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“Ma che cazzo sta succedendo in America?” (Terza parte)

11 Marzo 2025

Ogni giorno ricevo messaggi di fantomatici gruppi di attivisti democratici che non hanno nomi, solo sigle, e mi chiedono soldi per sconfiggere Trump. Ogni giorno ricevo messaggi da rappresentanti del Partito Democratico che da qualche sito che ieri non c’era mi chiedono soldi per aiutarli a lottare contro Trump. Apro il computer e sul feed di MSN vedo titoli strabilianti su quanto il gradimento di Trump stia ormai crollando anche tra i suoi elettori. Poi magari leggo gli articoli e scopro che ogni sondaggio è puntualmente smentito da un altro sondaggio, o che la perdita di consenso è comunque minima. Eminenze grigie (grigie anche per l’età) sostengono addirittura che in questo momento i democratici non dovrebbero fare assolutamente nulla, anzi (parole di James Carville, ex consigliere di Clinton), solo stendersi a terra e far finta di essere morti. Bisogna lasciare che Trump finisca di scavarsi la fossa con le sue mani, per poi intervenire e metterci sopra una lapide.

Sospetto però che questa fossa sia molto larga e accogliente, e che Trump avrà tutto il tempo di attrezzarla bene, con aria condizionata, un frigorifero pieno di hamburger e un cesso rivestito d’oro. A dire il vero, in questo momento non mi aspetto altro, dai democratici, che una buona simulazione del rigor mortis. Se poi sia solo una messa in scena o se siano morti davvero, è cosa che dovranno scoprire loro stessi, nessuno li aiuterà. C’è gente che è scesa in piazza, oh sì. Qualche centinaio contro il piano di licenziamenti di Elon Musk, qualche centinaio in favore dell’Ucraina (nessuno nelle università, assolutamente nessuno, neanche quando Trump ha minacciato di rimpatriare i profughi ucraini negli Stati Uniti; è comprensibile: gli ucraini sono troppo bianchi di pelle per suscitare simpatie tra gli studenti).

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Ho parlato spesso di uova negli articoli precedenti. Ma non sono io ad essere fissato, sono i media che non riescono a liberarsi dal meme secondo il quale Trump è stato eletto perché il prezzo delle uova ha sforato. Propongo dunque, per l’elettore di Trump, il nomignolo ufficiale di “uomo delle uova”. Ebbene, finché non andrà in piazza l’uomo delle uova (o la donna, visto che le donne sono il 45% dell’elettorato di Trump), non accadrà nulla. Ma in nome di che cosa lo farà? E se ci sarà violenza, contro chi sarà diretta? Non lo sappiamo, perché se l’uomo delle uova deve scegliere tra risentimento, riforma o rivoluzione, sceglierà il risentimento o la rivoluzione, non certo la riforma, non certo il gradualismo e la moderazione. Spesso, non dico sempre, le grandi riforme si fanno senza che il popolo se ne accorga. L'Unione Europea è stata l'idea di una ristretta élite liberale-illuminista. Se negli anni Cinquanta fosse stata sottoposta a un referendum non sarebbe mai passata. Occorrono contingenze irripetibili perché una qualsiasi utopia (un'idea che non ha un luogo dove stare) diventi praticabile (trovi un qui ed ora dove realizzarsi). Bisogna saper cogliere il momento, il kairós, l’Occasione. Ma il politico in cerca dell’Occasione deve fare i conti, oltre che con quel quantum di amoralità senza il quale non si dà Grande Opportunismo (significa che anche i propri “valori”, per quanto nobili, vanno trattati come merce di scambio), anche con la moralità o meglio il moralismo degli elettori. Il popolo di sinistra, che una volta godeva trasgressivamente del sogno della rivoluzione, oggi è represso, moralista e bacchettone. Ma anche la destra ha i suoi valori, e se il Christian americano, che di ragioni di godimento ne ha sempre avute poche, decide di votare per Trump è perché ora è lui, il Christian, il vero Grande Opportunista, il vero “politico”, colui che si è davvero deciso per la volontà di potenza. E se un tempo l’elettore di sinistra era disposto a sopportare sacrifici pur di vedere realizzati i suoi ideali, così lo è anche l’elettore di destra, anzi ancora di più. Mai e poi mai gli capiterebbe un'altra simile occasione. Una rivolta contro Trump da parte del suo elettorato non è pensabile, non importa quante bastonate si prenda. Chi sta in una relazione abusiva ha sempre pronta una giustificazione che non aveva mai trovato prima, come ne avrà un’altra domani alla quale oggi non ha ancora pensato. Finché il vaso non trabocca, s’intende, ma perché questo accada è necessario, per usare una frase biblica, che sia tolto di mezzo tutto ciò che ancora trattiene il compiersi del “mistero dell’iniquità” (S. Paolo, Tessalonicesi 2, 17). E chi trattiene l’iniquità dal compiersi fino in fondo se non quella moglie maltrattata e cocciuta che risponde al nome di democrazia?

Come liberarsi dunque della democrazia, di questo ultimo ostacolo? Quinn Slobodian, autore di Il capitalismo della frammentazione. Gli integralisti del mercato e il sogno di un mondo senza democrazia (Einaudi 2023), in un articolo intitolato Speed Up the Breakdown (“New York Review of Books”, 15 febbraio 2025) e in successive interviste ha fatto notare che sotto l’apparente caos dell’amministrazione Trump si agitano tre progetti. Il primo è che lo stato deve riconfigurarsi come un’impresa privata, così che i cittadini siano ridotti a puri consumatori dei prodotti che vengono loro forniti. Aggiungiamo l’ovvio, cioè che se lo stato è un’impresa, sarà soggetto alle stesse ristrutturazioni che accadono nella vita di un’impresa, e che il presidente degli Stati Uniti ne sarà solo l’amministratore delegato (nella situazione attuale, Trump è il presidente del consiglio d’amministrazione e l’amministratore delegato è Musk).

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Il secondo progetto è quello dei cristiani ultraconservatori secondo i quali lo stato non deve occuparsi di nient’altro che non sia la difesa del territorio nazionale e della proprietà privata. Niente pubblica istruzione, niente assistenza sanitaria, niente protezione dell’ambiente, niente sistema pensionistico, niente diritti per le minoranze. Sono posizioni che anche il libertarismo classico ha sostenuto in passato, pur se con meno durezza. Basta leggere Anarchia, stato e utopia di Robert Nozick (Il Saggiatore 2024), filosofo convertitosi al libertarismo per ribellione contro lo “stato etico”, democratico e assistenziale, e la sua pretesa che i cittadini siano “buoni” gli uni con gli altri. Il principio deriva da quello già sostenuto nell’Ottocento da Henry David Thoreau, “il governo migliore è quello che governa meno”. Nel caso degli ultra-Christians ci si aggiunge però una visione teologica, esplicita o implicita che sia: lo stato non deve mettersi di mezzo tra il cristiano e Dio. La mediazione dello stato sociale non è accettabile; fa dimenticare al cristiano che la salvezza viene solo da Dio. E chi cristiano non è, si arrangi; questa terra non è la sua terra.

Il terzo progetto è l’accelerazionismo, avanzato dalle menti tecnocratiche di Silicon Valley (Curtis Yarvin e altri) come da esponenti del cosiddetto “illuminismo oscuro” (Nick Land e altri), che potremmo anche chiamare la destra deleuziana (così come ci sono state una destra hegeliana e una sinistra hegeliana, così è accaduto per l’eredità di Deleuze).

Secondo questa linea di pensiero, almeno per alcuni, non si tratta neanche di trasformare lo stato in una corporation bensì proprio di distruggerlo, per scatenare al suo posto una situazione da “signori della guerra” in cui le corporations si comportano come feudi in un conflitto darwiniano, allo scopo di garantire la vittoria del più forte. Si badi che, come esiste una destra deleuziana, di fatto esiste anche una destra derridiana. Steve Bannon, ex consigliere di Trump in rotta con Musk più per essere stato tagliato fuori che per reale differenza ideologica (che pure c’è), parla apertamente di “decostruzione dello stato”. Il progetto “liberatorio” dell’antimetafisica di Derrida (la “decostruzione” della filosofia dell’Occidente), così come il progetto altrettanto liberatorio dei “piani di immanenza” di Deleuze e Guattari, l’infinita prateria nella quale soggetto nomade non si fa “catturare” dagli apparati del potere, sono stati pensati, assimilati, digeriti dai filosofi di destra e risputati fuori come cosa loro.

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Non è la prima volta che la sinistra mette le sue armi più sofisticate a disposizione della destra. Consideriamo poi che lo stato sociale è un’invenzione recente. Negli Stati Uniti non ha nemmeno cento anni. Non c’è ragione, pensano i suoi decostruttori, perché lo si debba credere eterno. E poi, lo stato sociale è il frutto di un pensiero della pace. Ma la pace e la sicurezza rallentano l’impresa e l’innovazione. Pongono dei limiti, vogliono preservare l’essenza dell’umano (qualunque cosa sia) dal potere della tecnica. E perché mai, si chiede il decostruttore, ci sarebbe qualcosa che deve essere “salvato”, quando sappiamo che nessun regime politico può essere eterno e che nulla e nessuno può fermare una tecnica che sta già sfuggendo al controllo umano? Perché non ci dovrebbe essere nient’altro in serbo per l’umanità a venire oltre alla democrazia parlamentare e a qualche briciola di assistenza pubblica? Che ne sarebbe dell’eroismo dell’imprenditore e del suo statuto oltreumano di facitore di mondi? Che ne sarebbe dell’immaginazione utopica, del futuro tout court, se lo pensiamo solo come un’estensione del presente?

Il nomade deleuziano, in questa prospettiva, non è il vecchio indiano metropolitano o qualunque soggetto antagonista che sfugge alla cattura del potere scivolando lungo le linee di faglia di un tempo-spazio senza confini. Il vero nomade è il giovane tecnocrate con il suo laptop sempre aperto, forte di avere creato una start-up che non si sa nemmeno dove geograficamente sia e che un anno dopo la sua fondazione è già stata quotata miliardi di dollari anche se lui per il momento gira su un’auto scassata, dorme in un sacco a pelo a casa di amici e lavora 120 ore alla settimana (è l’orario di lavoro ideale secondo Elon Musk; significa 17 ore al giorno). Non è possibile imporre “doveri” o “responsabilità sociali” al giovane tecnocrate che fa del suo ascetismo il valore che lo distingue dalla massa (l’ascetismo ha avuto un momento di grande fortuna nella Silicon Valley e in luoghi consimili). Non sente di dovere nulla a una società di cui si sente al di sopra. Se qualcuno lo intralcia, prende il suo laptop e se ne va altrove, in qualunque luogo dove troverà meno restrizioni e pagherà meno tasse.

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Il lettore di Foucault, Derrida, Deleuze, Guattari e Judith Butler, tra i quali includo me stesso, a questo punto si deve porre alcune domande. Che cosa gli hanno insegnato i suoi (cattivi) maestri se non che tutto è un effetto del discorso, una deriva del gioco dei segni, una performance, un social construct? E quale costruzione non può essere decostruita? E poi, la sinistra di una volta all’ordine liberal-democratico neanche ci credeva; perché mai adesso dovrebbe difenderlo? E se il progresso venisse solo dallo stare sempre sulle spine, da uno stato di guerra permanente, commerciale, tecnologica o altrimenti? Progresso per chi? Ma per amore del progresso stesso, si capisce, per il trionfo della tecnica in quanto tecnica, per la sua sovrumana bellezza. Se non è la sola igiene del mondo, la guerra di tutti contro tutti è certamente il miglior stimolatore metabolico. Per citare Samuel Johnson, che non intendeva fare dell’ironia, “Quando un uomo sa che tra due settimane verrà impiccato, la sua capacità di concentrazione si intensifica meravigliosamente”. Nonostante la lotta di due secoli che il pensiero antidialettico ha condotto contro Hegel, ecco che vediamo riaffiorare prepotente il fantasma della negazione, o lo “spirito che nega” che appare a Faust, cercando di convincerlo che, non importa quanto sciagurate siano le sue azioni, finiscono sempre per realizzare il “bene”.

Quando? Certo non subito. Sul lungo termine, si capisce. La miserabile umanità del giorno d’oggi va sacrificata perché nasca la meravigliosa umanità del futuro. Cominciamo con il tagliare le pensioni, pensa Elon Musk. Dopotutto, a chi vanno, se non ai rami secchi della società? I licenziamenti in atto e la chiusura di molti uffici della Social Security (anche in luoghi dove per raggiungere il prossimo ufficio ci vogliono ore di viaggio) sono il preludio della grande “pulizia antropologica” che farà del futuro un mondo scintillante e, se possibile, ben poco popolato (ai lavori domestici ci penserà Optimus o qualche altro androide). Per via del caos causato negli uffici della Socia Security, già dal prossimo mese si temono ritardi nella consegna delle pensioni. E questa sarà la prova suprema. Quando l’uomo delle uova non vedrà sul suo conto corrente la pensione che riceve il quarto mercoledì di ogni mese, o, se non ha un conto in banca (molti non ce l’hanno; hanno accumulato troppi debiti, la banca gli tratterrebbe tutto a pagamento degli interessi) e andrà all’ufficio locale solo per scoprire che quell’ufficio non c’è più, forse allora scenderà davvero in piazza. Ma saprà con chi prendersela, o la sua sarà solo una rabbia cieca?

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