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Putin-Trump: telefonate e pubblicità
Trascorsa la prima ora dell’annunciato vertice telefonico tra Vladimir Putin e Donald Trump, è apparsa una battuta nella russosfera, ovvero il settore russofono del web, per spiegare le ragioni della lunga conversazione: il presidente russo avrebbe iniziato la telefonata partendo dai Rjurikidi, la prima dinastia della Rus’, riferendosi alla famosa intervista avuta con Tucker Carlson di qualche mese fa. Il commento sferzante e dissacratorio (qualità spesso presenti nei meme e nelle battute della russosfera) inquadra un elemento caratteristico dello stile e delle convinzioni di Putin, il voler appellarsi a ragioni storiche in grado di dimostrare di esser nel giusto. Già agli inizi della pandemia da coronavirus, nella primavera del 2020, il presidente era ricorso a un parallelo storico alquanto strambo, dichiarando che il Covid-19 sarebbe stato sconfitto così come avvenne con i peceneghi e i cumani, popoli rivali della Rus’ nel Medioevo, dichiarazione che diede la stura a una serie di meme sul tema; sarebbe però superficiale non vedere al di là dei riferimenti, bizzarri o seri, il valore del passato per l’eclettica visione del mondo del Cremlino. La guerra in Ucraina, come scritto a più riprese, vede tra le proprie radici l’adesione di Putin a un modello di ricostruzione del passato comune degli slavi orientali promosso dal nazionalismo russo di inizio Novecento e adoperato oggi per bollare l’identità nazionale ucraina come “artificiale”.
Durante queste settimane di prove tecniche di avvio di negoziati, abbiamo assistito a vari passi compiuti da Donald Trump per sbloccare la situazione, ricorrendo a pressioni inusitate su Kiev e arrivando allo scontro in diretta con Volodymyr Zelensky, con tanto di blocco momentaneo del rifornimento di armi, delle informazioni di intelligence e della rete Starlink del fido alleato Elon Musk. Da parte di Mosca, però, a queste aperture, spesso accolte con stupore nell’opinione pubblica russa e irritazione nelle capitali europee, si è risposto con fermezza, ribadendo la necessità di riconoscere il controllo russo delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhya, estendendo le rivendicazioni a quei territori che non sono stati occupati dalle forze armate russe; inoltre, in modo più cortese nelle dichiarazioni di Putin e del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, in maniera ben più brusca nelle parole del viceministro Sergei Ryabkov e di altri esponenti, lo stop alla consegna di armi, la neutralità e la demilitarizzazione dell’Ucraina assieme a “libere elezioni” che dovrebbero mandar via – nelle intenzioni del Cremlino – Zelensky, continuano a essere condizioni imprescindibili per garantire l’inizio di una tregua sempre più sullo sfondo a causa della tattica putiniana di prender tempo. L’esercito russo, nel ragionamento delle autorità di Mosca, si trova in vantaggio, prosegue – tra perdite di uomini e mezzi – lentamente ad avanzare nel Donbass, e le forze ucraine si trovano ormai ai margini della regione di Kursk, nonostante le rassicurazioni di taluni commentatori italiani su un loro “ridispiegamento”; perché, in tale scenario, precludersi l’opportunità di poter cogliere l’occasione di riuscire a ottenere sul terreno ulteriori conquiste? Inoltre, sempre secondo tale logica, la presidenza di Donald Trump durerà quattro anni: certo, negli Stati Uniti avvengono sconvolgimenti epocali, ma al momento tali sono le leggi, e nulla garantisce al Cremlino, il cui inquilino è ben sicuro di restar lì almeno fino al 2030, che in caso di un avvicendamento alla Casa Bianca non si possa tornare a rapporti ostili.

La convergenza di interessi tra Putin e Trump spesso viene presentata come un rapporto in cui il presidente russo sarebbe in realtà il “mandante” del tycoon newyorchese, in una riproposizione del film The Manchurian Candidate (in italiano noto col titolo di Va’ e uccidi), basato sull’omonimo romanzo del 1959 in cui l’eroe, un ufficiale americano catturato durante la guerra di Corea e sottoposto al lavaggio del cervello, si trasformava in un sicario comunista guidato a distanza. Trump, a seconda delle voci, sarebbe stato reclutato dal Kgb negli anni Ottanta, corrotto dall’Fsb o dagli oligarchi russi a cavallo dei due secoli, o semplicemente si tratterebbe di un fedele alleato del Cremlino. Interpretazioni suggestive ma che si basano al momento solo su convergenze e indizi spesso imprecisi se non surreali, e che però rischiano di gettare ulteriore confusione sulla natura sia del trumpismo che del sistema putiniano, negandone le radici in società differenti, e riducendo la comunanza di una serie di assiomi ideologici – i valori tradizionali, la lotta al “woke”, la volontà da grande potenza, la retorica bellicista – in un unico movimento transnazionale. Scriveva Jacopo Di Miceli, curatore di Osservatorio sul complottismo, della necessità di “de-putinizzare il trumpismo”, esaminando le caratteristiche del movimento MAGA, e per quanto riguarda il putinismo, sistema di potere più che movimento di massa, esso trae la propria fortuna “mediatica” in Occidente utilizzando anche quanto gli viene attribuito come frutto del suo intervento: la polit-tekhnologiya – ovvero la combinazione di tecniche pubblicitarie, di sistemi di controllo del voto e di politologia – si basa su un detto russo nato negli anni Novanta, “non esiste la pubblicità positiva o negativa, esiste la pubblicità”, e ogni volta in cui il Cremlino viene ritenuto responsabile di qualsiasi operazione o sommovimento la sua “immagine” ne esce rafforzata come l’antagonista globale, in grado di competere con i poteri occidentali.
Proprio la difficoltà, celata dall’ottimismo delle parole utilizzate da Trump per descrivere i contatti con Putin e l’amministrazione presidenziale russa, di avviare trattative e di raggiungere accordi minimi (ieri pomeriggio si comunicava una tregua negli attacchi alle infrastrutture energetiche, ma già stanotte si son avuti droni e missili su raffinerie e centrali elettriche in Ucraina e in Russia) ci indica come la convergenza, voluta e rivendicata dal presidente americano in un’intervista a Fox News dopo la telefonata in chiave anti-cinese, potrebbe trovare ostacoli nel raggiungere gli obiettivi ritenuti essenziali per Washington; in più, nell’epoca dove la personalizzazione della politica e l’utilizzo di essa come mezzo pubblicitario, un accordo dovrà riuscire a esser soddisfacente sia per Donald Trump che per Vladimir Putin, e l’accoglimento in toto delle rivendicazioni russe rischierebbe di danneggiare l’immagine del primo, qualcosa di improbabile da immaginare.
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Riportiamo il testo del comunicato ufficiale diffuso da Mosca a seguito della telefonata fra Putin e Trump (traduzione di Giovanni Savino)
I leader hanno avuto uno scambio di opinioni dettagliato e aperto sulla situazione in Ucraina: Vladimir Putin ha espresso la propria gratitudine a Donald Trump per il suo impegno nel perseguire il nobile obiettivo di porre fine alle ostilità e alle perdite umane.
Ribadendo il principio della risoluzione pacifica del conflitto, il presidente russo si è dichiarato disponibile a un'analisi approfondita con i partner americani delle possibili vie di soluzione, che dovrebbero essere globali, sostenibili e a lungo termine. Ha sottolineato, inoltre, la necessità imprescindibile di affrontare le cause profonde della crisi e di garantire il rispetto degli interessi legittimi della Russia in materia di sicurezza.
Nel contesto dell'iniziativa del presidente degli Stati Uniti per un cessate il fuoco di 30 giorni, la parte russa ha evidenziato una serie di momenti significativi, tra di essi, l'esigenza di un controllo efficace sulla cessazione delle ostilità lungo l'intera linea del fronte, la sospensione della mobilitazione forzata in Ucraina e il blocco del riarmo delle forze armate ucraine (VSU). Sono stati inoltre sottolineati i seri rischi derivanti dall'inaffidabilità nel negoziare del governo di Kiev, che in passato ha ripetutamente sabotato e violato gli accordi raggiunti. È stata richiamata l'attenzione sui crimini terroristici perpetrati dai combattenti ucraini contro la popolazione civile della regione di Kursk.
È stato ribadito che una condizione chiave per evitare l'escalation del conflitto e lavorare alla sua risoluzione attraverso mezzi politico-diplomatici è la cessazione totale degli aiuti militari stranieri e del supporto di intelligence a Kiev.
In risposta alla recente richiesta di Donald Trump di salvaguardare la vita dei militari ucraini accerchiati nella regione di Kursk, Vladimir Putin ha confermato la disponibilità ad agire, nel rispetto delle leggi russe e internazionali.
Nel corso della conversazione, Donald Trump ha avanzato la proposta di una reciproca sospensione degli attacchi contro le infrastrutture energetiche per un periodo di 30 giorni. Vladimir Putin ha accolto positivamente questa iniziativa e ha immediatamente impartito le relative istruzioni alle forze armate russe.
Il presidente russo ha inoltre reagito in modo costruttivo all’idea espressa da Donald Trump riguardante l’attuazione di un’iniziativa già in discussione sulla sicurezza della navigazione nel Mar Nero. È stato concordato l'avvio di negoziati per definire ulteriori dettagli di tale accordo.
Vladimir Putin ha informato che il 19 marzo avrà luogo uno scambio di prigionieri tra la Russia e l'Ucraina, 175 a 175, e inoltre, come gesto di buona volontà, saranno consegnati 23 soldati ucraini gravemente feriti, attualmente in cura presso strutture mediche russe.
I leader hanno confermato l'intenzione di proseguire gli sforzi per una soluzione negoziata della crisi ucraina nel formato bilaterale, tenendo conto anche delle proposte avanzate dal presidente degli Stati Uniti. A tal fine, saranno istituite squadre di esperti russi e americani.
Vladimir Putin e Donald Trump hanno discusso anche di altre questioni di politica internazionale, tra cui la situazione in Medio Oriente e nella regione del Mar Rosso. È stato deciso di avviare sforzi congiunti per stabilizzare le aree di crisi e migliorare la cooperazione su questioni legate alla non-proliferazione nucleare e alla sicurezza globale. Ciò, a sua volta, contribuirà a migliorare il clima generale delle relazioni russo-americane; uno degli esempi positivi citati è stato il voto congiunto all'ONU sulla risoluzione riguardante il conflitto ucraino.
È stato espresso l'interesse reciproco alla normalizzazione delle relazioni bilaterali, considerando la particolare responsabilità di Russia e Stati Uniti nel garantire sicurezza e stabilità a livello globale.
In questo contesto, è stata esaminata un'ampia gamma di ambiti in cui i due paesi potrebbero sviluppare una cooperazione; sono state discusse diverse proposte per il rafforzamento della collaborazione economica ed energetica in una prospettiva di reciproco vantaggio.
Donald Trump ha sostenuto l’idea di Vladimir Putin di organizzare partite di hockey sul ghiaccio negli Stati Uniti e in Russia tra giocatori russi e americani che militano nella NHL e nella lega russa di hockey.
I presidenti hanno concordato di restare in contatto riguardo ai problemi discussi.
