Progetto impossibile per un romanzo su Berlusconi

14 Giugno 2023

A mio modesto avviso è del tutto impossibile scrivere un racconto su Silvio Berlusconi.
Perché?
Innanzitutto per una semplice questione di quantità. Un racconto sarebbe troppo poco per un personaggio così eccessivo. Molto meglio un romanzo. Ma un romanzo che poi si dovrebbe dilatare a ciclo di romanzi. Una lunga e complicata saga familiare, tipo quella degli zoliani Rougon-Macquart.
Quindi ci vorrebbe il talento, e la lena, di Zola.
Ma non basta.

Berlusconi è stato un autentico self-made man, un uomo che si è fatto da sé: quello che in latino si sarebbe detto un “homo novus”.
La famiglia Berlusconi non era la famiglia Pirelli o Agnelli o una delle svariate altre dell'aristocrazia del Denaro.
Nominata da Gadda nell'Adalgisa (e precisamente nel Concerto di centoventi professori), assieme ad altre, come simbolo di milanesità, (“i Lattuada, i Perego, i Caviggioni, i Trabattoni, i Berlusconi” – eccoli!), ma le mancavano i “danè”, almeno nelle proporzioni in cui spesseggiavano nelle altre più gloriose famiglie di cui sopra.
Per descrivere le imprese di un self-made man ci vorrebbe il talento di un Balzac. Solo lui redivivo potrebbe tratteggiare con la vividezza necessaria gli esordi di un “homo novus” tra gli squali consolidati della finanza e/o imprenditoria.
Il Rastignac di via Volturno, che si muove con la sagacia e la spregiudicatezza appropriata a quell'ambiente spietato. E la manna da cielo dell'aiuto del padre e di altri misteriosi finanziatori. Perché, si sa, l'origine di tutte le grandi fortune è oscura. Non solo quella di Berlusconi.
E poi solo un Balzac potrebbe rappresentare adeguatamente le schiere di amici e nemici, che un personaggio come Berlusconi ha saputo alimentare in modo singolarmente bilanciato.

Ma forse no, no, nemmeno Balzac potrebbe essere capace di tanto.
Mann, Thomas Mann, ecco, lui forse riuscirebbe nell'impresa. Berlusconi ha, in parte, i tratti di Felix Krull. La sua ascesa irresistibile, la sua illimitata faccia tosta, il suo incrollabile ottimismo si ritrovano già lì, nelle pagine di quel romanzo manniano.
Macché! Bisogna o bisognerebbe rifarsi a Petronio.
Non è a caso infatti che ho usato l'espressione “homo novus”.

Berlusconi, anche foneticamente, richiama Trimalcione.
Il liberto che è venuto su dalla gavetta (“ex parvo crevit”) e che però è ora diventato così ricco che può addirittura chiedere: che cos'è un povero? (“quid est pauper?”). Uno i cui Lari si chiamano Affarone, Contentone e Guadagnone (“Cerdonem... Felicionem... Lucronem). Uno il cui motto è “compro bene, vendo bene” (“bene emo, bene vendo”). Uno infine convinto fin nelle più intime fibre che se “hai un soldo, vali un soldo” (“assem habeas, assem valeas”).
E uno così sa conquistarsi il favore popolare con l'allestimento di spettacolari e sfarzosi banchetti, molto ambiti anche da intellettuali (“scholastici”) squattrinati, ma molto attratti dal buon cibo e da intriganti coreografie e belle ragazze disponibili.
Trimalcione del resto deve parecchio alla sua Fortunata che è anche il suo factotum (“topanta”).

E qui si aprirebbe il lungo, lunghissimo capitolo, libro nel libro, sulle donne. Sulle innumerevoli Donne di quest'Uomo.
Da un lato si schiuderebbe un vasto campo, degno dell'infaticabilità (scrittoria) di un Casanova (chiuso nel castello di Dux a vergare le sue monotone memorie) o dell'ossessività di un De Sade, ma senza crudeltà. Dall'altro qui potrebbe trovare alimento uno di quei grandiosi registratori di pettegolezzi altolocati (o anche bassolocati) sul modello di Saint-Simon o Proust.
Immagino quali sterminate pagine di chiacchiericci, maldicenze, verbosità scatenata e sbrigliata potrebbe far nascere la semplice auscultazione di quella Corte di signorine, signore, signorette in perenne competizione fra loro – e lui, Lui, là in mezzo, più vittima che dominatore.
Vittima soprattutto del proprio inguaribile narcisismo.

Ed ecco che, esattamente su questo punto specifico, sarebbe chiamato ad intervenire uno scrittore come Gadda. Niente di meno. Chi, se non il Carlo Emilio, potrebbe disquisire, in una vasta parentesi teorica disseminata all'interno della narrazione delle vicende erotiche del Protagonista, su temi quali “l'esibizione atto fondamentale della psicosi narcissica”? O sulla “trasposizione simbolistico-analogica o simbolistico-estensiva del pragma specifico in una esibizione di altro oggetto”?

Nessuno, nessuno, tranne Gadda. Il Gadda miscapito di Eros e Priapo ovviamente.
Per le tormentate e tormentose vicende giudiziarie che hanno per anni e anni afflitto il Nostro potrebbe cadere a fagiuolo la penna di... Pier Paolo Pasolini.
Personalmente sono sempre stato colpito dal destino comune di questi due personaggi altrimenti così distanti. Entrambi hanno dovuto affrontare decine di processi, dai quali sono quasi sempre usciti assolti. Di natura diversissima, certo; ma l'analogia rimane.
E, siccome Pasolini meditava, nei suoi ultimi giorni, di scrivere una sorta di libro bianco sulle sue vicende giudiziarie, libro che, assicurava, sarebbe stato assai divertente e comico suo malgrado – perché non vederlo all'opera, nella nostra immaginazione, sui casi giudiziari di Berlusconi?

Quest'uomo che è stato moltissime cose e si è occupato di moltissime cose, cambiandole tutte in profondità, perché c'è un prima e un dopo Berlusconi nella televisione, nel calcio, nella politica (e forse anche nell'edilizia), quest'uomo molto probabilmente sarebbe stato definito da Cicerone (anche lui un homo novus) come “monstrum”. Ossia come essere portentoso, miracoloso, dove i portenti e miracoli non necessariamente avevano valenza positiva (ma nemmeno solo negativa).
Così Cicerone definì Catilina, riconoscendogli anche delle insospettate qualità.

Una qualità che sicuramente non difettava a Berlusconi era il fiuto infallibile a proposito dei gusti del grande pubblico. Egli non si curò delle élites, che rendono poco, ma delle masse.
Credo che Antonio Gramsci sarebbe stato molto colpito da Berlusconi. In fondo che ha fatto se non esercitare ciò che Gramsci stesso teorizzò come “egemonia”?
Se esistesse oggi in Italia (e altrove) uno scrittore capace di unire il talento e le capacità di Balzac, Zola, Mann, Petronio, Gadda, Casanova, Saint-Simon, Proust, Pasolini, Cicerone e Gramsci, sono sicuro che consacrerebbe la sua attività a un colossale romanzo su Berlusconi.

Ma un racconto, un racconto, no.

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