L'esperto di comunicazione
I media hanno creato una figura che più di ogni altra dimostra la nostra primitiva soggezione di fronte ai fenomeni di massa: l'esperto di comunicazione.
La definizione è in sé stupefacente, di ampiezza tale da incantare: egli può dunque pronunciarsi su una materia pressoché infinita, da internet agli speech dei politici, dai palinsesti tv alla pubblicità, e poi i giornali, gli eventi, le pubbliche relazioni, la radio, i graffiti, le cover... Possibile? Il suo è evidentemente un sapere magico, basato sull'intuizione, su un talento innato. Più che un mestiere: una qualità. Una conoscenza non trasmettibile.
Eppure il solo linguaggio pubblicitario moderno ha oltre trecento anni di storia, e si dispiega in un ambito mondiale sconfinato, a oggi così poco censito da rendere ardua qualunque indagine rigorosa, senza considerare la ricchezza delle sue implicazioni (economia, sociologia, estetica...). Così come la grafica esige altre specifiche attenzioni, o la tv, e via dicendo.
Di fatto, il nostro esperto è una figura di fantasia. Ma a quale bisogno corrisponde l'invenzione di questo character? Cosa ci stanno dicendo davvero, i media, quando lo presentano?
da The Ides of March, 2011
In primo luogo, con l'apparizione carismatica dell'esperto di comunicazione, il sistema dei media si descrive come un mondo complesso e oscuro, da guardare intimiditi e interrogare a distanza. L'esistenza stessa di questa sorta di oracolo non fa che mantenere la materia "comunicazione" nel calderone dell'indistinto, ma anche del fatidico, del quasi divino.
La vaghezza di cui è depositario, poi, corrisponde al pressapoco nostrano sul tema, alla raccogliticcia esperienza didattica di gran parte delle scuole e dei corsi di laurea in scienza della comunicazione, tra bibliografie improvvisate e docenti reclutati fortunosamente (con eccezioni di rilievo, per l'appunto tali). L'invenzione dell'esperto, quindi, è anche il tentativo di nascondere dietro una soggezione magica la strabordante mole di ciò che non stiamo studiando.
Cosa significa allora questo bisogno di ampliare la descrizione di una competenza, comprendendo tutto? Qui arriviamo all'ambiguità di fondo della sua figura. L'apparenza dell'esperto è infatti quella di un sapiente interdisciplinare, un colto eclettico, una sorta di versione pop dell'umanista rinascimentale.
Illusione ottica. La sua sostanza, invece, è proprio negare conoscenza. Nella confusione, l'esperto solitario prospera, vantando una mappa che non mostra a nessuno. Rivestendo la sua materia di sacralità, la rende intoccabile. Ne fa una forma di potere.
Eppure non c'è materia nel nostro paese che più della comunicazione – e della pubblicità – abbia bisogno di laicità. Di essere estratta dal mare di abracadabra nella quale affoga, lì dove galleggiano anche i ragionamenti su Berlusconi "ipnotizzatore", i ritratti del "guru" Casaleggio, i rimbrotti continui alla politica che "non sa comunicare"... un'acqua torbida nella quale tutto può essere pescato, ogni torto, ogni ragione, ogni spiegazione.
Gianroberto Casaleggio
Bill magazine ha pubblicato i testi inediti di Bernbach, grande mad men umanista degli anni sessanta. Nessuno più di lui ha operato per portare sulla terraferma il linguaggio pubblicitario. La sua avversione a ogni formula magica era assoluta, così come il suo scetticismo verso le ricerche di mercato e le logiche di derivazione fordista. Allora fu considerato un anticonformista. Oggi risulta un anticipatore, che aveva intuito quanto il libero mercato creasse l'esigenza di più humanity, e non di meno. Fu Bernbach a dimostrare che quell'alternativa era non solo praticabile ma cruciale. Do this or die, recitava un suo celebre annuncio.
Però non si presentava come uno stregone, come un esperto di comunicazione: era un pubblicitario, e questo bastava. Il suo mestiere.
In effetti, un primo contributo alla causa sarebbe rifiutarsi. Basterebbe sottrarsi alla qualifica magica e indicare al mass media di turno la propria sfera di competenza, il proprio campo di studi, in modo meno impalpabile. Ma guastare la festa dei media è sempre complicato. Soprattutto se ne sei l'esperto.