Lidia Ravera. Piangi pure

14 Febbraio 2014

È un diario senza data d’inizio quello che si apre con una dichiarazione anagrafica della protagonista: un lungo diario al termine del quale si apre un romanzo che si pone come parziale riscrittura del diario stesso. Ed è proprio nello slittamento della voce narrante che vede la protagonista in prima persona nel diario e in terza nella forma romanzo l’aspetto più interessante della narrazione di Lidia Ravera. Lo stile è quello dell’autobiografia, una sorta di ragazza del secolo scorso solo apparentemente rassegnata e ben decisa ad inseguire, foss’anche per l’ultima volta, la passione e tutte le sue complicazioni.

 

Storia di una donna, storia di una famiglia, storia intima e politica, e più di tutto ancora storia di un amore in tarda età. In Piangi pure (Bompiani) Lidia Ravera sembra voler contenere tutti gli aspetti tipici del romanzo borghese, interpretati però con il punto di vista di una donna anziana che ha vissuto con consapevolezza e pienezza la propria femminilità e che si ritrova, in quella che dovrebbe essere l’ultima fase della propria esistenza, a poter risolvere i nodi e le incomprensioni accumulati negli anni.

 

 

Per molti versi Iris De Santis è un tipico personaggio della letteratura di Lidia Ravera, ma che non si aggiunge banalmente ad una già ricca galleria, piuttosto segna una nuova consapevolezza nella scrittura dell’autrice. Il romanzo gode fin dall’inizio di uno sguardo capace di definire ogni movimento. Nulla è prevedibile, ma tutto appartiene con grazia e precisione ad un ordine ben preciso.

 

La sicurezza di Lidia Ravera traligna a tratti in compiacimento, che tuttavia non arriva a infastidire  il lettore. L’occhio cinematografico dell’autrice sembra ricordare gli ultimi film di Alain Resnais in cui tutto è tipico, dai personaggi all’ambiente rappresentato, ma in cui tutto accade con grande stupore per lo spettatore. Una scoperta dell’ingenuità proprio quando, ormai vecchi, tutto sembrerebbe chiaro e ovvio.

 

Piangi pure cela una complessità narrativa sensibile nei continui movimenti temporali che lo caratterizzano e che gli permettono di raccontare le stagioni della politica e della società italiana con discrezione. Senza mai appesantire la storia intima di Iris De Santis, anzi dandole il fiato necessario, Lidia Ravera apre uno spiraglio oltre il Novecento andando oltre le consuetudini e i riti di un secolo ormai chiuso e liberando nuove stagioni esistenziali in chi credeva di averle esaurite.

 

Il finale aperto (e decisamente cinematografico) è l’ultimo capovolgimento di una storia di vecchi solo apparentemente e formalmente in fin di vita. C’è altro ancora da vivere e non sarà solo cura e sollievo, sarà in altro modo vita al solito modo. Un romanzo gioioso e disincantato, certamente non privo di debolezze, ma profondamente depurativo per un paese che confonde da troppo tempo le ambizioni letterarie con esercizi di calcolo egotico.

 

Pulizia ed equilibrio in altri tempi sarebbero stati in buona parte un limite, ora sono una necessità. Piangi pure sgombera il campo e traccia una linea chiara: la maturità è tale solo se è un buon punto di partenza, ogni volta un esordio che ne valga la pena.

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