Gian Arturo Ferrari. Libro

8 Maggio 2014

Non stupisce, per chi ha seguito le vicende professionali di Gian Arturo Ferrari, ritrovare in Libro (Bollati Boringhieri) innanzitutto una dichiarazione di amore.

“Dobbiamo molto al libro. La vita intellettuale degli uomini ha avuto nel libro il suo utensile più versatile e insieme il suo emblema più glorioso” (p.14). Come dargli torto? dobbiamo molto ai libri: come persone pensanti e come società. E quindi capire che cosa è successo e che cosa sta succedendo ai libri è un ottimo motivo per cui suggerisco caldamente di leggere questo volume

 

Ho particolarmente apprezzato l’inquadramento storico di 5.000 anni: tecnicamente il libro è ben più giovane certo, ma il respiro lungo ci permette di capire quali sono le premesse che hanno determinato la nascita e l’affermazione dei libri: attraverso la storia del libro, da manoscritto, a volume stampato con i caratteri mobili, all’ebook, l’autore ci parla estensivamente delle funzioni del libro, dei mestieri dell’editoria, delle crescenti possibilità di accesso alla conoscenza che le innovazioni nei modi di scrivere, leggere e pubblicare hanno permesso, man mano che il costo e la difficoltà di produrre e distribuire i libri andavano diminuendo. Il racconto della storia del passaggio da oralità a scrittura, della lettura e del libro permette di riflettere sulla sua economia; la possibilità di fare libri sempre meno costosi moltiplica i generi, i pubblici, le relazioni fra testo e supporto, fra lettore e testo, fra scrittura e lettura e le mediazioni fra individui e società che il libro crea.

 

Ancora, in un momento in cui la specificità del libro è facilmente confusa perché la massificazione dei prodotti è stata massiccia – e Ferrari in Italia è stato teorico dei “gigalibri”, titoli nati e gestiti per scalare le classifiche di vendita – perché il supporto non distingue più univocamente il prodotto, perché il confine fra testo autoprodotto e libro pubblicato si sfuma, perché sembra ad alcuni che la differenza fra un libro e un periodico stia solo nella lunghezza del testo , questo volume ci ricorda da dove viene la “chiara fama” dei libri, ossia dal fatto di essere stati ed essere depositari di contenuti importanti, perché sono nati non già come contenitori di pubblicità ma come contenitori di contenuti meritevoli di essere conservati: i conti, gli atti amministrativi, la parola di Dio e quel che serve a lodarlo. Mica da tutti…

 

Nell’analisi del futuro del libro, l’aspetto che più mi ha dato da pensare è sintetizzato in questa frase (a pag. 182) “Un primo e fondamentale aspetto che differenzia l’avvento della stampa da quello dell’ebook è che la stampa era una tecnologia specifica del libro, mentre l’ebook è l’applicazione al libro di una tecnologia di dimensioni e ambizioni molto più vaste. I libri sono solo una parte, e probabilmente la parte minore, della cosiddetta rivoluzione digitale. In altri termini, la stampa era al servizio del libro, mentre la tecnologia è qualcosa che comprende e incorpora il libro, quando non tende addirittura a sostituirlo. Vi è insomma, latente
e inespressa ma efficace, l’idea di un superamento del libro…”.


Il rischio c’è, ma come immaginava Calvino c’è anche dall’altra parte di nuovo una infinità di possibilità che si aprono per raccogliere e raccontare in modi nuovi (e necessariamente economicamente sostenibili) storie meritevoli di essere conservate. A differenza del passato, la responsabilità di dare ruolo al libro non è solo di chi i libri “li fa” ma molto di chi si identifica come “lettore di libri”.

 

 

Il libro sarà presentato al Salone Internazionale del libro domenica 11 maggio alle ore 15.00. Con Gian Arturo Ferrari dialoga Stefano Mauri

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