Parigi nel metrò

11 Aprile 2011

La metropolitana è piena. È mattina, c’è silenzio, ancora non si vedono i suonatori e i mendicanti che declamano brevemente ai passeggeri le loro biografie prima di chiedere qualche moneta. Qualcuno dorme, qualcuno legge, chi in piedi, chi seduto; nessuno si parla.

 

 

In metropolitana ci si sfiora, si cammina fianco a fianco, alle volte ci si urta. L’ansia di uscire, di tornare alle luce, impone di fare in fretta. Non c’è tempo da perdere e non si fa caso alle persone, ancora meno di quanto accada all’esterno. Il biglietto della metropolitana documenta di una comunità di individui che hanno in comune partenze e arrivi, tratti di percorso, ma nulla sanno dei loro vicini di strapuntino. Anzi, se gli sguardi cadono troppo insistenti, la reazione è tendenzialmente aggressiva: un giornale che si stropiccia, uno sbuffo, uno spostamento brusco verso l’uscita.

 

 

Più di un miliardo di persone usano la metropolitana di Parigi in un anno, ma è un miliardo di passaggi più che di presenze: più individui per lo stesso volto non è solo il risultato di un’operazione contabile, ma anche dello stato anonimo di chi muovendosi per gallerie e flussi d’orario si nasconde tra i confini di validità del proprio documento di trasporto.

 

Ed è tutto dedicato allo stretto cartoncino parigino il libro di Grégoire Thonnat, Petite histoire du Ticket de métro parisien pubblicato daLe Télémaque. In quasi duecento pagine molto ben illustrate, il biglietto ci appare prima color avana, in seguito verde, arancione e viola: i colori e le stampigliature raccontano gli avvenimenti e il cambiamento di Parigi: dalla prima guerra mondiale all’occupazione nazista, dalle tessere agevolate per gli studenti che esordiscono quasi come una premonizione nel 1968 ai biglietti celebrativi.

 

 

Ma il biglietto è anche un oggetto personale su cui scarabocchiare disegni, brevi annotazioni, ricordi di giornate andate bene e di giornate andate male. Grégoire Thonnat, pubblicitario e già uomo marketing di Saatchi&Saatchi, coglie in questo libro tutta la forza comunicativa di questo piccolo oggetto che, forte da sempre di una grafica sociale elegante ed essenziale, accompagna i passeggeri della metropolitana di Parigi al punto che ciò che è realmente anonimo sono loro stessi, così poco disposti a discorrere col proprio vicino, mentre tra le loro mani, nel formato di 66x33 millimetri, prende forma la storia.

Il biglietto comunica più di quanto i passeggeri facciano quotidianamente portando nei sotterranei della métro un po’ del respiro di Parigi.

 

Ma l’annoiato silenzio della società anonima dei passeggeri non avrà vita lunga. Ne è convinta Anne Cazaubon che da una settimana semina divertimento e allarme distribuendo sulle varie linee i suoi textopolitains: dei bigliettini colorati dal formato simile a quelli del métro, ma con stampate frasi, domande, apprezzamenti. Ideati da Anne e pubblicati da Casterman, Les Textopolitains sono carnet contenenti bigliettini per avviare conversazioni, fare conoscenza o anche sedurre il proprio vicino di strapuntino.

 

 

Dopo una lunga esperienza come interprete per sordomuti, oltre che come passeggera di metropolitane parigine e cinesi, Anne si è convinta che per stimolare la conoscenza tra le persone la comunicazione scritta sia più adatta rispetto all’approccio vocale, soprattutto negli angusti spazi della metropolitana in cui diffidenza e disinteresse sono i principali sentimenti verso il proprio vicino.

 

I Textopolitains sono biglietti annotati aperti al prossimo, curiosi, che tentano di scardinare una riservatezza gonfia di paura e pregiudizi. Trasformano la metropolitana in un mezzo per viaggiare e non solo di trasporto da una stazione all’altra, dove non conta la destinazione, ma il viaggio in sé.

 

Si conferma a Parigi il passaggio dalla voce alla scrittura. Come già con la prevalenza degli sms e delle e-mail sulle telefonate sembra che l’uomo digitale, frenetico e dai polpastrelli capaci di tutto, abbia bisogno di più filtri per relazionarsi. Un biglietto per accedere e uno per viaggiare. Non più quindi un biglietto solo, ma un doppio biglietto.

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