Le montagne ci salveranno?

12 Ottobre 2024

Ci sono tanti modi per raccontare e far conoscere le montagne, e tanti modi per leggerle. Sulle Alpi. Un viaggio sentimentale di Daniele Zovi (Cortina, 2024) racconta le montagne con un viaggio lungo l’intero arco alpino, sul filo di storie vissute, disseminate di emozioni e scoperte. Migrazioni verticali. La montagna ci salverà?, a cura di Andrea Membretti, Filippo Barbera e Gianni Tartari (Donzelli, 2024) riunisce voci diverse e competenti su temi come il cambiamento climatico, la fuga verso le terre alte per sfuggire dal caldo e dall’inquinamento, la possibilità di vivere e lavorare in alto. 

Zovi è una presenza fondamentale nella letteratura di montagna di questi anni, ha alle spalle tanti anni di servizio nel Corpo forestale dello Stato e una confidenza con la narrazione iniziata frequentando l’amico Mario Rigoni Stern. In effetti abita da alcuni anni in un libro di Rigoni: nel 2000 acquistò una vecchia casa semiabbandonata, nell’altipiano dei Sette Comuni, recuperandola con cura e sensibilità storica. Tempo dopo, Rigoni gli disse che quella costruzione a due piani era la protagonista del suo Le stagioni di Giacomo, che si apre e si chiude proprio in quel luogo, tra quelle mura. 

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La malga, da Sulle Alpi di Daniele Zovi, illustrazione di Piero Macola.

Come nelle opere precedenti, soprattutto Autobiografia della neve e In bosco, la narrazione mira a coinvolgere, non è mai didascalica, neppure quando descrive la fauna e la flora, la neve e le rocce delle montagne. Leggendo pare di dialogare con un amico che ne sa più di noi, che ci parla con pazienza e ironia, ammettendo anche limiti e dubbi. Come quando racconta la sua pericolosa avventura giovanile sul Civetta, frutto di una decisione improvvida, dell’incapacità di rinunciare quando le condizioni della montagna o del meteo divengono all’improvviso dense di incognite. 

Le sue storie attraversano l’intero arco alpino, dalle Marittime alle Dolomiti, si svolgono in uno spazio temporale di circa quarant’anni, il libro è quindi anche un viaggio nel tempo, quando c’erano i ghiacciai e non c’era il bostrico, quando certe valli e certe cime erano ancora vere, non ancora deturpate da ferraglia, cemento e piloni, e pozze artificiali per creare neve finta. 

A volte ha percorso impegnative e verticali vie ferrate, come la Lipella sulla Tofana di Rozes, ma il senso di Zovi per le montagne è stato soprattutto quello del grande camminatore ed escursionista, capace di superare dislivelli importanti, con passo regolare e tenace, ed è così la sua scrittura, che disegna ampie parabole seguendo un ritmo costante, quasi musicale. Non è un solitario, nei suoi viaggi ha sempre amato dialogare con le persone incontrate traversando paesi e alpeggi, ascoltando le diverse lingue e parlate delle Alpi, dall’occitano al patois, dal titsch dei walser al ladino. Ha sempre condiviso l’idea di Rigoni Stern che le Alpi siano una cerniera che unisce, che le altezze e le distanze non hanno mai separato le genti di montagna. L’epigrafe nell’incipit sintetizza lo spirito aperto e pacato di questo libro, è una riflessione dell’antropologo ed esploratore Thor Heyerdahl, l’uomo del Kon-Tiki: “Le frontiere? Esistono eccome. Nei miei viaggi ne ho incontrate molte e stanno tutte nella mente degli uomini”.

Il volume è accompagnato dalle immagini dell’illustratore e fumettista Piero Macola: paesaggi alpini sfumati ed evocativi, silenziosi e suggestivi. Ben amalgamati a pagine dove la sottile malinconia è attenuata dalla consapevolezza dell’autore di averle vissute davvero le montagne, portandosi dietro tanti ricordi e pochi rimpianti: “Scrivere di montagna mi consola, è un modo per capire e condividere quello che ho vissuto, e soprattutto è un atto di gratitudine verso tanta bellezza”. 

È un mestiere difficile quello del buon divulgatore, non amato dagli accademici di professione, ma i libri di Zovi dureranno nel tempo, e faranno compagnia a chi ama leggere e camminare nelle terre alte, a chi sa immaginare mondi nuovi senza perdere la memoria di quelli che non ci sono più. 

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Alla montagna e alle terre alte è dedicata anche l’opera a più mani Migrazioni verticali, che tratta temi legati da un sentimento sempre più diffuso: il desiderio di trasferire in alto abitazione e luogo di lavoro, per fuggire da pianure soffocanti per caldo, caos e polveri sottili. 

Il ventaglio di punti di vista degli autori è multidisciplinare, le precise e incalzanti annotazioni climatiche di Luca Mercalli si intersecano con le indagini sociologiche di Filippo Barbera, noto anche per il recente Le piazze vuote. Ritrovare gli spazi della politica (Laterza, 2023) e di Andrea Membretti, che da molti anni si dedica a studiare flussi migratori e modifiche climatiche, con una particolare attenzione alle giovani generazioni, vedi il suo Voglia di restare. Indagine sui giovani nell’Italia dei paesi (Donzelli, 2023). A loro avviso, la cosiddetta migrazione verticale è in parte agevolata dalla tecnologia informatica, ma non è accessibile a tutti, anche per motivi economici: nel libro è evidenziato tra l’altro il costante aumento dei costi di proprietà e delle locazioni nelle regioni alpine, confermato di recente da Il Sole 24 ore in un articolo del 10 agosto scorso: Case, il clima spinge la montagna. Prezzi su del 38% in dieci anni.

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La malga, da Sulle Alpi di Daniele Zovi, illustrazione di Piero Macola.

I dati climatici, preziosi dal punto di vista informativo e allarmanti, illustrati nel capitolo redatto da Mercalli, spingono a prendere in seria considerazione la decisione di salire verso le terre alte: “In un clima sempre più caldo la frequenza delle ondate di calore aumenterà molto più velocemente dell’aumento di temperatura: se le attuali temperature estreme massime in Pianura padana sono di 40-43 °C, più che aspettarsi l’insorgenza di picchi superiori a 45 °C, ci si deve attendere che i 40-43 °C siano raggiunti sempre più spesso e per maggiori durate”.. 

Ci sono tanti borghi trascurati in Italia, nelle terre alte ma anche nelle montagne di mezzo, tra i seicento e i millecinquecento metri: a fronte di una pianura ipersfruttata e inquinata, recuperare le tante abitazioni “dai camini spenti” è una possibilità. Lo stesso Mercalli qualche anno fa scelse di salire in montagna, a Vazon in Val di Susa, un piccolo borgo del Comune di Oulx situato a 1650 metri di quota, recuperando una vecchia casa le cui prime murature risalgono al 1732.

Va annotato però che in Italia le aree montane, nonostante occupino un terzo del territorio nazionale, sono abitate solo dal 12 per cento della popolazione. Le difficoltà sono tante: soprattutto il limitato accesso ai servizi, sanitari e scolastici. E proprio nelle montagne di altezza modesta si sono visti negli ultimi anni gli effetti più devastanti dei cambiamenti climatici, che hanno lasciato senza neve molti impianti sciistici, mantenuti aperti con fondi pubblici e neve finta.

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Chissà però se la montagna sarà davvero salvifica, e per quanti? Mercalli è un divulgatore di successo, altri sono riusciti ad amalgamarsi al tessuto economico locale, altri ancora hanno la possibilità e le competenze per svolgere un lavoro a distanza. Molti che desidererebbero migrare in alto, per il clima ma anche per vivere in un modo più salubre e sereno, non hanno possibilità di scegliere, devono restare in pianura per motivi di lavoro o famigliari. Una cosa però è alla portata di tutti: contribuire a diffondere conoscenza e consapevolezza sulla fragilità del nostro ambiente, sul disastro che incombe sulla nostra generazione e su quelle che verranno dopo di noi. Ognuno può fare qualcosa, piccola o grande che sia, anche se sono enormi gli interessi economici che impediscono di procedere a una sostanziale riduzione delle emissioni in atmosfera, le maggiori responsabili dei cambiamenti climatici. E una diffusa ignoranza in materia ambientale rende a volte complici di questi interessi proprio le fasce di popolazione più colpite dai forti eventi climatici. 

È vero che il caldo sempre più opprimente delle pianure spinge verso l’alto, ma il clima di questi anni non sta determinando solo alte temperature, anche nubifragi improvvisi e violenti, e quindi frane ed esondazioni: le nostre montagne sono fragili, una situazione senza rimedio se non si agisce a livello globale sulle emissioni, ma aggravata dal loro progressivo spopolamento, con l’abbandono di boschi e pascoli, e una minor cura del sottobosco. 

Arrivati all’ultima pagina del libro, la risposta alla domanda iniziale è prevedibile ma esatta: la montagna non ci salverà, a meno che prima noi non salviamo la montagna, i boschi e i pascoli, i borghi e le comunità di persone, le tradizioni culturali, le economie e le diversità ecosistemiche.

Come scriveva Giacomo Leopardi nello Zibaldone di pensieri: se l’uomo “distrugge la natura recide le radici del futuro”. Le montagne, come le colline e le pianure ancora verdi, sono salvifiche per gli esseri umani solo se preservate da un consumo avido e distruttivo, dal cemento e dai capannoni, dal “progresso scorsoio” – per usare le parole del poeta Andrea Zanzotto – che sembra attanagliarle senza rimedio.

Questi due libri dedicati alle montagne, Sulle Alpi e Migrazioni verticali, hanno in comune l’invito ad aprire gli occhi: il primo sulla bellezza ancora estesa e raggiungibile del nostro arco alpino, così da conoscerla, innamorarsene e sentire il desiderio di difenderla, il secondo per comprendere i problemi e le possibilità di vivere e lavorare nelle terre alte. Unendo passione e conoscenza ci invitano ad andare, salire e portare lo sguardo un po' più lontano, finché ci regge il cuore. 

Sulle Alpi di Daniele Zovi e Migrazioni verticali a cura di A. Membretti, F. Barbera e G. Tartari.

In copertina, Monte Bianco, da Sulle Alpi, illustrazione di Piero Macola.

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