La genesi del jihadismo in Francia secondo Gilles Kepel

10 Marzo 2016

Gilles Kepel è uno dei massimi specialisti di Islam e mondo arabo. Professore all’Istituto di scienze politiche di Parigi è noto per i suoi studi sulla genesi e lo sviluppo dei movimenti islamisti. Il suo ultimo libro uscito in Francia nel dicembre 2015 (Terreur dans l’hexagone. Genèse du djihad francais) spiega come si è costituita quella che chiama la terza generazione di jihadisti. Il testo è centrato sulla storia e i problemi relativi all’integrazione dei musulmani nella società francese e può risultare ostico a chi non si interessi delle vicende politiche del paese transalpino.

 

 

Il capitolo iniziale dal titolo 13 novembre 2015 parte dagli attentati e li osserva con taglio sociologico. Kepel analizza i profili di questi giovani attentatori figli dell’immigrazione algerina e marocchina formatasi in Francia o in Belgio e cerca di comprendere cosa non abbia funzionato e come si sia arrivati al costituirsi di nuclei terroristi in seno alla Francia.

 

Kepel parte da una data lontana nel tempo, il 1983, anno della “Marcia per l’uguaglianza e contro il razzismo” battezzata dai giornali “Marche des beurs” (termine dispregiativo con cui vengono definiti in Francia i figli degli immigrati dal Magreb) che avviene a venti anni dall’indipendenza dell’Algeria. La manifestazione era partita dai quartieri nord di Marsiglia per passare da Lione e Roubaix e arrivare, il 3 dicembre del 1983, a Parigi, dove al presidente Mitterand venne consegnata una lista di rivendicazioni volte a favorire la partecipazione politica dei cittadini francesi di origine algerina. La lista era stata stilata dalla generazione dei figli dei militanti del FLN (il fronte di liberazione algerino) e consegnata allo stesso presidente che da ministro dell’Interno, nel 1954, aveva dichiarato, durante i disordini in Algeria, che “l’unico negoziato possibile è la guerra”.

La marcia, secondo Kepel, segnò l’irruzione sulla scena francese di una etnogenerazione che all’epoca poneva domande universalistiche in linea con i principi della Repubblica. Mitterand cercò di inglobare il movimento nella sinistra francese diluendone le spinte identitarie ed estremiste, spesso declinate in radicalismo filo palestinese, e coinvolgendolo in un progetto antirazzista che vide anche la partecipazione dei gruppi dell’ebraismo transalpino legati alla sigla “SOS racisme”. Lo scopo era emarginare la destra estrema del Fronte Nazionale di Le Pen.

 

 

La seconda data significativa che Kepel ci presenta è il 2005, anno degli scontri nelle periferie che segnano l’emersione di una terza generazione dell’islam in Francia, anno della discussione da parte della commissione Stasi della legge sul velo, anno che vede la pubblicazione on-line di un “Appello alla resistenza islamica mondiale” da parte dell’ingegnere siro-spagnolo Abu Musab al-Suri. L’appello è una sorta di enciclopedia del jihadismo militante in 1600 pagine che traccia un bilancio storico del jihadismo nel ‘900 con echi hegeliani e propone la nuova strategia per il futuro. Secondo l’ingegnere bisogna passare da una organizzazione di tipo piramidale a un jihadismo di prossimità, con struttura reticolare e spostare il conflitto dagli Stati Uniti all’Europa considerata una sorta di ventre molle dell’Occidente. Se la seconda generazione islamista di al Qaida si informava attraverso la tv satellitare la terza si forma grazie ai social network e a You Tube.

 

La miccia degli scontri del 2005 è la morte di due giovani che forse per sfuggire alla polizia si erano rifugiati in un trasformatore elettrico nella zona di Clichy-sous-Bois. Dopo una marcia silenziosa in segno di protesta si ebbe il secondo agente catalizzatore della rivolta, il lancio di una granata lacrimogena nella moschea Bilal, gremita di musulmani in preghiera per le feste, sempre della stessa zona. Le immagini televisive dei fedeli che uscivano quasi soffocati dal tempio crearono un effetto di panico che portò all’esplosione violenta delle proteste in molti quartieri periferici a maggioranza musulmana delle città francesi.

 

L’occhio del sociologo si nota quando Kepel si sofferma sulla mancanza di sbocchi politici offerti a una intera generazione delle periferie e al contempo sulla radicalizzazione del messaggio repressivo portata avanti da Nicolas Sarkozy che, recependo alcune posizioni del Fronte Nazionale, parlò di “pulizia dei quartieri” e di “Racaille”, sottraendo elettori al partito di Le Pen.

 

Un paragrafo del testo di Kepel si intitola significativamente “De la profanation au blasphème” ed evoca il passaggio dai gas della moschea alle vignette satiriche su Maometto e sull’Islam pubblicate dal giornale Danese Jyllands Posten e ripubblicate da Charlie Hebdo. Alcuni paesi musulmani risponderanno alle vignette con delle caricature della Shoà. Il comico francese di origine camerunense Dieudonné metterà in scena spettacoli di successo che prendono di mira Israele e il sionismo. A questi avvenimenti si aggiunge la lenta perdita di consenso dell’UOIF (Unione delle organizzazioni islamiche di Francia espressione dei Fratelli Musulmani) e la fine di ogni controllo politico che in passato esercitavano le organizzazioni operaie di orientamento socialista e comunista. Dal 1983 in poi si assiste in questi quartieri a una crisi di rappresentanza che invano qualche organizzazione come AClefeu ha cercato di evitare. Proprio AClefeu tentò, nel corso delle rivolte del 2005, di organizzare una domanda politica che consentisse allo stato di farsi carico del disagio degli emarginati, ma la rivolta assunse toni non costruttivi e quasi nichilisti. Così le zone periferiche dove prima esisteva un forte radicamento del Partito Comunista Francese hanno lasciato uno spazio vuoto riempito dal Fronte Nazionale e dall’Islamismo prima di matrice Algerina (negli anni ’90 che vedono la guerra con il governo militare da parte del GIA) poi qaidista e infine dello Stato islamico.

 

Il voto musulmano che nel 2005 ha visto un innalzamento della partecipazione non è riuscito a bloccare Sarkozy ed eleggere Segolénè Royal, che pure si era fatta carico di una proposta per le periferie. Questo stesso blocco elettorale ha poi consentito l’elezione di Hollande ma l’islamismo, a partire dal 2012, si è indirizzato verso un piano inclinato che ha portato agli attentati di Mohammed Merah a Tolosa poi a quelli di Charlie Hebdo e infine al Bataclan.

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