Ci disegnano così

20 Settembre 2011

Al New York Times ormai sono una prassi, le infografiche. All’accadere di qualsiasi evento c’è un team che spiega con colori, traiettorie, grafici, torte e diavolerie le più geniali la complessità della questione sul tavolo.

 

Da noi la cosa fatica a prender piede sui giornali istituzionali (su cui al massimo si trova qualche piantina del catasto che illustra l’omicidio del mese) mentre sembra cominciare ad affacciarsi nei nodi della rete.

 

Ne è un esempio in questi giorni Vincenzo Cosenza che, con software opensource e dati in creative commons, sta provando a rappresentare graficamente, a puntate (finora due), la rete di blog italiana. Tanto per capire chi siamo, quanti siamo, come siamo e dove stiamo andando.

Nei suoi articoli c’è una puntuale spiegazione dei criteri e delle logiche sottostanti la grafica: dove ha preso i blog (blogbabel), che dati ha incrociato e con quali criteri li ha poi filtrati, selezionati e raccontati. Quello che ne viene fuori è una mappa bellissima.

 

Sia graficamente (chapeau),  ma soprattutto come sguardo. Già solo guardarla, questa costellazione di autori anarchici e spontanei, è uno spettacolo non da poco. Vedere questo pulviscolo di intelligenze vive e dinamiche, in un paese che ci ha abituato a un tepore sopito. E vederlo così linkato, così coeso. Non una mappa di territori autonomi e conflittuali (le province), come per la vecchia intelligenza corporativa, ma un brulicante formicaio cooperante e produttivo.

 

E se c’è un’ultima cosa che viene in mente, guardandolo, è che se queste fossero le mappe delle televisioni, o dei giornali, o dei libri, i puntini più grossi sarebbero sul calcio, le tette e le ricette di cucina. Ci uscirebbero due reality, 4 articoli di Scalfari su Berlusconi ladro, e centinaia di Cassano e Ibra. Invece ne esce fuori un popolo della rete più sano e vitale, più maturo e colto del popolo della tv e dei giornali. E siccome quel popolo è lo stesso, ovvero noi, viene da pensare che forse questo nostro paese è migliore di come i media classici per decenni ce lo hanno descritto. Che non è vero che siamo un’Italia da tinello e bar sport. Che ce l’hanno venduta così, con dolo. Mentre, davanti alla possibilità di scelta della rete, quest'Italia preferisce frequentare blog di fisica, di letteratura, di politica. Solo un inguaribile pessimista non leggerebbe in queste grafie un’Italia migliore, un paese il cui sguardo è più alto, dignitoso e sano. Un posto con una geografia culturale, pensa te, persino vivibile.

Post Scriptum: C’è un’unica nota triste in questa mappa, ed è che tutte queste energie, e i 20 milioni di italiani in rete, non sono ancora stati intercettati dal sistema economico del paese, dalla pubblicità o dalle istituzioni culturali. La rete rimane in gran parte un sistema autofinanziato. Libero, ma povero. Le risorse pubbliche e private sono ancora incanalate nella televisione e nei giornali, e questo è davvero un pessimo sintomo della dinamicità e intelligenza dei nostri capitali, e dei loro capitani. 

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