“Ma che cazzo sta succedendo in America?” (Quarta parte)
Ma insomma, Trump e Musk hanno un piano sì o no? Hanno veramente progettato di far cadere a vite l’economia americana per uno scopo preciso che non ci vogliono dire? Sanno quello che stanno facendo o non ne hanno idea? Vogliono risollevare il mondo dallo sfascio in cui lo stanno gettando o sparano alla cieca? Il governo che hanno messo insieme è una cosa seria o una puntata di Drive In? Cosa dobbiamo fare noi terrestri, prenotare il primo volo per Marte?
Me lo chiedono dall’Italia, e io che posso dire? Una risposta distaccata, da economista, da geopolitico, da grande stratega dei talk show, sarebbe: “Il capitalismo è fondato sull’alternanza di prosperità e di crisi, ogni tanto uno scossone al sistema è inevitabile, bisogna prepararsi al peggio quando le cose vanno bene e prepararsi al meglio quando le cose vanno male”. Oppure: “Trump e Musk parlano in modo brutale ma chiaro, ci mettono di fronte ai problemi che per troppo tempo non abbiamo voluto affrontare”. Oppure ancora: “Dobbiamo guardare ai fatti, non alle dichiarazioni, e nei fatti Trump e Musk stanno risettando un ordine mondiale ormai stagnante, qualunque idea che possa scuotere la situazione a Gaza e in Ucraina sarà sempre meglio di come stanno le cose ecc. ecc.”.
Io però non sono uno stratega da talk show, e mi accontento di una saggezza molto più terrena e poco marziana, per esempio quella espressa da Dwight K. Schrute, personaggio della serie televisiva The Office: “Ogni volta che sto per fare qualcosa mi chiedo: un idiota lo farebbe? Se la risposta è sì, allora non lo faccio” (“Whenever I’m about to do something, I think, would an idiot do that? And if they would, I would not do that thing”). In altre parole, ogni volta che sto per mettere i bastoni tra le ruote ai miei alleati, ogni volta che faccio crollare la borsa, ogni volta che rischio di mandare il mio paese in recessione, ogni volta che abbandono al suo destino una nazione amica che cerca di resistere a un’invasione, mi chiedo: un idiota lo farebbe? E, se la risposta è sì, di certo non lo faccio, e mi aumenta anche il sospetto che chi lo sta facendo sia un idiota.
Avere un idiota come capo, in ogni situazione, dal più modesto ufficio alla più alta carica dello stato, scatena in tutta la squadra quell’idiozia latente che in tempi normali verrebbe repressa dalle buone maniere e dalla sensazione che tutto sommato non sarebbe bene accetta. Nella loro storia, gli Stati Uniti sono sempre stati percorsi da qualche ventata di idiozia (mia traduzione da Idiot Wind di Bob Dylan). Quella attuale presenta però alcuni tratti di regressione estrema, di darwinismo al contrario, la cui spia è la crudeltà ferina della quale si fa vanto. La Guerra di Secessione è stata un errore e comunque gli schiavi erano trattati meglio prima che non dopo (parole del tecno-ideologo Curtis Yarvin – il che in certi casi è tanto vero quanto irrilevante; c’è mai stato un ex-schiavo che abbia rimpianto i bei tempi della schiavitù?). Qualunque riferimento all’uguaglianza tra esseri umani o all’equità di trattamento tra razze e gender deve essere abolito con la stessa brutalità con la quale il partito baathista di Saddam Hussein è stato distrutto in Iraq (parole del vicepresidente J.D. Vance). La condizione naturale del mondo è quella in cui il maschio di razza bianca è al potere; tutto il resto è wokeism da estirpare senza pietà. Anche il diritto di voto alle donne può essere rimesso in discussione. L’ha fatto Joel Webbon, pastor del movimento cristiano-nazionalista “TheoBros” (“Fratelli in Teologia”) di cui fa parte anche la chiesa di Pete Hegseth, il nuovo Ministro della Difesa. Le donne hanno l’intelligenza di un bambino di cinque anni, ha detto Webbon, e i bambini di cinque anni non votano (Joel Webbon Says Women Shouldn't Be Allowed To Vote). Dio ha creato l’uomo protettore della donna, e il diciannovesimo emendamento della Costituzione, che dà alle donne il diritto di voto, va abolito e sostituito dal diritto del capo di casa di votare a nome dell’intera famiglia.
Hegseth ha espresso posizioni simili, anche se non ufficialmente (ma l’hanno rivelato alcuni suoi parenti), e le conseguenze politiche sono state rapide. I repubblicani hanno già proposto una legge che richiede alle donne di presentarsi ai seggi elettorali con un documento che riporti il loro cognome da nubile. Significa che se una donna ha assunto il cognome del marito, come è comune in America, e non mostrerà al seggio elettorale un passaporto o un altro documento con il cognome originario (il certificato di nascita è poco richiesto e moltissimi non ce l’hanno), non potrà votare. Circa 69 milioni di donne perderebbero l’accesso al voto a meno di non procurarsi il pezzo di carta necessario, ma molte non lo farebbero, lascerebbero perdere e non andrebbero a votare. È molto improbabile che la legge passi al Senato, ma è già passata alla Camera, il che fa capire con quale intensità, da uragano a forza cinque, stia soffiando il vento dell’idiozia.

Quanto durerà questo elettroshock globale? Durerà finché le implicazioni economiche della rivoluzione in atto si faranno sentire in tutta la loro portata e, per reggerle, l’elettore trumpiano avrà bisogno di una dose di stoicismo, o di fede cieca, che per il momento lo sostiene ma in futuro potrebbe rivelarsi perfino superiore alle sue forze. Il licenziamento di 100.000 impiegati federali, che è stata la prima mossa di Musk, potrebbe essere, nei calcoli più pessimisti, il primo grumo di neve che dà inizio a una valanga. I fornitori abituali degli uffici eliminati potrebbero ridurre la produzione, fermare le assunzioni o procedere a licenziamenti in proprio che a loro volta produrrebbero altre contrazioni nella filiera e soprattutto la decisione degli investitori di bloccare ogni iniziativa e stare a vedere cosa succede. Nel mese di febbraio, alcune grandi aziende nel settore dell’energia hanno già fermato 4 miliardi e 200 milioni di dollari di spese in infrastrutture. Se a questo si aggiunge l’incertezza sui dazi, ieri istituiti, oggi ritirati, domani minacciati di nuovo, il contraccolpo potrebbe farsi sentire già tra aprile e maggio. La proposta di abolire il National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) perché “contaminato dalla falsa credenza nel riscaldamento globale”, avanzata dal Ministro del Commercio Howard Lutnick, privatizzerebbe di fatto le previsioni del tempo, con danno soprattutto delle comunità rurali e delle piccole città esposte ai tornadi e alle inondazioni. Intanto, nel nord del Texas, in una comunità di cristiani mennoniti restii alle vaccinazioni, è scoppiata un’economia di morbillo che conta già due morti (i primi negli Stati Uniti in dieci anni).
Robert F. Kennedy Jr, Ministro della Sanità e antivax extraordinaire, dapprima ha ammesso a denti stretti che forse vaccinare i bambini non è una cattiva idea, anche se deve rimanere una “decisione personale”. Ma il contraccolpo che ha ricevuto dalla base trumpiana (“Vergognati!” “Venduto all’industria farmaceutica!”) è stato tale che ha subito fatto marcia indietro, consigliando in alternativa olio di fegato di merluzzo, steroidi e antibiotici. Ha affermato con forza che i risultati di tali rimedi sono “straordinari”, che bisogna soprattutto occuparsi dei bambini ammalatisi per via del vaccino e che la causa dell’infezione è la malnutrizione. Ma i mennoniti del Texas seguono una dieta rigida e cucinano tutto in casa; in effetti mangiano meglio della maggior parte degli americani, e che gli antibiotici non servano contro un virus lo sanno anche gli idioti (o no?). Ho già avuto modo di scrivere in passato che in America, se un fanatico delle armi deve scegliere tra i suoi fucili e il cadavere di suo figlio, sceglie i fucili. E se un fanatico antivaccini deve scegliere tra la sua convinzione e il cadavere di suo figlio, troverà il modo di dire che se suo figlio si fosse vaccinato sarebbe morto ancora di più. Non sto inventando niente, i dottori della Gaines County dove l’epidemia è scoppiata, sono tempestati da richieste di genitori che per i loro figli non vogliono il vaccino, vogliono olio di fegato di merluzzo.
Ma, morbillo a parte, è soprattutto il rallentamento del mercato immobiliare, già sceso del 5%, a far temere la recessione. Ovviamente queste sono le previsioni degli economisti “di sinistra”; di Ambrose Evans-Pritchard, ad esempio, che aveva lavorato con Obama, e come tali accolte con disprezzo dai repubblicani. E c’è da sperare nelle loro risate di scherno, perché altrimenti un altro 2008 sarebbe vicino, e potrebbe essere anche peggiore.
“Gran disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente.” Qualcuno si ricorda di questa frase di Mao Zedong, che fece da mantra alla Rivoluzione Culturale? In America, la Rivoluzione Culturale la volevano fare i professori di gender studies; invece l’ha fatta Elon Musk con le sue Guardie Rosse che hanno invaso gli uffici federali. Ma se c’è qualcuno che quella frase se la ricorda, è Xi Jinping, che dalle Guardie Rosse venne mandato in miniera a purificarsi delle sue inclinazioni borghesi. Che cosa starà pensando, Xi Jinping? Si è seduto sulla riva del fiume ad aspettare che passi il cadavere dell’America, oppure teme che gli Stati Uniti non pagheranno più gli interessi sui 770 miliardi di debito americano (circa il 9% del debito complessivo) che la Cina ha comprato? E la stessa domanda se la stanno ponendo gli altri paesi che detengono parte del debito: Giappone, Canada, Gran Bretagna, Lussemburgo. Gli Stati Uniti stanno diventando uno stato canaglia, o lo sono già diventati?
Ma se parlo della Cina è perché ne sono toccato, o meglio lo è il dipartimento di lingue straniere di cui sono direttore. È stata una mia collega cinese a offrirmi il paragone con la Rivoluzione Culturale, anche se lei è troppo giovane per averla vissuta. Qualche giorno fa l’ho informata dell’Ordine Esecutivo GA 48, emesso il 19 novembre 2024 dal Governatore del Texas Greg Abbott, più trumpiano di Trump. Poiché il direttore dell’FBI ed altre agenzie governative hanno dichiarato che la Repubblica Popolare Cinese e il Partito Comunista Cinese sono la più grave minaccia che grava sugli Stati Uniti, il governatore del Texas ha pensato bene di sottoporre a ulteriori controlli tutti i rapporti che le aziende e le università texane hanno con la Cina. Contratti e donazioni devono essere vagliati non solo del Ministero dell’Istruzione (che Trump sta già riducendo del 50% per poi abolirlo, e dunque non vaglierà più nulla) ma anche dal Board of Education dello Stato del Texas.
Il paragrafo che mi riguarda è l’ultimo: le università devono informare il personale della proibizione assoluta di prendere parte al reclutamento di studenti cinesi che intendono venire a studiare in America grazie al programma bilaterale noto come “Mille Talenti”. La mia collega ha letto l’Ordine Esecutivo e ha deciso che questa estate non andrà a trovare la sua famiglia. Non è ancora cittadina americana, ha solo il permesso lavorativo (la famosa “carta verde”) e non vuole rischiare. Avrà un bambino, ma i nonni lo vedranno via zoom.
Il programma di cinese della mia università ha già cominciato a perdere studenti. Con le nuove restrizioni ne perderà ancora di più, così come li stanno perdendo le altre lingue. Perché studiare una lingua straniera, con il rischio di essere considerato troppo poco americano, o, nel caso di uno studente cinese che vuole studiare in America, una spia?
Certo che ci sono spie cinesi in America. Ci sono sempre state, suppongo, come ci sono spie americane in Cina, e forse dovrebbero fare un lavoro migliore, direi. Un paio di spie cinesi, non molto tempo fa, prima di essere scoperte erano arrivate abbastanza in alto nei loro rapporti con lo Stato della California e di New York. Ma un conto è lo spionaggio ad alto livello, un altro è il dilagare della cultura del sospetto anche tra i colleghi più woke. Durante gli anni del Covid avevo una studentessa che non aveva fatto in tempo a ricevere il visto di studio e si collegava dalla Cina. Parlava e scriveva benissimo in inglese e nel mio corso sulle idee della modernità era certamente la migliore. Non appena è riuscita a venire a Houston ha finito la laurea specialistica in cinese e si è iscritta al dottorato in magistero. Ma un mese fa una sua insegnante è venuta a chiedermi se la conoscevo e quanto la conoscevo, perché quella ragazza, insomma, fa troppe domande. Come sarebbe a dire, ho chiesto. Sì, fa domande a tutti, agli altri studenti, ai professori, domande sull’America, sulla vita in America, su quello che la gente dice e pensa. È per caso una spia?
Mi sembrava di ricordare che quella ragazza fosse stata nell’esercito, il che forse spiegava la sua dimestichezza con l’inglese. Può darsi che debba mandare rapporti regolari ai suoi ex superiori, che forse sono ancora i suoi superiori. Ci si può davvero congedare dall’esercito cinese senza dover rendere più conto a nessuno? Può darsi, ma io che ne so? Oggi come oggi il visto di studio le verrebbe rifiutato. Ma forse quel suo continuo domandare viene, se non dalla sua curiosità personale su questi strani americani, dal banalissimo fatto che non trova niente di importante da riferire. Non è che in un programma di magistero si possano scoprire chissà quali segreti.
Cosa vuol dire tutto questo? Che non so più se sono io che ho capito l’America o se è l’America che ha capito me, mi ha manipolato, mi ha fregato ben bene e mi costringe a parlarne in continuazione mentre dovrei fare tutt’altro. Se poi un giorno si scoprirà che Trump e Musk avevano ragione, e che lo scossone che hanno dato al mondo era salutare, e che pure Greg Abbott aveva ragione, mi consolerò, rendendomi conto che l’idiota ero io. In questo momento, la mia più grande paura è quella di non essermi sbagliato.

Ma c’è un punto sul quale Trump il piano ce l’ha davvero: la Russia deve vincere la guerra con l’Ucraina, e se proprio non può vincere allora deve uscirne con tutti gli onori, come vincitrice morale. Ma è un piano alla sua maniera, che consiste nel fatto che nessuno sa che cosa farà Trump fra mezz’ora. Un giorno gli Stati Uniti non condividono più la loro intelligence con l’Ucraina, e la Russia ne approfitta per bombardare a tappeto. Il giorno dopo la condividono ancora, e l’Ucraina ne approfitta per mandare sulla Russia tutti i droni che può, prima che alla Casa Bianca cambino ancora idea. Un giorno, Trump fa capire che i russi sono i buoni e gli ucraini sono i cattivi, un altro giorno dice che quello che accade in Ucraina è terribile. Il senatore Mark Kelly, democratico, di ritorno dall’Ucraina twitta che qualunque accordo si raggiunga non può risolversi in una semplice concessione a Putin. Elon Musk twitta in risposta: “Sei un traditore”. E ciò che Musk scrive, Trump lo controfirma. Poi però negli incontri di Gedda si parla di un cessate il fuoco e della ripresa degli aiuti all’Ucraina. Ma lì Trump non c’era. C’era Marco Rubio, il Segretario di Stato, di cui nessuno ha mai detto che sia un genio, ma è stato l’unico che durante l’imboscata a Zelensky alla Casa Bianca cercava di sprofondare nel divano.
Qual è dunque il senso di questi continui ictus geopolitici? Se io fossi uno stratega da talk show, direi che è tutto molto chiaro: Trump vuole avvicinare la Russia agli Stati Uniti per rompere l’asse con la Cina, il vero nemico numero uno dell’America, come dice anche il mio governatore. È un grande progetto, e se comporta che l’Ucraina diventi un vassallo della Russia o che Zelensky debba andare quantomeno in esilio, poco male, il nuovo ordine mondiale sarebbe garantito.
Ma io non sono uno stratega da talk show e continuo a pensare che se una cosa che ho in mente di fare la farebbe un idiota, forse farei meglio a non farla. Anche un idiota capirebbe che Putin, pur di prendersi l’Ucraina o anche solo per uscire dalla guerra a testa alta, sarebbe prontissimo a fingere di allentare i rapporti con la Cina senza mai allentarli davvero, né Xi Jinping gli permetterebbe mai di chiudere con Pechino e volgersi verso Washington. No, mi correggo. Non lo capirebbe. Se lo capisse non sarebbe un idiota.
Ma qualcosa mi è accaduto stamattina, leggendo sul “New York Times” il ritratto di una vegana di nome Allison McCulloch, di professione baby-sitter, grande appassionata di cinema e di cucina vegetariana. Per ogni film che vede, Ms. McCulloch annota sul suo blog i necessari vegan alerts, così che gli altri vegani non rimangano traumatizzati guardando un film in cui qualcuno urla a un cane, dà una pacca a un gatto o mangia una bistecca. Finora ne ha schedati 24.082. Non si ha idea di quali traumi si possano nascondere nei film in apparenza più inoffensivi. Ci sono film in cui qualcuno mangia pesce crudo o lo squarta dopo averlo pescato, altri in cui si usano cavalli come animali da tiro (anche questo accade), altri in cui ci sono scene girate in una macelleria con carne vera in evidenza, altri ancora in cui qualcuno beve del latte – un atto che sembra innocuo e invece è pieno di violenza. Allison McCulloch sa benissimo che, contrariamente a quanto avveniva in passato, nei film hollywoodiani di oggi non c’è più violenza contro gli animali, il lavoro lo fanno le protesi e gli effetti speciali, ma l’importante è non dare il cattivo esempio. Nell’ultimo episodio di Star Wars, Luke Skywalker munge una creatura aliena che assomiglia a un tricheco. Perché mai mostrare una cosa simile, si chiede Ms. McCulloch. Perché Luke Skywalker deve proprio bere del latte?
Finito di leggere l’articolo, ho pensato: sono salvo, siamo tutti salvi, finalmente una vera mistica è venuta a redimerci. Non c’è Trump o Musk che tenga. Facciano quello che vogliono, non potranno mai sconfiggere Allison McCulloch. Putin e Jinping, fatevi da parte. Non potete nulla contro Ms. McCulloch. Nemmeno Sant’Orsola e le sue undicimila vergini sarebbero in grado di competere con un’anima così pura. Ma rimane un problema. Le uova, sempre le uova. Ms. McCulloch è contraria alla scena di Il gusto delle cose, film del 2023 in cui Juliette Binoche, cuoca sopraffina, sbatte delle uova. Ora, se nessun americano mangiasse più uova, non ci sarebbe ragione di prendersela con Trump perché non è riuscito ad abbassarne il prezzo. Sarebbe un trionfo della sua amministrazione, bisogna che Ms. McCulloch glielo dica. Sarà sicuramente una dem, ma certe soluzioni sono bipartisan. Sì, ma poi cosa ne facciamo? Per fermare l’influenza aviaria, durante l’amministrazione Biden sono stati uccisi 150 milioni di polli, maschi, femmine e trans. Un olocausto di pollame che non accadrà più quando Trump chiuderà l’agenzia che controlla il diffondersi delle epidemie tra gli animali. Eppure di galline ce ne sono ancora tante. E di uova ne fanno. Più care, ma ne fanno. Se farle sbattute è violenza, mangiarle è un assassinio, e distruggerle è un genocidio. Nel mondo di Ms. McCulloch no egg must be left behind, non si lascia indietro nessun uovo. Ogni uovo si schiude, e ogni uovo è un pulcino. L’America si popola di pulcini, che diventano a loro volta polli, e galli e galline, che fanno altre uova e altri pulcini, pulcini dovunque, in marcia per le strade, a banchettare nei giardini pubblici, ad agitare le alucce mentre bevono in massa alle fontane, che tentano di volare e sbattono contro i passanti, che ti entrano in casa e scagazzano sul divano, che fanno mucchio davanti alla televisione, che ti riempiono la vasca da bagno, che pigolano alle cinque del mattino che sembra il coro dell’Aida, che coprono le automobili come negli Uccelli di Hitchcock, che fanno pollaio nelle Tesla abbandonate, che invadono il prato della Casa Bianca e la residenza di Mar-a-Lago, e non è che prima venga l’uovo o la gallina, chi ci capisce più niente, apri la credenza e c’è una chioccia che cova e che ti guarda male, metti una mano nel cappotto e ti becca un galletto nervoso, alzi il cuscino e trovi sei pulcini bagnati, entri in macchina e senza accorgertene ti siedi su dodici uova, dici che cammini sulle uova e se le schiacci e ti senti un criminale, rimane solo una cosa da fare, bisogna riscrivere la Bibbia, Mosè va dal Faraone e gli dice se non lasci andare il mio popolo ti manderò la piaga delle uova.
Leggi anche:
Alessandro Carrera, “Ma che cazzo sta succedendo in America?” (Prima parte)
Alessandro Carrera, “Ma che cazzo sta succedendo in America?” (Seconda parte)
Alessandro Carrera, “Ma che cazzo sta succedendo in America?” (Terza parte)
Federico Leoni, Elon Musk, un gesto senza storia
Alessandro Carrera, Trump e Musk: in principio è l'azione
Stefano Catucci, Elon Musk è il nostro destino?
Alessandro Carrera, La cretineria come fattore politico
