McLuhan in Germania: per una sinistra popular
Che succede? Dovunque si parla di “nuova era che comincia”, “regime change” o “sfratto atlantico”, per riprendere il titolo della prima pagina di un noto quotidiano di sinistra di qualche settimana fa. Ed è difficile non convenire. Negli USA sino ad ora presi a modello di democrazia, crescita e sviluppo, è in corso un colpo di stato. A cento anni dalle fascistissime leggi, per una macabra ironia della sorte il nuovo Dipartimento per l’Efficienza Governativa affidato al non eletto azionista di maggioranza MAGA, Elon Musk, sta procedendo allo smantellamento dello Stato. Chi ambisce a un impiego pubblico deve già tesserarsi al Partito e giurare fedeltà a una serie di fake news. Altrimenti, come mostra il caso dell’Associated Press, rifiutatasi oltraggiosamente di modificare il nome del Golfo del Messico in “Golfo d’America” solo perché così vuole Donald Trump, che si è appena incoronato re con l’AI, si è fuori.
Ma vi è di più. In Inghilterra, un recente sondaggio che ha inquietato molti, ha rivelato che il 52% dei giovani inglesi sarebbe favorevole al governo di un dittatore più che non a uno democratico. E, alla luce dei fatti della cronaca scolastica italiana più recente, pare che i giovani vogliano vedere la legge del più forte prevalere anche nei luoghi istituzionali deputati all’educazione a quella dell’ascolto reciproco. Quanto all’Europa, se non fosse per qualche coltello che ne dilania il corpo sociale di tanto in tanto, si direbbe che sia paralizzata. Mario Draghi insiste a suggerire una via finanziaria per la ripresa, e la scorsa settimana ha ardito invocare “l’unica azione di un unico stato”. Emmanuel Macron ha organizzato un vertice per concretizzarla, ma il risultato è stata la frammentazione, mentre a Washington, nel weekend, i fascisti di tutto il mondo si sono uniti selvaggiamente sotto il segno del braccio dritto alzato di Steve Bannon.
La Germania ha votato. Dalla vittoria di Merz, che ha preso il 28,5%, e dalla tenuta del suo governo che ha spostato a destra la sinistra, dipende, a quanto si dice, il futuro prossimo di noi Europei. Ancora una volta si è riusciti ad estromettere la cancerosa AFD dal governo. Ma Alice Weidel ha esultato visto che 1 tedesco su 5 l’ha votata. Una manciata di seggi la separa dal rivale di Angela Merkel il cui partito, però, è in crisi da anni come l’SPD, duramente bastonato da queste ultime consultazioni. L’ascesa dei populismi sia sovranisti che nazisti è tale da altrettanto tempo. Basterà, quindi, un tale risultato elettorale per contrastarla? O è solo una “ricaduta” rinviata? Basteranno la forza nucleare di soltanto due paesi, Francia e Inghilterra, uno dei quali, peraltro, extraeuropeo, a traghettare gli altri 25 verso un’azione che non sia una sanzione economica? È sufficiente un appello, come quello lanciato qualche mese fa da Fabrizio Barca critico di Draghi, a una “politica del desiderio” per rendere la politica e la vita democratica ancora desiderabili?
In Germania si è votato e nel weekend, a Washington, i fascisti di mezzo mondo, Giorgia Meloni compresa, hanno brindato insieme alla loro Internazionale. Ma non è tutto. Sempre in Germania, è apparsa una nuova stella della sinistra: Heidi Reichinnek. 36 anni, tatuaggi a vista, eloquio diretto, anima appassionata, zero ideologia, temi concreti e un enorme successo tra gli under 30 confermato anche al seggio. Con 534.000 follower su TikTok, è la politica tedesca più seguita sui social. La sua potenza, incomprensibile senza considerare la sua straordinaria presenza digitale e capacità di connessione, ha fatto prendere alla Linke l’8,8% (a giugno del 2024 si era fermata al 2,7%). E c’è da credere che la sua visione socialista ispirata a Bennie Sanders e concentrata su problemi sentiti darà filo da torcere al nuovo, forse già passato, governo-Merz. La furiosa invettiva che gli ha lanciato incitando i giovani a “presiedere le barricate” mentre il vecchio apriva a AFD il 29 gennaio 2025 ha raggiunto milioni di visualizzazioni confermando quello che, parte della stampa, già chiama l'“Heidi hype”. Esso ha oscurato l’altra leader promettente della sinistra esule dalla Linke: la rossobruna Sahra Wagenknecht.
È un fenomeno interessante: uno di quelli che, al pari del successo planetario di Greta Thunberg, merita attenzione. Dal mio punto di vista comprova un’idea che mi ronza in testa da un po’: una delle ragioni della crisi della democrazia e del fallimento dei leader Dem è la mancata comprensione degli effetti dei nuovi media, eccezion fatta per Barack Obama. Più in particolare, della mancata ricezione, o troppo frettolosa liquidazione, di ciò che il padre delle “scienze della comunicazione”, Marshall McLuhan, ci ha, in proposito, insegnato: i media sono potenze in grado di forgiare la nostra esperienza sia psichica che fisica, sia privata che pubblica. In termini marxisti: le strutture delle sovrastrutture. Musk lo sa. Perciò ha twittato ai suoi “You are the media” all’indomani della vittoria di Donald Trump. Quello che non sa è che essere un medium non significa avere il potere come si ha la motosega che Javier Milei gli ha regalato omaggiandone lo stile di esecuzione della res publica alla Casa Bianca. La potenza dei media, come ogni vera potenza, non è qualcosa di cui disponiamo ma che ci dispone. “Massaggia” dice McLuhan rivendicando il lapsus di un giornalista intento a commentare il suo tanto noto e frainteso slogan. “Il medium è il messaggio”, infatti, significa che il medium è il massaggio, ossia l’effetto o insieme di effetti che produce.
Il messaggio non è il contenuto del medium ma ciò che il medium fa, e ogni medium, per McLuhan, fa qualcosa di specifico in virtù della sua specifica natura o forma cui, perciò, bisogna pervenire in tempo, vale a dire prima che un nuovo medium soppianti il precedente concedendoci una comprensione solo ex post dell’effetto patito ex ante. La stampa a caratteri mobili, ad esempio, ha fatto lo stato-Nazione. La radio i totalitarismi. Ma non per quello che Mussolini e Hitler dicevano alla radio, bensì perché lo dicevano alla radio. Questa ha la proprietà di risvegliare ciò che Jospeh Conrad chiamava “Africa interna” perché tocca le viscere bypassando il controllo razionale. Come il giornale e la TV è un medium elettrico, e i media elettrici, a differenza di quelli meccanici, decretano l’obsolescenza della razionalità occidentale per come l’abbiamo conosciuta. L’avvento del primo di loro nel 1847, il telegrafo, segna l’inizio della nuova era tribale in cui a dominare sono l’irrazionale, il mimetico e l’immaginifico perché, a differenza dei media “meccanici”, i media elettrici estendono il sistema nervoso centrale. Questo non è una parte o funzione isolata del corpo, come il piede esteso dalla ruota, l’occhio dal telescopio o la mano dal bastone, ma un campo unificato e averbale di esperienza senza pareti. La sua estensione, quindi, crea un mondo che lo è altrettanto.
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Quello che McLuhan chiama “villaggio globale” è un globo imploso su sé stesso tanto nel tempo che nello spazio. Sempre più numerosi sono gli occhi che vigilano sulle sue sorti dall’alto dei satelliti mentre la trasmissione istantanea delle informazioni stabilisce ovunque rapporti personali diretti che permettono di reagire al tutto come a un’unità. Ma la reazione è istintiva e illogica perché, se ogni estensione comporta l’anestesia della parte estesa, quando è esteso il sistema nervoso centrale, è questo, assieme alla coscienza che ne dipende, a divenire inconscio (la psicoanalisi, per McLuhan, nasce alla fine dell’800 non per caso). Ogni medium ci incanta come l’immagine di sé riflessa nell’acqua incanta Narciso, del cui mito, rivisitandolo, McLuhan si serve proprio per spiegare l’azione subliminale e fascinosa di tutti gli umani artefatti. Ma quando a non essere saputa, a essere perduta in quanto estesa, è la coscienza, il quadro si complica. McLuhan parla di “auto-amputazione suicida” preoccupato che, una volta esteso, il sistema nervoso centrale non possa più contare sugli organi fisici come schermi protettivi in grado di filtrare i pericoli esterni e organizzare risposte adattative vantaggiose. E così è, almeno per quel che concerne l’evoluzione della specie umana.
A una pressante richiesta di attenzione, nell’epoca elettrica fa il paio la chiamata alle armi di un rapporto trasversale in profondità, che lo si voglia oppure no. C’è penetrazione, ma non scelta. Il villaggio globale è “una camera d’echi di celebrità momentanee” alla quale tutti gli esseri umani partecipano insieme senza controllo, deleghe e prospettiva. Qui non esistono più l’avanti e il lontano. Ogni cosa è sull’unghia, e si influenza con ogni altra in un flusso che pare anche privo di inizio e di fine. Il baccano è notevole e il distacco è impossibile. Di conseguenza, è inevitabile che la paranoia infuri e gli hikikomori si moltiplichino: si riceve soltanto del rumore. L’intolleranza è la regola se l’esplosione, nel senso di “fragoroso sviluppo dirompente”, diventa la norma. Nessuno sopporta di essere guardato e stimolato di continuo. Quando la privacy è un diritto più che un fatto, per sopravvivere bisogna isolarsi. L’elettricità abbatte i confini, ma l’ordine sociale, al pari di quello psichico, ne abbisogna per preservarsi. Come mantenerli? Come crearne di funzionali al sentire di una società psichica più che politica, estetica più che scientista?
I media elettrici plasmano un ambiente unificato di coscienza-esperienza simile a uno stagno in cui tutti gli umani sguazzano come “pesci”, “nomadi”, “cacciatori e raccoglitori di dati”. Siamo tutti testimonial e attori, consumatori e produttori perché in Ecolandia non è più possibile mantenere l’atteggiamento tipicamente estraneo e superiore dell’individuo occidentale di media cultura. I nuovi dispositivi sono avvolgenti e onnicomprensivi. Il loro avvento ha sancito la fine del vecchio modo di disporre le operazioni, come ogni cosa della natura, in una sequenza lineare di elementi isolati e uniformi ponendo fine all’era dei passi individuali, degli Stati-Nazione e delle funzioni specialistiche. Dalle mansioni si è passati ai ruoli, la catena di montaggio ha ceduto al lavoro “smart” e i processi computazionali hanno travolto le manifatture. Non solo: la simultaneità dei contatti riattiva lo scambio magico, e se il sovrannaturale torna di moda, è perché sia il mittente che il destinatario sono spediti: presenti ovunque senza sapere dove (Google Maps non aiuta a domiciliarci psichicamente come il riconoscimento facciale non sviluppa il senso di sé). Privato del corpo fisico, come dell’abituale modo di collegare l’esperienza al proprio io, in quanto intelligenza eterea, l’homo-cyborg non ha peso, come l’astronauta. E anche i messaggi che scambia sono leggeri, “liquidi” per riprendere l’aggettivo-chiave della sociologia di Zygmunt Baumann. Con l’elettricità non è più una sostanza materiale ad essere immagazzinata o spostata: la percezione, in sé, è l’informazione.
Da qui deriva, secondo McLuhan, la convinzione che l’unico regime politico ragionevole sia un regime totalitario, anche nel senso di totalizzante. Nell’epoca elettrica, lo Stato diventa religione perché, per rispondere al nuovo ambiente mediale, gli utenti ricorrono, da un lato, alla scienza occulta, le percezioni extrasensoriali e altre forme di “intervento psichico”; dall’altro, si affidano al “Superstato che sostituisce il sovrannaturale”, sovrannaturale, precisa McLuhan, “che può anche prendere la forma di megamacchinari”. I valori occidentali, che poggiano sulla parola scritta, ne sono scossi ed è per questo che molti Europei “alfabetizzati” hanno difficoltà a concepire azioni efficaci nel nuovo mondo senza farsi prendere da una sorta di panico morale.
L’Europa, come l’Occidente, è il prodotto del rovente medium alfabetico e l’alfabeto, in quanto medium caldo, specializza un unico senso, la vista, a dispetto degli altri. I media, infatti, non sono tutti uguali: non solo non estendono lo stesso senso, parte o funzione dell’organismo ma non lo estendono allo stesso modo. Quelli che McLuhan chiama “caldi” potenziano un unico canale; quelli “freddi” garantiscono viceversa uno sviluppo armonico e globale permettendo ai sensi di esercitarsi con proporzione. Sicché, laddove i media freddi favoriscono la sinestesia, poiché non dissociano l'attività del senso esteso da quella degli altri, i media caldi convocano i sensi in modo divisivo. Inoltre, in ragione della loro bassa definizione, che richiede un elevata partecipazione da parte del fruitore, i media freddi sono “inclusivi”, quelli caldi “esclusivi”, poiché la loro alta definizione colloca l’utente in una posizione di ricezione passiva – la stessa dei followers di X – quanto più i dati forniti non necessitano di integrazione (l’algoritmo fa tutto). Un’intelligenza “fredda”, quindi, avrà più probabilità di riuscire a sentire “la pancia” degli elettori. E se si tiene conto del fatto che l’invenzione dell’alfabeto fonetico ha prodotto la più grande spaccatura tra il freddo e il caldo, si può ipotizzare che è la calda intelligenza alfabetica, di cui la cultura Woke e il politically correct sono espressione, a non riuscirvi.
L’alfabeto richiede un trattamento solo ottico del mondo. Ma nemmeno questo fatto, nemmeno la rottura della concorrenza patico-corporea tipica della comunicazione orale, dipende dal contenuto delle parole alfabetizzate. È la separazione tra suono, significante e significato ad aver determinato, nel sapiens alfabeta, una potente menomazione della vita fantastica ed emotiva congiuntamente alla creazione dell’anima personale come contenitore preposto a raccogliere i sensi abbandonati dai nuovi segni. Mentre le culture orali, anche ideogrammatiche, agiscono e reagiscono all’unisono, la cultura fonetica fornisce agli uomini i mezzi per reprimere l’affettività quando sono impegnati in un’azione e guardare le cose con distacco. Agire senza reagire e senza essere coinvolto è il vantaggio dell’alfabeta occidentale perché, così come il significante non ha rapporto col significato (le lettere della parola CASA non sono l’oggetto CASA), l’umano che ne è prodotto non ha rapporto con ciò che accade.
Il significato è come il contesto. Ma l’arbitrarietà del segno alfabetico è astrazione dal contesto. Perciò l’alfabeto non ha avuto rivali nel creare il diritto e la democrazia che hanno trascinato l’essere umano fuori dai chiusi e asfissianti clan verso il mondo dell’isonomia, della neutralità e della divisione del lavoro. Dando all’umano un occhio al posto dell’orecchio, l’alfabeto ha sostituito il sentimento di appartenenza collettiva con una coscienza frammentaria. Ma lo sguardo disinteressato del burocrate, come di alcuni medici-scienziati, oggi non è più sostenibile. L’elitarismo cognitivo che si rimprovera ai Dem, e il fatto che gli viene rimproverato, prova che il “robotismo”, l’abilità di essere in più luoghi e sensibili a più cose contemporaneamente sviluppando identità a basso profilo e dai confini mutevoli) ha avuto la meglio sul suo angelismo: la capacità di sviluppare, in solitudine e autonomia, un punto di vista privilegiato. L’oralità di ritorno che caratterizza l’epoca elettrica non ammette né distinzioni rigide come dualismi, né la possibilità dell’individuo o del cittadino separato uguale agli altri davanti alla legge come le lettere in una frase. Preme per un’altra scala di giudizio e un’altra uguaglianza: quella della popolazione più che del popolo, dei fenomeni virali più che parlamentari.
L’udito è il senso dell’indistinzione e dell’immersività. Il suo mondo ubiquo include più cose di quante siano alla portata della precisa e puntiforme localizzazione oculare. I populismi sovranisti cavalcano l’angoscia che ne deriva ripristinando muri, centri di potere e rigide, autoritarie, personalità, cioè in fondo essendo alfabetici al netto della loro ignoranza. Le democrazie, se contrastassero l’abitudine acquisita dopo secoli di “visione” di intendere il messaggio come un contenuto, potrebbero fare qualcosa di diverso. Ad esempio, servirsi dei social, le piattaforme del populismo, emulando Heidi: colei che, al pari di Greta, ha saputo creare, come un vero medium, una coscienza più grande delle dimensioni di una scatola cranica. Ho detto prima che l’estensione del sistema nervoso centrale è l’estensione della coscienza. Ma una volta che ci si libera dal mito alfabetico che la confina nella testa, c’è più di una chance di gioire nel vederla fluttuare dappertutto abbracciando gli uomini tra loro, e con tutti i non umani, a una velocità superiore persino rispetto a quella che l’ultimo prodigio di Microsoft, Majorana 1, promette di assicurare ai computer quantistici di prossima generazione.
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