Pierpaolo Antonello, Dimenticare Pasolini
Il libro di Pierpaolo Antonello Dimenticare Pasolini. Intellettuali e impegno nell’Italia contemporanea (Milano, Mimesis, 2013) cerca di sfatare alcuni miti o luoghi comuni sugli intellettuali italiani in epoca contemporanea. Il primo è che siano scomparsi, il secondo che questo sia, eventualmente, un fatto negativo. Gli intellettuali in Italia in realtà esistono, stanno bene e sono in numero crescente. Per capirlo basta semplicemente cambiare i parametri della definizione, cercando di individuare quella intellettualità diffusa, presente soprattutto tra le nuove generazioni, che si configura in maniera diversa dall’intellettualismo di vecchio stampo, di carattere verticistico e moralistico, prescrittivo e narcisistico, dominato da maitre à panserdi turno. In secondo luogo la presunta la scomparsa dell’intellettuale “vate”, esemplificata dal “mito” che è stato fatto di Pasolini, deve essere salutata come un fatto emancipativo, come una circostanza benvenutae non in termini “apocalittici” o nostalgici. È l’indicazione di un passaggio storico cruciale che tende a sciogliere la società dalla necessità di trovare forme forti o “autorevoli” di mediazione culturale e intellettuale, lasciando spazio a una mobilitazione più “anarchica”, orizzontale e democratica, visibile in epoca contemporanea per il diffondersi dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, basati su meccanismi di network e non più di leadership. Un ulteriore mito da sfatare è che il lavoro intellettuale sia in antitesi con la società dei mass-media, visti come strumenti di imbarbarimento e di a-culturazione: in realtà le tecnologie comunicative sono sempre state in stretta simbiosi con il lavoro intellettuale e mai come oggi diventano moltiplicatori culturali e di trasformazioni emancipative. Infine, va rivista la dizione storico-critica che vede la società postmoderna come l’entrata in una fase di “riflusso” e disimpegno politico e civile, quando è invece facile dimostrare come nelle ultime due o tre decadi, anni di presunta povertà estetica e intellettuale, siano emersi numerosi esempi di riflessione critica e di proposte artistiche a forte valenza politica, tutti fioriti all’interno dell’ombrello epistemologico e estetico del postmoderno e della postmodernità, variamente definiti o connotati. Ovviamente si individuano qui anche alcuni vistosi problemi strutturali di fondo ancora presenti e che sono un freno a una più efficace e capillare promozione culturale a carattere emancipativo (una riforma sostanziale della scuola in primis e una più attenta e efficace promozione dello spirito “critico”), ma il generale lamento di coloro che considerano l’Italia contemporanea un deserto culturale, intellettuale e morale, va analizzato in termini sintomatici più che come diagnosi effettiva sulle condizioni del presente, che è molto più variegato, complesso, dinamico e interessante di quanto si voglia comunemente pensare.
Il libro include cinque riflessioni sia su questioni definitorie che su alcuni aspetti salienti del lavoro intellettuale in epoca contemporanea:
1. Introduzione: per una Bauhaus intellettuale
2. Chi sono e a cosa servono gli intellettuali? Italia e Gran Bretagna a confronto
3. Intellettuali e mass-media: incomprensioni, mediazioni, strategie di sopravvivenza
4. Dimenticare Pasolini
5. Impegno postmoderno: l’ossimoro che avanza.
Presentiamo qui un breve estratto dalla seconda parte del capitolo 5 che può anche essere letto come un contributo alle discussioni in corso sui più o meno “nuovi realismi”, in difesa di termini troppo sbrigativamente liquidati come quelli di “postmoderno” e posmodernità.