Il pane miracoloso

23 Ottobre 2019

Il pane è buono, c’è poco da dire. E inoltre il pane si presta ad essere moltiplicato; infatti nei testi sacri si parla di ripetute miracolose moltiplicazioni del pane.

Quel giorno vicino al lago di Tiberiade c’era molta folla ad ascoltare un sermone; era uso dopo ogni sermone distribuire del pane; la turba era affamata, perché dopo il cibo spirituale ci si aspettava quello reale, e tutti erano di buon umore pensando alla prossima distribuzione di pane.

Il pane allora non era preconfezionato, ma lo si cuoceva poco prima. Per questo i sermoni erano sempre accompagnati da una cucina da campo. Ma quella volta, con costernazione, di pane erano rimasti senza. Se non c’era pane in genere davano pesci, ma anche di pesci niente. In cucina erano disperati. Lo dice chiaro e tondo il Vangelo: il fornaio si voleva buttare dalla finestra, ma erano a piano terra, in una zona semi desertica. Lo dicono sempre i Vangeli.

Intanto Gesù di Nazareth dopo il sermone gironzolava assieme ai dodici apostoli. “State buoni,” diceva alla folla, “il pane arriva.” E tutti ascoltandolo avevano fede, e pregustavano il buon pane, semplice, che non tradisce.

 

Da tutta la Palestina venivano. Perché si era sparsa la fama dei buoni sermoni e dell’ottimo pane. Nel suo gironzolare, poiché si faceva tardi, Gesù Cristo è passato accanto alla cucina, e ha visto il viso terreo del fornaio e lo spavento diffuso. La folla affamata, anche se sazia spiritualmente, può aspettare mezz’ora, tre quarti d’ora, le si può fare un secondo sermone, poi s’inferocisce e fa strage. Questo in cucina lo si sapeva, e guardavano Gesù perché li salvasse. 

 

 

 

Era una cucina su ruote, abbastanza moderna, ma tutt’ad un tratto, quando stava finendo il sermone, ci si era accorti che il pane mancava.

Com’è possibile? direte voi. C’era solo il pane a cui pensare e se lo erano dimenticato? Be’, la verità è che il fornaio in carica soffriva di amnesie. Gli apostoli allora hanno chiesto: “Ma non c’è della farina?” No, non c’era neanche farina, il fornaio se l’era scordata. “Come mai?” gli hanno chiesto i dodici apostoli. Non lo so. Bisogna dire che il suo stato mentale era gravissimo; lo teneva nascosto, voleva far credere d’essere solo distratto, ma ormai il suo deficit era risaputo, lo tolleravano per compassione, aveva sei figli da mantenere, la moglie, la suocera, e un suo cugino pure lui affetto da amnesie occasionali; il quale gli faceva da aiuto, ma come immaginerete peggiorava la situazione. Infatti sarebbe stato suo compito occuparsi dei pesci, però se li era scordati. Quindi in cucina non c’era niente, neppure il fuoco, né una pentola da metter sul fuoco, o una piastra. Come ho già detto il fornaio voleva uccidersi, ma non si ricordava d’essere al piano terreno; aveva visto in giro una corda, ma dove fosse se l’era scordato, e il cugino a nominargli la corda restava sospeso, come se la parola l’avesse abbagliato; diciamo che non era di grande aiuto.

 

Gli apostoli, che erano pragmatici, avevano chiesto della farina. Voi penserete: per fare il pane. Sì, questa era stata l’idea, anche se poi si erano resi conto che mancava tutto, pure il modo di cuocerlo. E allora, avendo con loro Gesù, avevano immediatamente pensato di fargli fare un miracolo. Detto così sembra semplice. Un incompetente può pensare che con un miracolo si faccia apparire dal nulla qualcosa, nel nostro caso del pane. Ma c’è un ostacolo, un ostacolo grave, che pone dei limiti anche ai miracoli. Il numero dei nuclei atomici presenti nell’universo è fisso, è un numero molto elevato, ma l’hanno calcolato ed è quello. Facendo del pane dal nulla, si aumenterebbe il numero degli atomi, cambiando con ciò il destino dell’universo; ossia, per fare un esempio concreto, senza quell’aggiunta di pane l’universo avrebbe continuato ad espandersi fino a rarefarsi e raffreddarsi, e scomparire nello spazio infinito. Invece con quel pane aggiunto, la massa dell’universo sarebbe aumentata quel tanto da far prevalere la gravità sulla dilatazione, e invece che espandersi avrebbe incominciato a contrarsi, gli equilibri del nostro universo sono delicatissimi, sono stati congegnati al momento della fluttuazione quantistica e del cosiddetto Big Bang, che se uno è credente interpreta come primo giorno della creazione, in cui è stato stabilito il numero totale degli atomi e delle molecole possibili. Per l’amnesia di due incolti fornai, per un semplice spuntino dopo una predica, poteva cambiare il destino dell’universo? Stabilito una volta per tutte quindici miliardi di anni fa dal Padreterno? Evidentemente no, ci sarebbe conflitto d’interesse; o contraddizione nella logica mente divina. Quindi un miracolo può solo trasformare qualcosa (anche se si pone il problema dell’energia per la trasformazione, ma per ora la trascuriamo). Dunque occorreva qualcosa di già dato su cui operare.

 

 

“C’è della segatura?” hanno chiesto gli apostoli, mentre Gesù stava seduto nella cucina da campo e si preparava. Be’, c’era della legna. Gli apostoli hanno ordinato che la si segasse. Cosa incredibile, cosa veramente inaspettata, il cugino aiuto cuoco era venuto con una sega, una grossa sega da boscaiolo. Come mai? chiederete. Beh, la sua amnesia era stravagante, e per andare a cucinare aveva immaginato ci volesse una sega. Come aiuto cuoco era inaffidabile, certo!, nella carriera non è andato lontano, però in questo caso ci ha indovinato, e si sono messi tutti a segare, producendo una montagna di segatura, su cui Gesù ha incominciato a operare; con un etto di segatura faceva un pane, di per sé la segatura è anche leggermente nutriente, con il miracolo sembrava pane ben cotto e profumato, e ancora un po’ caldo, perché un miracolo in atto emette anche una certa dose di microonde; questo gli apostoli non lo sapevano, non avevano una laurea in fisica, e poi la fisica era di là da venire, però lo intuivano. E così quella sera è stato servito il pane di segatura. Era buono?

Be’, era discreto. Ma tra tanta folla non se n’è accorto nessuno? No, nessuno! Di fatto hanno mangiato la segatura, perché un miracolo crea l’apparenza e la convinzione, ma non cambia lo stato chimico molecolare. D’altronde in periodi di fame si è fatto spesso il pane di segatura, o misto di segatura e terriccio di bosco, o segatura e farina di veccia, o segatura e cascame di paglia; la base comunque è la segatura. Non lo si può dire pane, ma riempie e soddisfa. In gergo tecnico si chiama moltiplicazione dei pani.

 

Aggiungo per completezza che la moltiplicazione a lungo andare crea inflazione; i miracoli in generale creano inflazione, economicamente non sono un buon metodo, io lo sconsiglio, e lo sconsigliano tutti gli economisti, da Smith a Ricardo, dalla scuola liberista a Keynes. Ad esempio dopo le nozze di Cana, con tutta quell’acqua mutata in vino, c’è stato un crollo in Palestina della viticoltura e di tutta la filiera del vino; perché le botti, una volta innescato il miracolo, riempite d’acqua hanno continuato a produrre vino, mettevano acqua, usciva vino; i viticoltori in ginocchio, “Basta!” supplicavano. La qualità era scadente, a un miracolo non si può chiedere anche la denominazione controllata d’origine, l’annata, certe caratteristiche organolettiche, un retrogusto fruttato oppure di viola antica; infatti era un vino acquoso, con tracce di metanolo e colorato con fenilammina, però lo vendevano bene; e i prezzi sono crollati. A cui è seguita la depressione, e sul lungo periodo la caduta di Gerusalemme, come è narrato da Flavio Giuseppe.

Io consiglio: se di un miracolo si può fare a meno, non lo si faccia.

 

Questo testo è estratto dal numero 0 della rivista “Pantagruel”, intitolato “Il pane”, ed. La nave di Teseo, che ringraziamo.

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