Fotografia. Festival Internazionale di Roma
La decima edizione di Fotografia. Festival internazionale di Roma porta un titolo evocativo: Motherland, la “terra madre”, la “matria”, e affronta il rapporto tra fotografia e territorio esplorando i diversi modi con cui i fotografi contemporanei rendono in termini visivi la loro appartenenza a un luogo.
Antonio Biasiucci è un Napoli omaggio alla città che lo ha accolto e continua a farlo, luogo che vede e vive da sempre, nella sua superficie e nella sua profondità. Napoli è nera per Biasiucci, un’accumulazione di luci, ombre e materiali, dalla quale emerge solo quello che lui vuole lasciarci vedere. Un muro di trenta fotografie sintetizza trent’anni di Napoli.
Guido Guidi è da sempre interessato al suo mondo, alla sua terra, ne ritrae la storia attraverso gli oggetti e i particolari della sua costruzione, fotografa quello che c’è, un’Italia percorsa e vissuta ogni giorno. La serie Fiume è asciutta e senza tempo, non ci sono oggetti ma la sintesi di molti lavori precedenti: natura colorata dove l’autore si specchia e vede i segni di tutto il suo mondo.
Paolo Ventura propone tre lavori: nel più recente e inedito entra per la prima volta in scena. Tornato nella sua motherland dopo anni americani, Ventura diventa il protagonista dei suoi set e delle storie che ha sentito raccontare e che ha trovato il modo di fotografare. E dice: “Questa è la mia terra, la mia storia senza tempo, finta ma vera”.
David Farrell riprende dopo molti anni il suo lavoro sugli Innocent Landscapes, paesaggi dove si cercano i corpi mai restituiti di irlandesi cattolici uccisi dall’IRA, paesaggi che vengono setacciati per certificare la storia. È unlavoro che nasce, per Farrell, dall’esigenza di tornare alla sua terra, ripercorrerla anche dove è stata violentata più volte (sepolture e riaperture) alla ricerca di una profonda e antica bellezza.
David Spero per diversi anni ha visitato le comunità che vivono in insediamenti eco-compatibili in tutto il Regno Unito. Comunità nate nel rispetto della natura e in contrasto con il boom economico dell’Inghilterra anni novanta, cercano la loro motherland in completa aderenza alla terra, vivendo in microeconomie. Le strutture, costruite con materiali naturali locali e riciclati, sono spesso così in armonia con l'ambiente che in certi periodi dell'anno diventano quasi invisibili.
Il lavoro di Leonie Hampton si concentra sulla vita di sua madre, Bron, che trasferitasi in una nuova casa e creata una nuova famiglia, non è stata in grado per anni di aprire gli scatoloni del trasloco, pieni di beni del suo primo matrimonio. Il suo lavoro In the shadow of things, racconta il difficile e incompiuto tentativo di gettare gli strati di oggetti che hanno occupato così tanto spazio mentale e fisico, lavoro in costante evoluzione che, già mostrato nell’edizione 2008 del festival, viene qui rimodulato con un’attenzione particolare al confronto tra le vecchie fotografie di Bron e le ultime immagini scattate da Leonie.
Anders Petersen lavora nelle sue fotografie su stereotipi scandinavi che ha visto da sempre, rimodulandoli con la sua presenza. Petersen è nelle sue fotografie, il suo corpo è appena al di là del bordo del fotogramma, e in queste cinque immagini lo vediamo toccare e dialogare con le persone ritratte, girare intorno e parlare a oggetti e paesaggi. Tutto il lavoro From Back Home descrive la terra dove è nato e dove vive; Anders si sente a casa in tutto il mondo, ma in Svezia sente, ancora di più, di esser parte di tutto il genere umano.
Tod Papageorge presenta sei immagini del suo lavoro Passing through Eden realizzato tra il 1969 e il 1991 nel Central Park a New York. È una motherland percorsa per anni, alla ricerca di persone con cui dividere la vita, nei momenti di abbandono, quando si diventa improvvisamente tutti uguali, abitanti di un parco, forse l’Eden, sotto una luce solare, materia comune di queste fotografie in bianco e nero che catturano tragedia e commedia umana.
Tim Davis – allievo di Tod Papageorge a Yale – esplora nel video Upstate New York Olympics l’Hudson Valley e inventa nuovi eventi sportivi, come il LawnJockey Leap Froge li esegue davanti alla videocamera. In un mondo dove molti sport sono riconvertiti a nuove regole in omaggio alle nuove esigenze della televisione, Tim Davis rivive la sua terra con ironia e trasgressione, alterando stereotipi e convenzioni.
Il fotografo sudafricano Guy Tillim è tornato a Johannesburg, nel condominio dove abitava e ha condiviso mesi con i nuovi abitanti neri, che hanno preso il posto della middle class bianca dopo la fine dell’apartheid. Il suo è il diario di una nuova identità: unico testimone della precedente vita di quelle case, Tillim ha voluto condividerne il cambiamento, ha riabitato quei luoghi per capirne la storia.
L’ultimo lavoro di Alec Soth La Belle Dame sans Merci, Rome Commission 2011, ispirato dalla ballata di John Keats, sarà esposto accanto a cinque fotografie tratte da Sleeping by the Mississippi, suo primo libro, racconto di un fiume, completamente diverso da quello scarno di Guidi, popolato da nord, il Minnesota dove Soth è nato e ancora vive, a sud, la Lousiana, da tutta l’America di mezzo, quella povera, dura e spesso solitaria.
MACRO Testaccio
Piazza Orazio Giustiniani, 4 00153 Roma, e in gallerie e spazi espositivi della città.
dal 23 settembre al 23 ottobre – da martedì a domenica dalle 16 alle 24
catalogo edito da Quodlibet
info www.museomacro.it