Il suono come strumento di conoscenza / Ascoltare i luoghi

31 Luglio 2017

Salutiamo con entusiasmo la recente pubblicazione del libro Nuove geografie del suono. Spazi e territori nell’epoca post-digitale, edito da Meltemi, del ricercatore e curatore indipendente Leandro Pisano: tale pubblicazione porta finalmente in Italia il dibattito sul suono inteso come strumento di conoscenza, che sta avvenendo già da alcuni anni a livello internazionale. Attraverso il resoconto critico di una serie di artisti sonori riconosciuti, il lavoro di Pisano ci parla della possibilità di indagare gli spazi abbandonati e le zone rurali attraverso la pratica dell’ascolto.

 

Katia Zavoloka a Mediterrae vol. 1, 2007, ph Leandro Pisano.


A diverse latitudini e con approcci estetici differenti, Ximena Alarcón, Enrico Ascoli, Fari Bradley e Chris Weaver, Angus Carlyle e Chiara Caterina, Budhaditya Chattopadhyay, Enrico Coniglio, Peter Cusack, Matthew Fluharty e Richard Saxton, Fabio R. Lattuca e Pietro Bonanno, Fernando Godoy, Miguel Isaza, Signe Lidén, Yasuhiro Morinaga, Anna Raimondo e Younes Baba-Ali, David Velez, Chris Watson fanno esperienza di pratiche in cui il suono favorisce l’emergere della realtà complessa e conflittuale dei luoghi, riportando all’ascolto una serie di narrazioni in essi nascoste e mettendo in atto una riappropriazione a più livelli del paesaggio, al di là del sistema bidimensionale della mappa.

 

France Jobin a Liminaria, 2014, ph Antonello Carbone.


Nato dalla ricerca svolta durante il percorso dottorale in Studi culturali e post coloniali del mondo anglofono presso l’università di Napoli, il testo di Pisano si radica sull’esperienza decennale dell’autore come critico e curatore indipendente di festival e residenze di arte sonora (Interferenze, Liminaria, ecc.). Ponendosi sul confine tra ambiti disciplinari differenti ma di volta in volta contigui come i new media studies, gli studi post-digitali, i sound studies, la politica del linguaggio, la filosofia e la riflessione geografica, l’autore presenta la propria riflessione in tre capitoli in maniera equilibrata e asciutta, sviluppando la propria trattazione sulle nuove geografie del suono, da intendersi sia come mappatura delle teorie e delle pratiche sonore attuali, sia come emersione di nuovi aspetti dei territori rurali individuati e messi in luce proprio grazie all’azione delle pratiche sonore.

 

Liminaria 2016, ph Giuseppe Ricci.


Nel primo capitolo la pratica dell’ascolto viene esaminata attraverso una attenta discussione delle attuali teorie sul suono: dalla sonic philosophy di Christoph Cox al materialismo sonoro di Luc Döbereiner, dalla prospettiva contestuale e non cocleare dell’ascolto di Seth Kim-Cohen all’approccio (post-)fenomenologico dei Sonic Possible Words di Salomé Voegelin, dal sonic nomad di Budhaditya Chattopadhyay all’acustemologica di Steven Feld riletta da Anja Kanngieser, tale dibattito permette di mettere in discussione l’interpretazione strettamente musicologica delle pratiche estetiche legate al suono producendo nuovi punti di vista/ascolto. In gioco vi sono le possibilità e le modalità di definizione dell’odierna arte sonora, terza arte che, nata nell’interstizio tra musica e arte visiva, non è più né la prima né la seconda, ma un nuovo e specifico campo disciplinare le cui pratiche richiedono urgentemente nuove teorizzazioni.

 

Fabio Lattuca e Pietro Bonanno, ph Emiliano Battistini.


Nel secondo capitolo, l’analisi del rapporto tra paesaggio, suono e rovine ruota attorno alla definizione del concetto di Terzo Paesaggio Sonoro che, estendendo al campo del suono la dinamicità vegetale del Terzo Paesaggio (Gilles Clément), si configura come uno spazio critico per superare l’oggettività della contemplazione estetica, della museificazione e della reificazione del mondo operata dal dispositivo dell’archivio (Iain Chambers). Principale modalità che permette tale resistenza estetica e culturale è l’uso consapevole della registrazione d’ambiente o field recording.

 

Liminaria 2015, locandina.


L’esplorazione fonografica di deserti, ferrovie in disuso, città fantasma, borghi abbandonati, ex zone industriali, riporta un potente senso della spazialità, del tempo e dell’atmosfera, trasformando lo spazio uditivo in ambiente di ascolto critico. Attraverso l’esperienza di scoperta di un territorio considerato marginale, la fonografia si configura come atto politico che rende udibile ciò che è assente nella geografia ufficiale delle rovine, componendo una storia del paesaggio alternativa fatta di suoni, voci e silenzi, e mettendo in questione la narrativa dell’ideologia dominante rinegoziando significati e immaginando nuovi scenari. Processi collettivi di contro mappatura, le mappe sonore rendono udibile ciò che è complicato inquadrare nel dominio del visibile, donando nuova profondità alla dimensione verticale delle comuni carte geografiche, inserendovi le dimensioni occultate delle differenze socio-culturali, delle relazioni economiche-politiche, dei cambiamenti climatici e degli squilibri ecologici (un esempio su tutti: l’audiomapa.org dell’America Latina). 

 

Nuove geografie del suono.


Il terzo capitolo discute i concetti di identità e comunità delle aeree rurali in relazione al suono. Se il pensiero dominante metropolitano intende l’identità rurale come monolitica, le pratiche sonore contemporanee testimoniano dell’identità dinamica delle zone rurali, in continua negoziazione in base agli incontri, ai mutamenti, alle ibridazioni. Da mappa silenziosa, la ruralità diviene territorio in cui i suoni svelano campi di tensione e di conflitto tra soggetti con ideologie economiche ed ecologiche differenti, e il paesaggio diviene spazio attivo in cui agire, paesaggio mobile inteso come sovrapposizione di diversi paesaggi possibili (sonoro, visivo, corporeo, mediale). L’artista si fa ricercatore (Viviana Gravano), cioè soggetto produttore di conoscenza e questiona la propria posizione di fronte a quella della comunità territoriale, segnando il passaggio da una pratica descrittiva a una concezione progettuale: non vi è più una comunità già data che bisogna descrivere, ma la comunità si manifesta solo al momento dell’incontro con l’artista e nella reciproca interazione in progetti comuni.

 

Anna Raimondo e Younes Baba Ali, Here now where.


Nei progetti sonori partecipativi e ibridi, che mescolano le nuove tecnologie digitali sonore (microfoni, sensori, pad, computer, Internet, ecc.) a oggetti tradizionali del contesto della comunità ospitante (strumenti musicali tradizionali, oggetti e luoghi del lavoro, bande del paese, campanili, ecc.), le pratiche estetiche del suono permettono di richiamare e ripensare il passato e trasformare il territorio rurale da mero elemento geografico a medium con il quale comunicare e interpretare in maniera creativa la memoria del luogo. 

 

Peter Cusack sounds from dangerous places.


Il lavoro di Pisano ci propone così di rivedere le nostre coordinate geografiche mettendo al centro le aree rurali e abbandonate e dando infine un nuovo senso al sud, inteso non più come coordinata geografica ma come modalità epistemologica (Bonaventura de Sousa Santos), che apre alla conoscenza dei luoghi attraverso l’esperienza dell’ascolto di essi.

 

Chris Watson, El tren fantasma, 2011.


Un consiglio prezioso, da mettere in pratica anche direttamente in queste nostre vacanze estive, per chi si trova nelle campagne o sulle spiagge del sud o anche per chi resta nella calma estiva della città. Provare ad ascoltare l’interstizio incolto, gli angoli abbandonati o le vastità rurali che ci circondano. Anche senza microfoni e registratore, bastano le orecchie: è l’occasione di lasciarsi stupire dai suoni e dalle voci del paesaggio, invisibili sulle comuni mappe digitali dei nostri smartphone.

 

Leandro Pisano, Nuove geografie del suono. Spazi e territori nell’epoca post-digitale, Meltemi, 2017.

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