Speciale

Tavoli | Francesco M. Cataluccio

20 Maggio 2013

Gli indizi ci sono tutti: il proprietario della scrivania sta scrivendo un libro sull’arte. C’è l’evidenza di una copertina, Venere di Botticelli, ma rivista da Andy Warhol: una della serie di sedici, realizzata negli Anni ‘80.  Il titolo si intravede, in piccolo, La memoria degli Uffizi, un volume intorno alla gran collezione medicea, ma anche una memoria di Firenze “da piccolo”, in gita domenicale nella collezione con mamma e papà, a celebrare una laica cerimonia di famiglia. Foto di infanzia, a sinistra, forniscono possibili scenari memoriali.

 

Si riconoscono anche i segni di passioni slavofile: la pila sulla destra reca in cima un libro capitale dell’iconografia del secolo trascorso: Le porte regali di Pavel Florenskij, ricerca radicalissima sulle radici sacre dell’immagine. In queste pagine magistrali, si trova quella polemica antirinascimentale che Andrej Tarkovskij, come racconta il libro di cui la scrivania fornisce tutte le prove, ribadiva nel corso delle sue visite alla pinacoteca sull’Arno.

 

Il tavolo è collocato vicino a una finestra, da cui entra una luce di taglio, sta al fondo di uno studio, rivestito di libri, fino al soffitto. Lo schermo del computer ne riflette una sezione, come il pomello della sedia del ritratto di Leone X di Raffaello, rimanda tutto il sontuoso microcosmo papale di cui il quadro celebre racconta il fasto. Il proprietario accumula riferimenti, immagini, ritagli e prende appunti su un quaderno cecoviano: si intravedono anche gli strumenti per il rito della pausa. Pipe, in assortimento, e una scatola di sigari, ovviamente toscani.

 

La sedia, comoda, fa pensare a un signore che fuma, comodamente seduto sulla sedia bianca, che inforca gli occhiali, sistemati come senhal nella parte sinistra della composizione, assediato da volumi, da poppa come da prora. Poi inizia a scrivere e prosegue, tanto, anche se sbaglia, la scrivania è anche piena di confezioni di bianchetto: un segno netto e poi si ricomincia.

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