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Il vestito dell'avvenire / Rodari: Filastrocche in cielo e in terra

28 Settembre 2020

Se si dovesse scegliere un unico libro di Rodari da portare sulla luna, sarebbe senza dubbio Filastrocche in cielo e in terra, cento e uno filastrocche che non stanno né in cielo né in terra ma gravitano nella materia della fantasia. Portarsi dietro queste filastrocche significa conservare il mondo come lo conosciamo, con il bello e il brutto, le stelle del firmamento e le gru, i ragionieri, la guerra e Biancaneve e i sette nani. Nessuna censura e nulla di abbellito, piuttosto un mondo ritinteggiato con i toni della fantasia. 

 

«Ci sono filastrocche allegre e ce ne sono tristi, proprio come nel calendario si incontrano giornate d’oro e giornate nere; ma filastrocche senza speranza non ce ne sono, non le so fare. La speranza e l’erba voglio, secondo me, crescono dappertutto, ai bordi delle strade, nei vasi sui balconi, sui cappelli della gente: basta allungare la mano e volere e il mondo diventerà più abitabile.»

Ci sarebbe speranza anche sulla luna a portarsi dietro le pagine di questa prima importante pubblicazione di Rodari, che raccoglie tanto del lavoro del suo decennio più produttivo, la stagione degli anni ’50, custodendo gli ideali e le più belle idee creative che sono la base dell’enorme patrimonio letterario che ci ha lasciato in eredità. 

Prima dell'edizione Einaudi di Filastrocche in cielo e in terra del 1960, si può tranquillamente sostenere che Rodari non godesse di notorietà. In Italia in quegli anni i suoi libri sono diffusi solo da sigle editoriali (Toscana Nuova, Cds Firenze, Edizioni di cultura sociale) e da reti distributive del Pci; è solo la stampa di sinistra che gli dedica attenzione, mentre quella borghese e cattolica lo ignora. Il motivo è la rivoluzione che Rodari sta compiendo all'interno della letteratura per l'infanzia tradizionale, nella quale inserisce temi nuovi e considerati inopportuni come la pace, la guerra, la libertà e i problemi del mondo contemporaneo. Il germoglio della sua notorietà è ad est, nell'Urss, dove Rodari ottiene uno straordinario successo dopo la pubblicazione di Romanzo di Cipollino, tradotto dal celebre poeta Marschak: nonostante il carattere fortemente pedagogico e moralista della letteratura sovietica, le idee di Rodari si sposano alla perfezione con l'identità contadina di quella civiltà. 

Il successo in Italia arriva dunque solo con Filastrocche in cielo e in terra nel 1960, e non è una data casuale: è finita la guerra fredda, e le scuole possono far leggere ai bambini le poesie di un «comunista». Rodari può finalmente accedere al grande pubblico attraverso una casa editrice democratica ma non del Pci, ed entrare di buon diritto nelle case e nelle scuole del paese, per non lasciarle più.

Quella che questa pubblicazione porta con sé è un’incredibile ventata di libertà: «Tutti gli usi della parola a tutti […] Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo». È una rivoluzione per la letteratura per l'infanzia, e per lo stesso Rodari:

«Caro Einaudi, 

ho ricevuto le «filastrocche» e tocco il cielo con tutte e dieci le dita. Devo proprio dirle grazie dell'edizione bellissima, molto più bella di come potevo aspettarmela. Il libro rallegra piccoli e grandi solo a sfogliarlo e ispira una gran simpatia, credo di poterlo dire come se si trattasse del libro di un altro. In famiglia mi guardano e trattano con accresciuto rispetto, e per la prima volta posso chiudere la porta del mio studio (anche se ci vado a leggere un libro giallo). Insomma, ho ricevuto i calzoni lunghi: se ha dei nemici, disponga di me. 

Suo,
Gianni Rodari» 

 

Il libro è diviso per argomenti: la famiglia punto e virgola, la luna al guinzaglio, il vestito di Arlecchino, i colori dei mestieri, il mago di Natale, un treno carico di filastrocche, le favole a rovescio. Come anticipato, comprende alcune poesie già pubblicate negli anni ‘50 in Gelsomino nel paese dei bugiardi e su «Pioniere», insieme ad alcuni inediti la cui selezione è curata da Giovanni Arpino, con piena approvazione di Rodari:

 

«Anche a me la scelta fatta sembra ottima per la varietà dei temi e perché essendo rimaste tutte le più «politiche» (o almeno non conformiste) il tono dell'insieme – che io temevo potesse sembrare troppo idillico – è invece robusto. A leggerle come se fossero di un altro, le fil. mi hanno molto divertito e «favorevolmente» impressionato. Ringrazia ancora Arpino per la scelta.» 

 

Rodari interviene sulle prime edizioni offrendosi di ripulire «i relitti» dall’eccessiva carica della polemica politica e ci sono dunque numerose varianti, molto spesso solo formali: in Gli odori dei mestieri, «i ricchi [che] non sanno di niente, però | puzzano un po’» diventano «i fannulloni, strano però | non sanno di nulla e puzzano un po’». In Terza, seconda, prima il «miliardario americano» che vuole comprare l’Italia diventa «miliardario forestiero».
A queste due versioni di Filastrocche in cielo e in terra nel ‘72 se ne aggiungerà una terza, che vede l’aggiunta di trentacinque nuovi testi inediti, uscita per la collana «Gli struzzi». Tra queste ci sono tanti scherzi e nonsenses costruiti con la tecnica dei limerick inglesi, che sono una traccia dell’influenza della letteratura potenziale e della passione per la “poesia per ridere”, aperta ad ogni intervento del lettore. 

 

 

Quelle pubblicate da Einaudi nel 1960 sono senza dubbio poesie dalla straordinaria novità tematica e di linguaggio, quella novità che caratterizza appunto la stagione creativa degli anni '50. È qui che Rodari, con discrezione e leggerezza, dà vita a quel processo di liberazione dalle convenzioni, permettendo a realtà e fantasia di incontrarsi e scardinare l’ordine costituito.
Qui capovolge, scompone e ricostruisce la realtà con funzioni diverse da quelle tradizionali, e conduce ognuna di queste operazioni con estremo pudore, evitando frasi ad effetto o letture moralistiche. Ironia e freschezza sono le cifre con cui maneggia la materia, non eccede mai nei particolari, rifugge il senso definitivo di ogni testo e concede al lettore solo suggerimenti (diversamente accadrà qualche anno più tardi, quando la sfera educativa prenderà il sopravvento su quella letteraria, e ci sarà più impegno nel chiarificare e dare voce alla sua ribellione).

 

Le filastrocche parlano per la prima volta dei lavoratori di tutto il paese, i papà e le mamme dei suoi lettori, che finalmente si levano sopra al grigiore della realtà: il vigile urbano alzando i guanti mette a cuccia cento motori scalpitanti, l’omino della gru sta sempre con la testa in cielo e il ragioniere non è un semplice ragioniere, ma è un ragioniere a dondolo, che galoppa dal salotto al tinello con in groppa il suo bambino. 

Con lo stesso filtro fantastico Rodari parla della povera gente, della guerra e delle ingiustizie del mondo. Sogna botteghe in cui vendere la speranza per chi non ha da campare, mette in rima la fame «la neve è bianca, la fame è nera | e qui finisce la tiritera» o racconta dei migranti, che nella valigia mettono un vestito e un frutto «Ma il cuore no, non l’ho portato: | nella valigia non c’è entrato».

La fantasia diventa uno strumento senza pari per parlare ai più piccoli con onestà, per non proporre un «minimondo» disegnato su misura per loro. Ciò che conta di più è stimolare la fantasia nei suoi lettori, perché imparino a ribellarsi contro i luoghi comuni prosperati sulla pigrizia e sul conformismo, una missione che porterà a compimento dieci anni più tardi con Grammatica della fantasia, una guida all’invenzione di storie in cui Rodari fornirà strumenti pratici, utili ad ogni lettore per stimolare la propria fantasia.

La centralità di un’opera come Filastrocche in cielo e in terra è evidente se si fa caso al fatto che le tecniche che esporrà in Grammatica della fantasia Rodari le sta già usando qui – se ne trovano diverse nella sezione “Le favole a rovescio”, piena di filastrocche in cui le favole della tradizione sono prese e ribaltate: la Bella Addormentata non si addormenta, il Principe sposa la sorellastra brutta, mentre il Grillo Parlante e il Gatto con gli stivali si possono andare a trovare allo zoo. La tecnica è cambiare il punto di vista, e Rodari confessa, chiedendo scusa alla formica, di stare dalla parte della cicala «che il più bel canto non vende, regala». Un inno alla bellezza e anche al disinteresse, ingredienti indispensabili per costruire quel mondo di pace e giustizia sociale che Rodari desidera.
Anche la tecnica dell’«errore creativo» (alla base di Il libro degli errori, 1964) è usata qui per una serie di filastrocche dedicate all’errore grammaticale: l’ago di Garda è pieno di pesci che se ne stanno nella cruna, e tutti gli abitanti di Como per errore si trovarono chiusi nei cassetti di un Comò. Anche in questo caso non manca l’occasione per entrare nel vivo della realtà, e così «il punto» diventa un dittatore che pretende che dopo di lui venga la fine del mondo – ma le parole protestano, «lo piantarono in asso, e il mondo continuò | una riga più in basso». 

È d’obbligo un rapido cenno alle illustrazioni di questo libro, il primo terreno della celebre collaborazione con «il grafico preferito» di Rodari, Bruno Munari.

 

 

Le forme linguistiche sincopate, le anafore e i sillogismi di Filastrocche in cielo e in terra ispirano a Munari pochi segni distanti, disegnati con un pastello che spesso si stacca dal foglio e lascia tracce fugaci di colori diversi. Rodari comunica un forte senso di libertà nel continuo scivolare dal piano del significato a quello della forma delle parole, e Munari traduce questo stesso senso di libertà concentrandosi su un unico particolare per ogni filastrocca. I disegni di Munari, come le filastrocche, suggeriscono più che raccontare: il «passero che sulla neve zampetta» è solo evocato dalle impronte del volatile, «gli odori dei mestieri» sono resi con pochi rapidi tratti in cui si riconoscono delle ampolle e il loro contenuto. 

 

 

 

C'è un unico passo in cui Munari disegna tutte le immagini scritte da Rodari, che furono d’ispirazione anche per la famosa canzone di Sergio Endrigo. Fa così: «Per fare un tavolo | ci vuole il legno, | per fare il legno | ci vuole l'albero, | per fare l'albero | ci vuole il seme, | per fare il seme | ci vuole il frutto, | per fare il frutto | ci vuole il fiore: | per fare un tavolo | ci vuole un fiore».
Munari per questa filastrocca disegna un grande fiore arancione e giallo che contiene un tavolo blu, che a sua volta sovrasta un seme nero e che sta sotto ad una pianta verde 

 

 

Dal sillogismo della filastrocca si passa a un disegno per insiemi, in cui il tavolo, l’albero, il seme non derivano semplicemente uno dall'altro, ma stanno contemporaneamente l'uno nell'altro. Munari riesce ad amplificare il messaggio di Rodari colorando gli oggetti con toni tutti diversi, rendendo ancora più incredibile che un tavolo blu derivi da un fiore giallo. Questo dà la cifra del grado di sincronia dell’incontro tra i due, capaci l’uno di incrementare il senso di magia del lavoro dell’altro. Anche in questo caso, Filastrocche in cielo e in terra è il primo capitolo della collaborazione tra Rodari e Munari, una serie di lavori ancora oggi ricordati come irripetibili, in cui i due maestri instaurano un dialogo aperto e frontale capace di toccare alcuni tra i più alti guizzi di creatività nella storia della letteratura per l’infanzia.

Con Filastrocche in cielo e in terra Rodari cuce in definitiva quel «Vestito dell’avvenire» che, ad indossarlo un po’ più spesso, renderebbe il mondo un posto migliore da abitare:

 

Modello di vestito 

che si allunga e si allarga

all’infinito.

Non perde i bottoni,

non ragna sui calzoni,

esente da macchie e da strappi,

s’indossa all’asilo

e cresce un po’ per anno

senza perdere un filo.

I sarti si prevede che lo sconsiglieranno.

Chiederanno al governo qualche decreto drastico

contro il vestito elastico

che dura in eterno.

Con o senza permesso,

io lo invento lo stesso

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