Enzo Fileno Carabba

12 Dicembre 2011

 

Enzo Carabba preferirebbe come dimora gli abissi, a cui si dedica da molti anni come esploratore e come maestro di subacquee attività di visione. Liquido, peraltro, è anche il suo secondo nome, Fileno, che ha a che vedere con la devozione al vino e ai suoi rituali, come vuole una discendenza che rimanda agli Abruzzi dannunziani, di cui i suoi avi illustrarono il nome con una casa editrice celebre all’inizio del secolo scorso.

 

Quando è in superficie, esplora analiticamente i boschi nei dintorni della sua casa in campagna alla ricerca dei funghi, di cui è appassionato catalogatore (da tempo minaccia un’opera definitiva sul tema). Ha in comune con una illustre schiera di artisti la sua passione per la micologia e ogni tanto si ricorda che John Cage fu concorrente a Lascia o raddoppia proprio su questa materia, sbaragliando avversari che si presentavano su argomenti storici e geografici. Di mestiere, da sempre, scrive.

 

Un tempo fu costretto al ruolo di enfant prodige dal romanzo fantastico Jakob Pesciolini,  dopo aver esordito, di fatto, in veste di poeta. Poi, come tutti i Tesei che prendono troppo presto il bandolo per andare alla caccia del proprio Minotauro, prevedibilmente si è qualche volta perso, riemergendo con romanzi legati ai suoi luoghi di dimora. Una Toscana horror, pervasa di antichi fantasmi maligni in veste di coniglio mannaro, è al centro del noir metafisico Pessimi segnali, in cui lo sguardo si incaglia sul mistero del paesaggio. Una Firenze alluvionata e sciroccale è lo sfondo di Con un poco di zucchero, in cui due anziane dame, apparentemente liliali, ma in realtà appassionate di tossicodipendenza e visionarietà, si dedicano al delitto per mantenere la loro indipendenza nell’avito palazzo fiorentino, in cui ogni curva nasconde, per i malcapitati che credono di poterle depredare, trappole tremende. Altrettante immersioni in scenari che riservano sorprese, quindi, prima della prossima esplorazione con muta, pinna e maschera alla ricerca di qualche stravagante creatura, come quelle che comparivano nel suo romanzo di fantascienza La foresta finale, in cui il relitto della civiltà scompariva dentro le spire stritolanti di una giungla rigogliosa e micidiale.

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