata legata non avrebbe trovato quella terribile morte. Crediamo che sulla contenzione meccanica quindi bisogna concentrare l’attenzione da parte degli inquirenti e dei responsabili politici e tecnici.
Va rilevato che in varie parti del paese esistono Servizi psichiatrici ospedalieri, circa 30, che fin dalla loro apertura (Trieste, San Severo, San Giovanni in Persiceto....) o da molti anni (Pistoia, Modena, Ravenna...) non ricorrono alla contenzione. Questi rappresentano la direzione verso la quale bisogna andare, rispettosa della Carta costituzionale (art. 13), della Convenzione e dei diritti delle persone con disabilità assunta dallo Stato italiano nella legge 18/2009 (art. 14, 15 e 17), delle raccomandazioni del Comitato nazionale di Bioetica del 2015.
infine sottolineato che il ricorso alla contenzione non riguarda/chiama in causa solo il servizio psichiatrico ospedaliero dove principalmente si attua, ma l’intero sistema territoriale dei servizi di salute mentale, rappresentando il servizio ospedaliero di norma l’imbuto in cui arrivano le criticità dei servizi psichiatrici territoriali, le risposte inevase, rimandate o mal trattate da parte degli stessi.
Così, mentre l’indagine giudiziaria, cui spetta di accertare eventuali responsabilità penali, segue il suo corso, a nome della campagna nazionale ... e tu slegalo subito chiediamo che a partire da questa tragica morte, prenda avvio un’azione decisa nel Dipartimento Salute Mentale Bergamo che intervenga su cosa non ha funzionato, su cosa si sarebbe dovuto fare, su cosa deve cambiare perché tali eventi non succedano più.
Come campagna chiediamo agli intestati della lettera che vengano adottati provvedimenti per l’abolizione della contenzione meccanica nei Servizi psichiatrici ospedalieri lombardi e di ogni pratica “inumana e degradante” nei confronti delle persone con disturbo mentale.
Chiediamo che sia data centralità alla tutela della salute mentale, diritto dell’individuo ed interesse della comunità, e rilanciato il lavoro di cura delle persone con disturbo mentale negli ambienti naturali di vita con interventi e politiche sui determinanti sanitari, socio-economici, lavorativi, culturali, ambientali, insieme ad un finanziamento adeguato dei Dipartimenti di salute mentale.
Chiediamo che vengano avviate strategie e azioni visibili e trasparenti, per una profonda rivisitazione culturale, organizzativa e gestionale nelle politiche di salute mentale che possa rendere attuale la presa in carico e la cura delle persone con problemi di salute mentale nel rispetto della dignità e dei diritti, primo quello della cura.
Nell’informarVi che come associazioni promotrici della campagna ....e tu slegalo subito valuteremo l'opportunità di costituirci parte offesa in un eventuale processo penale, salutiamo con stima e ci rendiamo disponibili ad ogni confronto e collaborazione
per la campagna nazionale ... e tu slegalo subito