Estetica e politica

21 Novembre 2013

Cosa implica la caduta dei prezzi delle tecnologie - o dei beni comuni - nella vita quotidiana di un individuo in occidente o nel Sud Globale? Qual è l'effetto di tali variazioni sulla catena produttiva? Quanti tagli ai posti di lavoro significa lo spostamento di "fondi in economie emergenti" che il consulente finanziario della nostra banca ci consiglia di operare?

 

Si è appena conclusa a Graz l'edizione 2013 del festival Steirischer Herbst, che ha proposto sotto il titolo Alliances, misalliances and false friends: Liason Dangereuses un programma di arti visive, teatro sperimentale e musica. Le "relazioni pericolose" alle quali il concept fa riferimento, sono quei compromessi che sia i sistemi sociali che gli individui instaurano con entità la cui etica è dubbia, per mantenere ordine e status quo. Il patto col diavolo che ogni società capitalista, più o meno democratica, fa con i meccanismi della finanza globale.

 

Fondato nel 1968 come piattaforma di ricerca e produzione, è un'istituzione storica della città. Nato come evoluzione del Forum Stadtpark (i circoli di artisti che sperimentavano con suono, letteratura, spazio e architettura nel parco della città e che, negli anni Sessanta, di fronte al rischio di vedersi chiudere le sedi furono spinti a costituirsi in corpo associativo giuridico), Steirischer Herbst "Festival of new art" è oggi un'istituzione la cui anima polimediale sottolinea l'identità culturale sperimentale della cultura cittadina. Non è un caso che Graz, la seconda - e storicamente ricchissima - città dell'Austria, non abbia un'Accademia d'Arte ma un Politecnico, e conservi tuttora una scena non istituzionale rivolta ai linguaggi di confine molto attiva. Come ogni anno, il programma ha mescolato i linguaggi, muovendosi tra teatro, performance, musica sperimentale ed arti visive, e mantenendo una forte relazione con le tensioni culturali e sociali della contemporaneità.

 

 

La sezione dedicata alle arti visive apre durante ogni edizione insieme ad una serie di mostre presentate in partnership con le istituzioni museali della città (Grazer Kunstverein, GrazMuseum e Camera Austria per citare gli spazi più influenti). Curata quest'anno da Luigi Fassi e Katerina Gregos con il titolo Liquid Assets, la mostra è stata nello stesso tempo una proposta tematica e un momento di raccordo tra tutte le attività del festival, in virtù della sede usata come spazio espositivo e quartier generale: un ex magazzino di stoccaggio chiamato Ex-Zollamt, ospitato in un quartiere abitato a larga maggioranza da famiglie di migranti. Ricerca sullo stato del capitalismo avanzato nel mondo occidentale e sul suo funzionamento, Liquid Assets ha anche occupato fisicamente uno spazio legato all'immaginario del Capitalismo classico, metaforicamente trasformato: un edificio industriale riconvertito alla cultura e destinato alla demolizione, in un quartiere dove gli effetti del colonialismo e del liberismo globale sono evidenti.

 

Zollamt

 

Lontana dall'essere la rappresentazione delle disfunzioni causate dall'iniquità, dal neocolonialismo, dalle scelte conservatrici dei regimi neo liberisti, la mostra non è stata tuttavia pensata come atto di militanza estetica a fianco della contestazione ai modelli esistenti. Invece di farsi voce dei fiumi umani di contestazione che hanno scosso buona parte del pianeta negli ultimi anni (dalle rivolte nello Zimbabwe per la crescita del prezzo del grano al movimento Occupy e le primavere Arabe), ci ha messo piuttosto di fronte (e dentro) all'ingranaggio che sottende la crisi.

 

Un percorso di senso, per intenderci, e non una raccolta di video di Indymedia sulle manifestazioni globali, installato in un androne di un museo insieme a un camp di no-global (ed ogni riferimento alla mal riuscita Biennale di Berlino del 2012 non è casuale né immaginario). Liquid Assets esplora il funzionamento del malessere economico del nostro pianeta, forzando lo spettatore a fare un esercizio ermeneutico sul linguaggio della crisi. I termini neutri dell'economia e della finanza tradotti in sentire e vissuto.

 

Lain Bornain, Top 50

 

Passo dopo passo, ci si trova a percepire gli effetti delle disfunzioni di un opaco sistema basato su formule matematiche astratte, le cui regole sono difficilmente individuabili nella vita quotidiana; i meccanismi di funzionamento apparentemente incomprensibili del capitalismo bancario; il processo di finanzializzazione dell'economia; la natura del denaro e dell'accumulazione del capitale (e come questi vengano percepiti e come il loro status sia cambiato); la loro trasformazione; l'evoluzione digitale ed il suo impatto sulla finanza; le connessioni tra tecnologie del controllo, finanza e industrie belliche; il ruolo dei media; la privatizzazione e i suoi effetti sulle politiche sociali e del lavoro (in Europa in primis); il senso del concetto di etica e responsabilità in un sistema che ha autorizzato banche e istituzioni finanziarie a consolidare una plutocrazia nella quale una minoranza sociale estremamente ricca si trova ad avere accesso alla maggioranza delle risorse economiche, controllare le politiche globali e riscrivere le regole della Democrazia. Analisi da manuali di sociologia ed economia trasformati in gesti, in vissuto individuale, in paesaggi urbani e naturali, in storie umane e sociali, in reazioni istintive.

 

I lavori sono strettamente interconnessi l'uno con l'altro, in un dialogo non lineare. Una lunga narrazione affidata ad audiovisivi e installazioni che interrogano più che denunciare. Uno degli elementi sui cui sia Fassi sia la Gregos hanno insistito nella loro presentazione è infatti la prospettiva poetica e non attivista dell'operazione curatoriale. La mediazione estetica è il nodo centrale di ogni opera selezionata, per quanto discorsiva e critica. "Come deve comportarsi l'arte?", “Che relazioni ci sono tra poetica e politica?”, sono le domande che mi sono fatta alla fine del percorso (e l'opzione “arte utile” proposta da Tania Bruguera non può che venire in mente).

 

Núria Güell

 

Núria Güell porta lo spettatore nel cuore di una lecture tenuta nel parcheggio di una università di Barcellona, dove un attivista, un filosofo e un economista spiegano come le banche abbiano messo a punto un sistema infallibile per espropriare i risparmiatori dei loro guadagni depositati in caso di crisi. Le lectures, presentate in un video, sono accompagnate da un manuale, How to expropriate money from the banks, e da un diagramma funzionante in cui si spiega ai cittadini come rendere reversibile il sistema. Un manuale di resistenza che vede nella riappropriazione dei sistemi legali della finanza una risposta alla crisi più convincente degli scontri in piazza tra manifestanti e polizia.

 

Nel suo teatrino di marionette di pezza, The Jungle Book, Jan Peter Hammer descrive invece, con il linguaggio ludico della narrazione per bambini, il funzionamento del sistema finanziario e le sue conseguenze: iniquità sociale ed oppressione. Lo spettatore, divertito di fronte a una specie di Muppet Show, si ritrova ad assistere all'illustrazione “per dummies” delle teorie liberiste sulla "privatizzazione della valuta" come possibile passo verso la crescita produttiva. Sostenuto storicamente dalla destra liberale austriaca, questo modello economico è stato recentemente riproposto da alcuni think tank europei che mirano alla dissoluzione dello stato sociale come via di crescita.

 

 

Spiegato dalla voce di un nonno dalle sembianze di un pupazzo baffuto, il video è una delle cose più divertenti della mostra. Come anche è estremamente divertente il video del duo Woloo We need you now, in cui le celebrities del sistema dell'arte cantano come Michael Jackson & co nel video We are the world, chiedendo al Vaticano di sanare il debito Europeo con le sue scorte monetarie.

 

Goldin+Senneby propongono invece una mise en scène sotto forma di lecture. Un sedicente economista di un'influente università di economia anglofona (di evidente origine sud est asiatica ed occhialetti tondi da studioso) spiega a un gruppo di spettatori il funzionamento della finanza, con il supporto di una maquette che viene trasformata dal vivo da due performers e proiettata alle sue spalle. The discreet charm gioca con Buñuel e con il suo Il fascino discreto della borghesia, evidenziando l'assurdità degli assunti di base dell'economia capitalista, sottolineando l'inquietante manipolazione sociale che il suo linguaggio ha generato, ben prima che si iniziasse a parlare di crisi.

 

Il nuovo video di Oliver Ressler ci trasporta invece a Tbilisi, capitale della Georgia ed indicata dalla Banca Mondiale come una delle migliori piazze globali sulle quali investire. The plundering ci parla di una città martirizzata dall'ingresso del capitale internazionale attraverso le voci dei suoi abitanti. Dal collasso dell'Unione Sovietica e la successiva vittoria di un partito "democratico" dichiaratamente vicino all'occidente, Tbilisi ha vissuto un’imponente trasformazione fisica e conseguente trasfigurazione della vita quotidiana (dalla chiusura di edifici pubblici al tentativo di distruggere la parte storica), guidata da multinazionali spesso riconducibili a precise aree politiche del governo.

 

Alexandros Georgiou

 

La toccante installazione di Alexandros Georgiou ci porta invece nelle strade di un'altra città trasfigurata, l'Atene degli anni della crisi. Immagini scattate in una serie di flâneries e poi stampate, fotocopiate e postprodotte con disegni e pittura, ci parlano di una società che ha bisogno di trovare la bellezza. La crisi non è spiegata, ma si palesa in ogni immagine attraverso il suo antidoto: lo sforzo quotidiano degli esseri umani di trovare delle ragioni per vivere, in quei rari momenti di bellezza che si manifestano come apparizioni in un contesto urbano agonizzante, intristito, arrabbiato, sporcato, abbattuto, stuprato. Tutte le parole indecifrabili della finanza sono reificate, ad Atene, in momenti improvvisi del vissuto quotidiano di ogni individuo. La via di uscita passa attraverso le emozioni.

 

Beckett Voodoo

 

Oppure, come suggerisce James Beckett, la via di uscita è l'azione. In Voodoo justice for people of finance, siamo messi di fronte a una serie di ritratti a inchiostro e acquarello in bianco e nero degli attori della finanza globale: CEO di Banche ed istituzioni come la Banca Mondiale, lobbysts e politici. La loro breve biografia è accompagnata da una pietra che, secondo l'artista sarebbe stata rinvenuta nel luogo della loro nascita. Così come per la lista dei cinquanta milionari più ricchi del mondo di Alain Bornain, accompagnata dalle loro dichiarazioni annue a nove zeri, siamo costretti a pensare di dover agire con la rivolta, individuando gli artefici dell'iniquità, quando ce li troviamo davanti, nella loro ieratica superbia ritratta in acquarello o nelle cifre a nove zeri dei loro introiti annuali.

 

La mostra è insomma uno strumento di indagine e non uno statement, come dimostra anche In the Aftermath of the Transformation of Capital, un libro più che un catalogo, pensato per decifrare gli indizi messi in gioco dalle opere più che per fornire indicazioni sugli artisti. Lo dimostra il glossario finale, Words in crisis del filosofo ed economista Christian Marrazzi, che decostruisce e rende leggibile l'oscuro linguaggio dell'economia, proponendosi come strumento chiave di interpretazione del presente, più che trasposizione editoriale di una serie di opere.

 

Un détournement della convenzione secondo cui il catalogo di un festival debba incarnare il feticcio di una mostra. Il libro è insomma parte integrante dello statement. Il suo focus è spostato dall'arte al mondo, scardinando sia il metalinguaggio dell'arte che parla a se stessa, sia un linguaggio artistico oramai consolidato dagli anni Novanta, nel quale la “politicità” dell'opera viene percepita quando il fattore detonante è la rappresentazione del conflitto o del dolore.

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