Claudia Tarolo, editrice e traduttrice

5 Dicembre 2024

È scomparsa dopo una lunga malattia Claudia Tarolo, editrice di Marcos y Marcos e traduttrice di numerosi autori per le edizioni milanesi; la ricordano qui la scrittrice Jhumpa Lahiri e il poeta Fabio Pusterla, di cui ha, rispettivamente, tradotto e curato i libri.

Ho conosciuto Claudia Tarolo insieme a Marco Zapparoli a Mantova nel 1999: sono stati loro a portarmi per la prima volta in Italia per la mia scrittura. Ero un’autrice giovane al mio primo libro che Claudia aveva tradotto. Mi aveva colpito la sua dolcezza, la sua serietà, la sua energia un po’ serafica. Mi era parsa una persona che considerava la letteratura qualcosa di sacro, ogni parola qualcosa di miracoloso. All’epoca parlavamo in inglese; sapevo dire quattro cose in italiano e ero in grado di apprezzare solo superficialmente il suo lavoro di traduzione. Lei e Marco erano ospiti premurosi—mi accompagnavano a ogni intervista e presentazione. Parlavamo di viaggi, dell’India. Ogni tanto, se stentavo a dire qualcosa in italiano, Claudia, che forse intuiva il mio desiderio timido di parlare meglio la lingua, mi ascoltava con pazienza, correggendomi con discrezione. Mi aveva fatto vedere con fierezza la prima edizione italiana del libro, color salmone, con un’illustrazione in copertina che trasmetteva la malinconia giusta.

Cinque anni dopo, Claudia e Marco mi hanno invitata a Roma per il Festival di Massenzio. Ero incinta di mia figlia e avevo viaggiato con mio padre e mio figlio piccolo. Anche a Roma, la stessa accoglienza, la stessa generosità. Ho delle foto di tutti noi a Tivoli e a Ostia. Passi qualche giorno così con Claudia e Marco e stabilisci un legame per sempre. In partenza da Roma, ai controlli di sicurezza, avevo lasciato nella vaschetta, per distrazione, un braccialetto d’oro che porto sempre—me ne sono accorta solo all’imbarco. È stato spedito da Fiumicino a Milano, consegnato alla casa di Claudia e Marco. Qualche mese dopo sono venuti a New York a trovarmi. Claudia è entrata a casa mia con un marsupio in vita. Lì, il gioiello. Un gesto che rappresentava l’attenzione di Claudia ai dettagli, e il suo senso di responsabilità. Un gesto che non ho mai dimenticato.

Anche quando ho cambiato casa editrice in Italia Claudia è rimasta un’amica cara e una mia lettrice importante. Mi dava sempre un giudizio onesto e articolato, con osservazioni approfondite. Commentando un mio titolo in italiano mi ha ringraziato “per aver dato sfarzo zingaresco alle parole lasciandole, leggermente, spaesare.” Con gli anni la cercavo a Milano e lei veniva a Roma a trovarmi. La salutavo all’EUR, alla fiera Più libri più liberi, lei felicemente alle prese con i nuovi titoli da promuovere. Mi ha raccontato la sua gioia di essere diventata nonna e di aver trovato un suo rifugio in Grecia, in fondo al Dodecaneso. L’ultima volta che ci eravamo viste, a Trastevere, abbiamo parlato soprattutto di traduzione. Ero diventata ormai traduttrice anch’io—una passione che lego a Claudia e al suo esempio. Con Claudia, sempre di più, entravo in un’atmosfera diversa, una specie di locus amoenus dove il pensiero rallentava, dove l’anima si rinfrescava. Dopo l’incontro mi ha mandato un pacco di libri sulla traduzione pubblicati da Marcos y Marcos che uso nei corsi di traduzione quando insegno negli Stati Uniti. Fra i libri c’era un bigliettino affettuoso nella sua calligrafia inconfondibile.

Essere tradotto vuol dire entrare in un rapporto intimo con la persona che ti riscrive in un’altra lingua. Vuol dire partecipare in uno scambio tacito, in una forma di dialogo anacronistico. A un certo punto, dietro le quinte, autrice e traduttrice si confondono. L’autrice, per quanto ne sia grata, non capirà mai la fatica e la dedizione di chi trasforma parola per parola una sua opera. Ho avuto la fortuna di essere tradotta e scoperta in Italia da Claudia Tarolo. In suo modo sempre discreto mi ha cambiato la vita. Grazie a lei ho scoperto per la prima volta l’impegno innovativo dell’editoria e il grande ruolo della traduzione letteraria in Italia. Claudia è stata una donna visionaria, modesta, rigorosa, curiosa, sospesa fra lingue e confini di ogni tipo. Mi accompagnerà.  (Jhumpa Lahiri)

l

«Leggi» disse.
E io obbedii. E lessi una pagina, un’altra, un’altra ancora.

Il breve passo di Ricardo Menéndez Salmon è tratto dal suo romanzo Gridare, tradotto da Claudia Tarolo per Marcos y Marcos (2007), e riassume molta parte dell’attività intellettuale e umana di Claudia. Leggere, prima di tutto: impossibile immaginare quante siano state le pagine lette da Claudia, prima di tutto per la sua sconfinata passione di lettrice, poi per il suo altrettanto sconfinato ardore editoriale. Pagine lette, a volte per scegliere di pubblicarle, più spesso per dare conto al loro autore di un rifiuto, e in qualche caso eccezionale per tradurle. La voce che ha dato l’ordine (Leggi) è risuonata in epoca antica, durante l’adolescenza e gli anni liceali; e non ha smesso di farsi sentire nel periodo successivo, quando Claudia, dopo gli studi in legge, ha esercitato la professione legale, lavorando per una multinazionale americana, eppure vegliando affinché la brace della lettura e della traduzione rimanesse accesa, anche in condizioni non esattamente favorevoli.

Poi, venticinque anni fa, la grande svolta esistenziale: Claudia decide di diventare socia della Marcos y Marcos, che dirigerà insieme a Marco Zapparoli fino a oggi, fino alla sua repentina scomparsa. Difficile parlare compiutamente dell’enorme lavoro svolto, quasi in segreto, lungo questo quarto di secolo; lettura, di nuovo, traduzione, di nuovo, ma anche tutta l’attività editoriale, dall’organizzazione all’editing, dalle questioni legali ai rapporti con gli autori e con i critici. Circolano in rete un certo numero di belle interviste a Claudia Tarolo; e le due parole più frequentemente utilizzate da Claudia in questi dialoghi pubblici sono appunto passione e entusiasmo. Chi l’ha conosciuta e frequentata, da amico, da collaboratore, o anche soltanto da autore transitato nel suo ufficio, sa bene quanto fossero incandescenti questa passione e questo entusiasmo, e come riuscissero a combinarsi con la lucidità, la fermezza e insieme la dolcezza del suo modo di essere.

Quando Claudia è arrivata alla Marcos, iniziando il suo ininterrotto sodalizio con Marco Zapparoli, la casa editrice non era già più la piccolissima impresa iniziata vent’anni prima, e si stava avviando a diventare una realtà consolidata nel panorama editoriale italiano. Ma l’apporto di Claudia è stato fondamentale, proprio nel costruire un progetto serio, duraturo; nel difendere l’indipendenza di questo editore, che ha scelto la libertà e accettato di pagare il prezzo di una simile scelta; nel continuare sulla linea tracciata, potenziando come si direbbe oggi la sostenibilità, cioè pubblicando solo i libri in cui si credeva davvero e si era pronti ad accompagnare e a sostenere concretamente; e continuando non solo ad accettare, ma anzi a potenziare l’attenzione per le zone della letteratura più minacciate del nostro presente: prima fra tutte la poesia, di cui oggi la Marcos y Marcos è tra i principali e più apprezzati editori. I libri, tutti i libri, passavano dal suo tavolo di lavoro, come i loro autori transitavano dal suo ufficio; e sempre colpiva l’attenzione, la precisione, l’intelligenza con cui Claudia riusciva non solo a leggere e quando necessario a suggerire modifiche, ma anche, e soprattutto, a riconoscere la voce di chi le stava di fronte, talvolta rivelando un autore a sé stesso.

Per spiegare meglio quest’ultima cosa, devo raccontare un fatto recente, che riguarda me. Prima dell’estate, avevo spedito a Claudia, come mi era già capitato di fare in passato, le cose che stavo scrivendo, solo per darle un segno, aggiungendo che si trattava di un lavoro in corso, che avrebbe richiesto ancora qualche anno. Un mese dopo ci siamo visti; e Claudia mi ha tenuto per due o tre ore nel suo studio, girando ad una ad una le pagine e commentandole, per spiegarmi che mi sbagliavo, che il libro era già pronto e non dovevo aggiungere altro, altrimenti l’avrei rovinato. La mia prima reazione è stata di sorpresa, quasi di turbamento; ho chiesto un po’ di tempo. Ma alla fine ho capito che Claudia aveva ragione, che aveva visto meglio di me quello che stavo cercando di fare, e che davvero il libro era terminato. Mai mi era capitata una cosa del genere: un editore che vuole pubblicarti prima ancora che tu glielo abbia chiesto, perché ha letto davvero, con fiducia e complicità, perché ha capito quello che tu non potevi ancora capire. Sono sicuro che esperienze del genere siano capitate a molti autori della Marcos y Marcos, e anche questo è una parte del debito che tutti abbiamo contratto con Claudia Tarolo. Debito di intelligenza, debito d’amicizia.

L’incontro a cui ho accennato poco fa non è però avvenuto nell’ufficio della Marcos, dove tante volte sono stato; ma in una valle del Cantone Ticino, un territorio in cui vivevano parecchi amici di Claudia: l’artista Luca Mengoni, lo scrittore Tommaso Soldini, e chi ora scrive con dolore questo troppo breve ricordo. Lì Claudia aveva affittato una casa, con l’idea di venirci spesso nel prossimo futuro, per lavorare in un ambiente che le piaceva profondamente, per camminare e pensare. Era forse anche questo un effetto positivo della malattia che affrontava da anni, e che le aveva dato una carica umana e progettuale persino più intensa del solito; Claudia amava quei luoghi, la Valle di Muggio, il paese di Cabbio, e il monte Generoso che si staglia più in alto e di cui si avverte la presenza anche quando è avvolto da nuvole o da tenebre. Luoghi, mi diceva, dove andava da bambina con suo padre, e dove era felice di tornare ora. La piccola popolazione del villaggio l’aveva subito presa in simpatia, offrendole vecchi mobili per arredare la casa, amicizia e conforto; e lei mi mostrava il locale che aveva eletto a luogo di lavoro, la finestra da cui si vedeva il bosco, il piccolo balconcino. Lì contava di trascorrere giorni lieti, sereni, di lettura e di traduzione; e lì voglio continuare a immaginarla, anche adesso che non c’è più. Con le parole che Vittorio Sereni dedicava all’amico Niccolò Gallo, figura leggendaria dell’editoria italiana, «Resta dunque con me, qui ti piace, / e ascoltami, come sai». (Fabio Pusterla)

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO
TAGGED: Claudia Tarolo

Bollo blu Dona (Mobile)