Bjorn Larsson, pendolare del mare

6 Aprile 2025

La leggerezza, quel sentimento che poggia su ironia, cultura e tolleranza, spesso in bilico tra umorismo e malinconia, è il perno su cui gira Filosofia minima del pendolare, l’ultimo libro dello svedese Björn Larsson, scrittore poliglotta con alle spalle una vita di viaggi e di navigazioni, d’insegnamento e di libri pubblicati in tutto il mondo, tra narrativa, saggistica e memorie di vita.

Nei suoi ricordi il mare occupa uno spazio importante e decisivo. La saggezza del mare – titolo originario Da Capo dell’Ira alla Fine del mondo – del 2000, è un diario di bordo degli anni passati sul Rustica, una barca da crociera lunga poco più di 10 metri, con la quale aveva navigato tra Atlantico e Mare del Nord, inseguendo un ideale di vita fondato “sul movimento e sulla mancanza di radici”. Nulla a che fare con l’irrequietezza, per Larsson analoga allo stress, molto a che fare con la libertà. L’affetto per quella barca e per quella vita l’aveva portato qualche anno prima a dare lo stesso nome, Rustica, all’imbarcazione protagonista del romanzo Il cerchio celtico, forse la sua opera di narrativa più riuscita insieme al successivo Il porto dei destini incrociati. Il cerchio celtico (1992) è un’accattivante mistery story, ma è soprattutto un grande romanzo di mare ambientato tra le isole della Scozia, nell’Atlantico e nel Mare del Nord: le descrizioni di onde e di ampi orizzonti, di cieli luminosi o in tempesta, di manovre con vele gonfie di vento, ricordano e rinnovano quelle di autori classici della letteratura come Herman Melville e Joseph Conrad: “… potevo osservare l’altezza e la frequenza dell’imponente onda lunga dell’Atlantico, causata da qualche terribile tempesta a centinaia o migliaia di chilometri di distanza. Un attimo lo scafo nero sembrava sospeso sulla cresta di un’onda, l’attimo dopo era inghiottito dalle masse d’acqua. Il cielo era un inferno fiammeggiante. Tra il sole e l’isola di Coll si ammassavano nuvole pesanti, illuminate dal basso in tutte le sfumature di rosso”.

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Alla navigazione, su lago stavolta, ha dedicato anche un piccolo libro doloroso – Nel nome del figlio –, una tragica storia vera che lo toccò profondamente, quando era ancora un bambino. Il 27 agosto 1961, sei uomini e due bambini partono a bordo di una piccola barca a motore durante una gara di pesca; all’improvviso si alza il vento, l’imbarcazione viene investita da altre creste d’acqua, e si rovescia. Non si salva nessuno, e tra quegli uomini c’è anche il padre di Larsson.

L’opera che lo ha reso famoso in Italia è La vera storia del pirata John Silver (1998), un’affettuosa e accurata ricostruzione della vita e dei tempi di uno dei protagonisti dell’Isola del tesoro, il capolavoro di Robert Louis Stevenson che ha affascinato tante generazioni di lettori e di sognatori. Attraverso le memorie di Silver, il libro racconta una storia che fa riflettere sul passare del tempo e su quanto sia fragile il bene prezioso della libertà. Nel Diario di Bordo di uno scrittore (2014), descriverà con stile vivace e rapido le ricerche e scoperte, letterarie e storiche, per scrivere in modo serio e attendibile la storia di Silver. È un diario utile sia a chi voglia capire meglio lo scrittore svedese sia a chi voglia saperne di più sul romanzo di Stevenson.

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Larsson è un grande osservatore, curioso di libri altrui e di umanità, capace di navigare per mesi su una barca a vela come di sopportare l’affollamento di aliscafi e traghetti, di treni e autobus, cercando di dare un senso anche al tempo trascorso nei viaggi ripetitivi, da pendolare, per non lasciar cadere nel nulla i giorni, le ore e i minuti.

Lo scrittore svedese è un viaggiatore di quelli che finiscono per abitare nei luoghi visitati: giovanissimo, vive per un anno negli Stati Uniti, poi ne trascorre quattro in Francia, quindici in Danimarca, uno in Irlanda, due in viaggio a vela sull’Atlantico.

Come pendolare, ha percorso tante volte in traghetto il tratto di mare tra Svezia e Danimarca, per recarsi al lavoro, ma anche dalla figlia e dai nipotini, e da una dozzina di anni viaggia avanti e indietro per amore di una donna tra la cittadina di Råå, in Svezia, e l’anonima Sedriano, nell’hinterland milanese. Notevole la sua capacità di parlare in italiano, anche se tutti i libri pubblicati in Italia sono frutto di traduzioni. In un libro del 2007, l’autobiografico Bisogno di libertà, scritto in francese, spiega che nonostante la sua conoscenza delle lingue preferisce utilizzare lo svedese, per avere una maggiore possibilità di espressione: “L’unico vantaggio di scrivere in una lingua straniera – a meno di non essere un genio come Conrad – è forse la necessità di essere semplici, chiari e concreti”. In realtà scriverà in francese anche Raccontare il mare e in inglese Essere o non essere umano, pubblicato lo scorso anno in Italia da Raffaele Cortina editore.

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Il nome di Conrad riappare in Raccontare il mare, una raccolta di saggi di letteratura del 2015. Tutti gli autori ricordati in questo libro hanno scritto pagine di vita sul mare, tra bonacce, lontananze e tempeste. Sono esaminati e approfonditi intrecciando rimandi culturali e riflessioni; le pagine di Larsson sono scorrevoli e godibili anche per chi non ha mai letto le loro opere. Mentre nei capitoli su Joseph Conrad e Guy di Maupassant racconta questi due giganti della letteratura con naturalezza e antica conoscenza, scrivendo di Francesco Biamonti e Alvaro Mutis spiega invece di averli scoperti da non molti anni, ascoltando il suggerimento di alcuni lettori. Difficile rinvenire un’umiltà analoga nel mondo letterario del nostro Paese, dove tanti dichiarano di aver letto tutto e tutti, ma finiscono poi per parlare solo di sé stessi.

Il capitolo su Harry Martinson, lo sfortunato autore svedese, premio Nobel per la letteratura nel 1974, sembra un invito implicito ma accorato a tradurlo e a farlo conoscere anche fuori dal suo Paese, nonostante l’obiettiva difficoltà del suo stile linguistico. Nomade e disincantato, innamorato del mare, Martinson morì suicida nel 1978, dopo “una vita lontana dai sentieri battuti. Una vita di coraggio e di esemplare umanità”.

Ed è di Martinson l’epigrafe che apre Filosofia minima del pendolare: “Stranamente, sono gli angoli più grigi e noiosi della terra che hanno più da offrire quando vengono setacciati dagli occhi e dall’anima di chi li descrive”.

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Raccontando i suoi giorni da pendolare, Larsson dimostra un’attenzione analoga, a volte empatica, verso i compagni di viaggio più ricchi di umanità, sconsolata invece di fronte all’ignoranza e alla prepotenza. Nei momenti in cui, durante un viaggio, incrociamo la nostra vita con quella degli altri, specialmente durante i percorsi affrettati, a volte ansiosi, della vita da pendolare, i pregi e i limiti dei rapporti umani paiono accentuarsi. Incroci di sguardi, possibilità che si perdono nella nebbia, indifferenza senza fondo, a volte una disperata richiesta di un po' di calore umano: come quella del marinaio che si accosta a Larsson con fare apparentemente invadente, rivelando poi una personalità sensibile e amichevole.

Non mancano le occasioni perdute, quegli attimi fuggitivi e persi per sempre cantati da Fabrizio De André nell’indimenticabile, struggente, Le Passanti.

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Dopo aver raccontato tempeste e albe vissute nei mari celtici, avventure tra la vita e la morte dei pirati e storie letterarie, non era facile trattare un tema apparentemente leggero come il pendolarismo. Occorreva finezza di spirito e levità narrativa, e Larsson queste doti le usa con mestiere e sincera partecipazione. Il libro fa compagnia, induce al sorriso e alla riflessione, tra le righe e le divagazioni si coglie comunque, ancora una volta, quell’etica della libertà individuale, della coscienza civile e della solidarietà marinaresca che traspare in tutte le sue opere. E il senso del tempo che passa inesorabile, cui dedica un breve capitolo, sigillato da una citazione ripresa da Jean-Claude Izzo: “Il tempo, quando si resta fermi, passa a una velocità folle”. Il pendolare non è mai immobile, ma anche per lui il tempo vola via senza scampo, lasciando sensazioni di vita perduta.

Leggendo Filosofia minima del pendolare viene il desiderio di leggere o rileggere le sue opere più impegnative. Non sono facili da recuperare in libreria, e meriterebbero tutte una ristampa. Larsson è un autore da seguire nel lungo periodo, le sue storie d’inquieta malinconia hanno bisogno di veleggiare con tempi lenti, su spazi aperti, lontano da porti rassicuranti.

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