Matosinhos / Gabriele Basilico e Álvaro Siza

27 Giugno 2017

La luce ci pone al cospetto del suo essere un concetto margine, perfino archetipo della marginalità. Tendiamo perlopiù a considerarla come una polarità, un estremo positivo, una condizione di presenza, di scena, di vita. Ma, a ben vedere, se è vero che non potremmo concepirne l’idea senza il suo contrario, dobbiamo convincerci che luce e ombra siano solo alcuni dei nomi di questo confine, di questo gradiente continuamente attraversato dalle cose e dal nostro sguardo su di esse. Anche foto-grafia non sarebbe scrittura di alcunché, senza il contrasto essenziale che la luce si porta addosso naturalmente. Del resto, un’esclusiva di luce brucia la foto, la rende illeggibile, cieca per eccesso di visibilità, e acceca anche i nostri, di occhi, come accade ai protagonisti di Cecità di José Saramago, afflitti da una vista interamente bianca. Da un portoghese a un altro, Álvaro Siza, arriviamo attraverso il fotografo che del doppio taglio dell’arma luminosa faceva il proprio strumento forse più affilato: Gabriele Basilico. Dobbiamo immaginare i due amici passeggiare a pochi chilometri da Porto, nella cittadina originaria di Siza, Matosinhos, e scambiarsi pensieri accomunati da qualcosa di più intimo dell’architettura o, meglio, pensieri in grado di rendere l’architettura un dominio molto più intimo e complesso di una mera disciplina dell’organizzazione degli spazi. I due si scambiano sguardi, occhi negli occhi ma anche e soprattutto rivolgendosi al paesaggio, si guardano guardare.

 

 

L’architetto Álvaro Siza osserva l’architetto che ha scelto di fotografare l’architettura e capisce che quell’individuo condivide con lui la stessa fascinazione, la stessa fiducia per la marginalità, tanto da aver coniugato due tecniche espressive che su quel margine risiedono: come accade per la fotografia, infatti, «non c’è spazio né architettura senza luce». Queste parole, che l’architetto portoghese dedica a Basilico, sono diventate il sottotitolo di un progetto che, dopo anni dalla realizzazione e dalla scomparsa del fotografo, vede la luce – appunto – nell’esposizione Matosinhos alla galleria Vicolo Folletto Art Factories di Reggio Emilia, nel contesto del Circuito Off di Fotografia Europea 2017, composta da quaranta fotografie di Basilico e dieci disegni di Siza (visita che si può arricchire leggendo l'omonimo volume: Gabriele Basilico e Álvaro Siza, Matosinhos. Non c’è spazio né architettura senza luce, corsiero editore, 2017, pagg. 120).

 

 

A metà degli anni Novanta, l’amministrazione comunale della cittadina del distretto di Porto aveva commissionato il progetto espositivo Uma cidade assim (Una città così), fortemente voluto da Tereza Siza, la sorella di Álvaro, che aveva insistito per coinvolgere Basilico. Proprio nella casa di Tereza, ancora residente a Matosinhos, si inauguravano così le conversazioni tra i due protagonisti di questa storia che, tra il 1994 e il ’96, disvelarono e approfondirono l’affinità delle loro poetiche. In particolare, i fratelli Siza avvertirono con forte evidenza quanto Gabriele Basilico fosse l’artista ideale per narrare la città rinnovata, non si può sapere quale città, quella che riemerge, che si auto-genera dal proprio disequilibrio, che nelle proprie rovine sfoggia già, magari in ombra, il germe del loro superamento. Così Álvaro: «Le immagini esasperate di Basilico sono l’espressione di un’enorme speranza, di comprensione e di tolleranza, della convinzione».

 

Ci troviamo di nuovo ai margini, sul margine, quello tra distruzione e immaginazione, come una ferita. La ferita ci riguarda ed esige che la si tratti con riguardo, che la si guardi, che non la si ignori, pena la catastrofe. La ferita, anche quella della città, va curata perché si rimargini, perché svicoli la promessa di infezione e contagio e prospetti, invece, quella di salute formativa e di narrazione. Occorre guardare i margini, fissarci lo sguardo ma senza alcun intento giuridico, resistendo alla tentazione di differenziarsene condannandoli, e invece accogliendoli, prendendosene cura, con delicatezza, proprio come si fa perché guarisca una ferita.

Questa cura, ostinata e generatrice, è nell’occhio e quindi nelle fotografie di Gabriele Basilico e, nel raccontare Matosinhos, la sta già vedendo e creando. Dal caos che gli occhi dei due amici percepivano intorno a loro, l’obiettivo ha rapito e distillato la nitidezza, la sospensione, riuscendo però nell’intento di non rifugiarsi nel metafisico e di lasciare, invece, che queste immagini si impongano come come bellezza immanente, che conservino la potenza che ha incantato Tereza Siza: «In pace e in guerra le immagini [di Basilico] sono potenti, esercitano il loro potere su di noi, toccando il paradosso di ciò che siamo: produttori e distruttori, creatori di bellezza anche nella catastrofe». Analogamente, i disegni di Álvaro Siza vibrano di delicatezza, escono dalla pagina e ci vengono incontro, tutt’altro che algida e asettica schematizzazione bensì vivida e abitata rappresentazione di scene umane in cui la figura umana non c’è e perciò ve ne è la traccia (caratteristica, questa, basilichiana se ne esiste una).

 

Nel segno del margine, le parole di Gabriele Basilico spiegano una volta di più l’intimità delle visioni dei due: «Mi commuove l’idea che un grande architetto come Siza sia affascinato dalla marginalità: è forse una strada per capire, da angolazione diversa, il percorso che si intreccia con l’esperienza di Evora [l’architetto fu incaricato dal comune di Evora, nel 1977, di progettare il quartiere periferico di Malagueira, ndr] e che misura la capacità di creare architettura con il confronto e il rispetto per la spontaneità dei modi di abitare.»

 

La mostra è curata da Giovanna Calvenzi nei locali della giovane ma attivissima galleria in Vicolo Folletto (realtà diretta da Tiziano Scalabrini che si avvale della collaborazione di Flavio Arensi), ed è corredata da un catalogo di pregio edito da Corsiero Editore.

 

Matosinhos - Non c’è spazio né architettura senza luce

Vicolo Folletto Art Factories

vicolo Folletto 1 – Reggio Emilia

Fotografia Europea 2017 – Circuito Off

Fino al 9 luglio 2017

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