Alfabeto finanziario 2. Contro Calvino: moneta e aggettivi
Italo Calvino, il nemico degli aggettivi. Guido Davico Bonino, storico della letteratura e del teatro, e critico letterario, ha ricordato un aneddoto divertente del 1961 su Italo Calvino. Davico Bonino era un giovane di 23 anni, in procinto di sostituire Calvino come capo ufficio stampa della casa editrice Einaudi. Calvino aveva un odio viscerale per gli aggettivi. Ecco il pezzo saliente ai nostri scopi del dialogo tra i due (il ricordo integrale lo trovate qui).
Calvino: 'Basta! Ma che cos'è questo aggettivo, cosa ci sta a fare? Non si parla con gli aggettivi, si parla con i sostantivi'.
Davico Bonino 'Tu però nei tuoi racconti alcuni aggettivi li usi'.
Calvino 'Aggettivi io? Assolutamente no'.
È ovvio che Calvino, in parte, provocava. Basti pensare ai titoli della “Trilogia degli antenati”. Ma non è di questo che vogliamo parlare.
Gli aggettivi della moneta. Per la moneta gli aggettivi sono cruciali. Altrimenti si corre il rischio di fare confusione. Vediamo sei esempi.
Moneta legale (e Primo Levi). La moneta legale – le banconote e le monete metalliche – deve essere accettata in cambio di beni e servizi o, se qualcuno la consegna, per cancellare un debito. Ma ci sono casi – di alta inflazione e di crolli dell’autorità statale – in cui l’obbligo di accettazione si dilegua. Primo Levi, in La tregua (1963), dedica una pagina alla circolazione della moneta nell’Unione Sovietica del 1945, oggi territorio della Bielorussa.
«Fu fatto un rapido censimento dei nostri averi. … Otto rubli … Era difficile stabilire quale fosse il loro potere d’acquisto …: le nostre precedenti esperienze monetarie coi russi erano state incoerenti e assurde. Alcuni fra loro accettavano senza difficoltà valuta di qualsiasi paese, anche tedesca o polacca; altri erano sospettosi, temevano inganni, e accettavano soltanto scambi in natura o monete metalliche. Di queste ultime, circolavano le più impensate: monete del tempo zarista, uscite da atavici nascondigli familiari; sterline, corone scandinave, perfino vecchie monete dell’Impero austro-ungarico. Per contro, avevamo visto a Zmerinka una delle latrine della stazione con le pareti costellate di marchi tedeschi, puntigliosamente appiccicati al muro a uno a uno con materiale innominabile.»
Quando l’inflazione esplode o uno Stato collassa la fiducia nella moneta legale sparisce. Oggi tutti utilizziamo gli euro perché l’inflazione è bassa e così il potere di acquisto della moneta è costante. C’è fiducia nei confronti dell’euro.
Moneta bancaria. Circa il 93 per cento degli italiani ha un deposito presso una banca o le Poste. La forma prevalente è il conto corrente, che possiamo utilizzare per fare pagamenti, ad esempio scrivendo un assegno, facendo un bonifico, o utilizzando carte di credito, carte di debito, carte prepagate, o applicazioni sui nostri telefonini. Il cittadino comune dice di “avere un conto corrente”; o di “avere un deposito in banca”; dice molto meno spesso che ha moneta bancaria, perché è un’espressione tecnica. L’importante è capirsi.
Moneta fiduciaria. Per moneta fiduciaria si intendono le banconote moderne, che, diversamente dal passato, non possono essere convertite in metalli preziosi. Fiduciaria significa che la moneta è scambiata sulla base della fiducia, non del suo contenuto di oro o argento. Una banconota da 100 euro è un pezzo di carta, eppure tutti l’accettiamo. Però l’espressione moneta fiduciaria è usata anche per indicare i depositi bancari. Noi cittadini abbiamo fiducia nelle banche, nel fatto che saremo sempre in grado di riavere indietro i nostri depositi, di incassare un assegno o di ricevere un bonifico, anche grazie alle regole e ai controlli esercitati dalle banche centrali e da altre istituzioni. Un esempio è l’assicurazione pubblica dei depositi.
Moneta scritturale (e come le banche creano moneta). La moneta scritturale è la moneta bancaria. Scritturale è sinonimo di bancaria. Carlo Maria Cipolla ha ironizzato sull’aggettivo scritturale, secondo lui tipico del gergo degli economisti; ha aggiunto che un cronista fiorentino del Cinquecento aveva più fantasia degli economisti, perché usava un’espressione più bella, parlando di “moneta d’inchiostro”. In effetti qui ha ragione Calvino: il sostantivo inchiostro forse funziona meglio dell’aggettivo scritturale. Ma come funzionava – funziona ancora oggi – l’inchiostro del banchiere?
Seguendo Cipolla, si consideri il caso di un banchiere che riceveva 100 fiorini in deposito da un mercante. Dopo un po’ di tempo, il banchiere si rendeva conto che il mercante non ritirava mai integralmente i 100 fiorini. C’era la possibilità di far fruttare il denaro. C’era infatti un altro mercante che chiedeva un prestito al banchiere, diciamo per 25 fiorini. Allora il banchiere, usando l’inchiostro, annotava sul suo bilancio un prestito di 25 fiorini a favore del secondo mercante. Questi usava i 25 fiorini per pagare un terzo mercante, che gli aveva venduto dei cavalli. Il venditore di cavalli depositava i 25 fiorini presso un’altra banca. Grazie all’offerta di prestiti da parte della prima banca, registrata in bilancio con l’inchiostro, i depositi totali sono diventati 125 (100+25).
Cerchiamo di difendere il povero aggettivo scritturale. Deriva dai banchieri de scripta, nati appunto nel Medioevo, in grado di creare moneta, come abbiamo visto, con delle pure scritture contabili. Da secoli i sistemi bancari sono sistemi frazionari: le banche non detengono riserve pari al 100 per cento dei depositi. Il sistema frazionario esordisce intorno al 1300 per opera dei banchieri veneziani.
Anche oggi ogni volta che le banche concedono un prestito creano moneta. Un semplice esempio è la concessione di credito ai clienti attraverso l’apertura di un’anticipazione in conto corrente, che dà luogo alla nascita di un deposito, vale a dire di moneta bancaria. La creazione di moneta da parte delle banche è stata ricordata da Mario Draghi in un intervento del 2020, dedicato alle misure pubbliche e private da adottare per contrastare la pandemia: «le banche … sono in grado di creare liquidità all’istante, concedendo scoperti oppure agevolando le aperture di credito».
La moneta bancaria scritturale ha due caratteristiche.
- Chiunque di noi può chiedere alla banca di trasformare 100 euro di deposito in 100 euro di banconote. La trasformazione di moneta bancaria in moneta legale – e viceversa – avviene di continuo, ad esempio quando preleviamo dagli sportelli automatici o depositiamo contante in banca.
- La moneta scritturale è emessa solo da soggetti autorizzati, le banche, sottoposti al controllo di autorità pubbliche, come la Banca centrale europea e la Banca d’Italia, che ne assicurano la sana e prudente gestione, vigilando sulla stabilità complessiva del sistema.
Diffidate assolutamente delle iniziative che trovate in rete di soggetti non autorizzati che si propongono come emittenti di moneta scritturale (per saperne di più). Questi soggetti non assicurano le caratteristiche (a) e (b) della moneta. Non dovete fidarvi di cittadini che pretendono di emettere moneta scritturale: sono iniziative senza fondamento giuridico.
Moneta elettronica (in senso stretto e in senso largo). In Italia la moneta elettronica assume la forma prevalente della carta prepagata. Le banche, le Poste e gli istituti di moneta elettronica – istituzioni nate intorno al 2000 – possono emetterla. Noi consegniamo agli intermediari 100 euro, o trasferiamo dal nostro corrente 100 euro; i 100 euro vengono caricati, sotto forma di moneta elettronica, sulla carta prepagata. Possiamo usare la carta per fare pagamenti nei negozi, su Internet, per prelevare dagli sportelli automatici. La moneta elettronica è un’espressione tecnica, ristretta, introdotta da una direttiva europea del 2000.
Però ogni giorno usiamo l’espressione moneta elettronica in una definizione più larga. Facciamo bonifici elettronici e le nostre carte di credito e di debito hanno un chip elettronico. Tutto il sistema dei pagamenti è diventato più elettronico rispetto a trenta anni fa. I media parlano di tante forme diverse di pagamenti elettronici. Ma nel gergo tecnico moneta elettronica ha la definizione più ristretta della direttiva europea: tutte le discipline hanno le loro terminologie (si veda). Per questo la divulgazione resta importante. Molti anni fa Tullio De Mauro ha mostrato che, fra gli scienziati di diverse discipline, gli economisti sono quelli che si fanno meno capire.
(Lo ha ricordato Alfredo Gigliobianco qui).
Moneta virtuale o digitale. Se è vero che tutto il sistema dei pagamenti è diventato più elettronico da molti anni, è anche vero che un’innovazione ulteriore è stata l’introduzione delle criptoattività (di cui Bitcoin è la più importante), dette anche valute (o monete) virtuali o digitali. In Italia una legge del 2017 ha fornito una definizione di valuta virtuale: «la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente».
Abbiamo già scritto di Bitcoin. Qui basti ribadire che non è moneta, né legale, né bancaria. Sarebbe meglio usare per Bitcoin l’espressione criptoattività, invece che criptovaluta/moneta, valuta/moneta virtuale o digitale.
Parafrasando Nanni Moretti, quando si parla di moneta non solo i sostantivi ma anche gli aggettivi sono importanti.
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