Uguaglianze e opportunità: sì, ma quali?
L’uguaglianza di opportunità e la libertà di gestire la nostra vita senza essere condizionati dalle posizioni di partenza. Su questo, essenzialmente, ci costringe a riflettere il bel libro di Elena Granaglia, Uguaglianza di opportunità. Sì, ma quale? (Laterza, Bari).
Nel dibatto politico, anche in occasione delle recenti elezioni, un generico riferimento al contrasto alle disuguaglianze non è quasi mai mancato, almeno nella metà campo delle forze politiche che hanno perso. Le “inaccettabili disuguaglianze”, tuttavia, continuano ad essere accettate, malgrado l’inflazione le approfondisca ulteriormente.
Infatti, al di là della frequente evocazione e a parte qualche rara eccezione, non si rintracciano né concrete proposte né iniziative politiche per provare a chiudere la forbice che divide i più ricchi dalle categorie più povere, né tantomeno chiarimenti in merito a quale concezione di uguaglianza si aspiri.
In compenso, il nuovo governo ripropone, persino con il mutamento di nome del Ministero (Ministero dell’Istruzione e del Merito), la scivolosa questione della meritocrazia, rispetto alla quale è lo stesso inventore del termine a metterci in guardia. Michael Young, nel suo contributo (L’Avvento della Meritocrazia, 1958), non taceva i rischi di un esito scarsamente desiderabile della meritocrazia, che da un lato vede un’élite “meritevole” e, dall’altro, un insieme di classi subalterne meno meritevoli e prive dei diritti dell’élite. Anche ipotizzando che sia raggiungibile una qualche uguaglianza delle opportunità, la meritocrazia rischia di alimentare la convinzione errata che alla base del successo dei vincenti ci siano esclusivamente le loro virtù (e non anche le condizioni ambientali, la famiglia di origine o meri fattori accidentali, le “circostanze” come più correttamente si usa dire).
Elena Granaglia, con il suo nuovo libro ci aiuta a ragionare su questi temi. Distinguendo tra le diverse concezioni di uguaglianza di opportunità (sì, ce n’è più di una!) e riflettendo sulle implicazioni di politica economica che derivano dal privilegiare una concezione piuttosto che un’altra. Ci fornisce soprattutto gli strumenti per andare oltre il generico auspicio della riduzione delle disuguaglianze e per discutere, qualunque siano le convinzioni, dei pro e dei contro di tre diverse concezioni dell’uguaglianza di opportunità: l’uguaglianza di opportunità di partecipare alla pari al mercato, l’uguaglianza di opportunità come compensazione delle disuguaglianze dovute a circostanze e l’uguaglianza di capacità.
E lo fa utilizzando quattro parole taglienti: prima, dopo, cosa, come. Un “prima” dedicato al livellamento delle condizioni di partenza, un “dopo” dove le disuguaglianze possono dispiegarsi e trovare giustificazioni accettabili, un “cosa” dedicato agli ostacoli da rimuovere e un “come” evidentemente rivolto alle politiche possibili.
Sulla base di queste quattro discriminanti le tre diverse concezioni di uguaglianza di opportunità mettono in luce i loro vantaggi e i loro elementi di debolezza. In particolare, spostando in avanti e indietro il confine delicato tra il prima e il dopo e focalizzando l’attenzione sull’istruzione o sugli ostacoli derivanti dalla “lotteria sociale” e dal caso o, infine, sulle condizioni per garantire “il pieno sviluppo della persona umana”, le tre diverse concezioni fanno seguire indicazioni più o meno convincenti per le politiche pubbliche.
L’uguaglianza di opportunità di partecipare alla pari al mercato ha l’indubbio merito di riportare al centro della discussione politica il ruolo dell’istruzione e Dio solo sa quanto ce ne sia bisogno nel nostro Paese. I dati assoluti sul sistema scolastico e sull’università e, ancor più, il confronto con gli altri Paesi europei sono impietosi al riguardo.
L’enfasi sull’istruzione trascura tuttavia che il mercato, a parità di livelli di istruzione, continua a premiare alcuni aspetti legati alla famiglia e al contesto di provenienza.
Più in generale, la riflessione di Elena Granaglia sottolinea come il livellamento confinato all’offerta di mezzi per partecipare al mercato si dimostri incapace di cogliere i problemi legati al processo di conversione dei mezzi in risultati. Non solo, questa concezione di uguaglianza di opportunità, per definizione, non risulta idonea a garantire quei valori che il mero accesso al mercato fisiologicamente non può assicurare. Il mercato inevitabilmente premia ciò che al mercato piace. Le differenze retributive tra un calciatore di successo e un infermiere che si è speso molto durante il Covid si spiegano così.
Infine, in merito al “come”, la limitata sensibilità per le disuguaglianze economiche di partenza e per la stratificazione sociale implica che questa concezione dell’uguaglianza di opportunità finisca quasi inevitabilmente per non cogliere un aspetto più che rilevante. Rischia, infatti, di sottostimare la circostanza che, tanto più iniqua la distribuzione della ricchezza e del potere, tanto minore la disponibilità alle misure redistributive e al finanziamento degli interventi volti a favorire una partecipazione non distorta alle opportunità offerte dal mercato.
L’uguaglianza di opportunità come compensazione delle disuguaglianze dovute a circostanze prova a confrontarsi con alcuni dei nodi irrisolti dall’uguaglianza di opportunità di partecipare alla pari al mercato. Affronta le questioni che l’accesso paritario all’istruzione e ai servizi di cura lascia irrisolte, spostando l’area del “prima” fin dentro il mercato e cercando di livellare anche gli ostacoli derivanti dai vantaggi legati al contesto familiare e al caso. Lo fa, tuttavia, ricorrendo a una logica compensativa che non sembra distinguere tra interventi di prevenzione (largamente preferibili sotto il profilo della giustizia sociale) e interventi meramente risarcitori. Con il rischio che anche questa concezione finisca per non mettere in discussione o, comunque, per sottovalutare il ruolo delle disuguaglianze economiche esistenti.
Più promettente, oltre che più apprezzata dall’autrice, è l’uguaglianza di capacità. Vale la pena di sgombrare subito il campo da una possibile equivoco: anche l’uguaglianza di capacità rientra a pieno titolo nelle possibili concezioni dell’uguaglianza di opportunità e rappresenta una concezione pienamente compatibile con una lettura meritocratica delle disuguaglianze di mercato. Si tratta, tuttavia, di una concezione che supera la visione disuguale delle opportunità che, invece, caratterizza gli altri due approcci. Una concezione il cui obiettivo è quello di creare un pavimento di condizioni comuni, di uno standard minimo coerente con una vita dignitosa. Una volta garantita tale base, una volta garantite nel “prima” le capacità, nel “dopo” possono dispiegarsi le inevitabili (ma accettabili) disuguaglianze, rispettose delle diversità individuali. La trasformazione delle capacità in risultati economici diventerebbe non più un obbligo ma, appunto, un’opportunità, in buona misura frutto delle proprie scelte di vita.
Le politiche pubbliche, pertanto, dovranno focalizzarsi non solo e non tanto sulla distribuzione individuale delle risorse quanto, piuttosto sulla creazione di un contesto economico e istituzionale idoneo a conciliare gli obiettivi di uguaglianza distributiva con quelli di libertà di scegliere i propri piani di vita. L’uguaglianza di capacità, in definitiva, supera, o quanto meno, integra il paradigma re-distributivo, centrato prevalentemente sugli interventi di natura fiscale, e attribuisce centralità alle politiche pre-distributive. Quelle politiche, cioè, che si occupano della distribuzione primaria, particolarmente attente alla regolazione delle strutture sociali e dei mercati. Ad esempio, le politiche per il sostegno alle responsabilità familiari volte ad alleggerire il peso oggi a prevalente carico delle donne, una buona parte delle misure del così detto “vecchio” welfare e le politiche per la concorrenza.
Non a torto, Elena Granaglia sostiene che si tratta dell’unica concezione che consentirebbe di rimuovere quegli “ostacoli di natura economico e sociale” che possono impedire “il pieno sviluppo della persona umana”. Di creare cioè condizioni di partenza tali da poter scegliere liberamente della propria vita
In questo senso le considerazioni di Elena Granaglia sull’uguaglianza di capacità sembrano riflettere a pieno una bella citazione di Rossana Rossanda:
"“Io credo che gli esseri umani sono uguali perché a cosa è comparabile una vita se non a sé stessa, nel suo arco breve? E non tollero che non abbiamo gli stessi diritti di gestire la nostra sorte e la nostra, intrinseca, non coatta, liberatoria diversità – perché bloccati dalle necessità imposte dal potere, dal denaro, da tutto ciò che fa di alcuni oggetto di scelte altrui. (“L’autodifesa di un io politico” in Questo corpo che mi abita, Bollati Boringhieri, 2018, p. 16).
Una ragione in più per leggere un libro grazie al quale il discorso pubblico sulle inaccettabili disuguaglianze può diventare più accettabile e, auspicabilmente, più concreto.